Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Nude «Bestie di scena», grado zero dell’umanità
Al Bellini successo per lo spettacolo di Emma Dante
C’è una differenza concettuale, che si fa poi percettiva, fra le nudità di «Bestie di scena» di Emma Dante, al Bellini fino a domenica, e l’uso reiterato del corpo spogliato che dalle perfomance prossemiche di Marina Abramovich e Ulay degli anni ‘70 è giunto infine a quelle sacrificali di Hermann Nitsch.
Una diversità, che risiede innanzitutto nel diverso statuto relazionale che arte e teatro (ma anche danza, basti l’esempio di alcune coreografie di Marie Chouinard o della napoletana Luna Cenere) indicano al pubblico. Nel primo caso trasformando l’opera da puramente contemplativa in mentalmente interattiva, nel secondo mantenendo comunque vivo il fine della narrazione, per quanto ellittico o destrutturato. Come peraltro confermano gli illuminanti precedenti «provocatori» del Living Theatre o più drammaturgici e spaziali del più recente Antonio Latella, da «Querelle» alla trilogia pasoliniana. Ma, se possibile, Emma Dante va oltre. Perché con i suoi tredici attori, corpi grassi e magri, tonici e cadenti, giovani e meno, tutti terribilmente reali, rinuncia radicalmente a ogni tentazione seduttiva ed estetizzante. Proponendo piuttosto una vivacità fisica, nevrotica e penitente, che non smarrisce il senso della vergogna biblica, ma lo sublima nella radice animale del titolo, per cui uomini come scimmie saltano e urlano, si abbuffano di arachidi, buttano i gusci sulla platea, ma soprattutto si azzuffano afferrandosi i genitali o scambiandosi ruvidi improperi in napoletano e siciliano. Insomma un grado zero dell’umanità, che conduce diritti all’ansia infelice del tempo attuale, pur letta con ironia e un uso sapiente della teatralità, un disperato circo di veli, sbuffi d’acqua, tiri di catene, lancio di scarpe e pioggia di scope colorate.