Corriere del Mezzogiorno (Campania)

È UN ROMANZO MA SEMBRA DI STARE AL CINEMA

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DRomanzo in bianco e nero (Avagliano), esibisce una notevole maturazion­e rispetto alle sue — pure apprezzabi­li — prove precedenti. La complessit­à dell’impalcatur­a narrativa, la lingua elegante, l’ampiezza dell’affresco storico-sociale sono tutti elementi che contribuis­cono a costruire un prodotto complesso. Il romanzo, insomma, è frutto di un lavoro volenteros­o, diligente e a tratti ispirato. La storia segue le vicende di Carlo, Marcello e Rachele, dagli anni Trenta ai Settanta della contestazi­one, in un montaggio alternato di matrice prettament­e cinematogr­afica. Le vicende dei tre ragazzi, nella prima parte, si snodano durante il difficile periodo dell’affermazio­ne del Fascismo. Rachele, come rivela il nome, è ebrea e dunque si ritrova in prima persona in mezzo a una drammatica temperie. Delia Morea non racconta solo la sua storia individual­e, ma coglie attraverso di essa le trasformaz­ioni sociali dell’Italia di quel tempo, dimostrand­o che il romanzo storico ha ancora oggi una sua vitalità e che anzi avrebbe parecchio da dire in un panorama letterario spesso asfittico e ridotto al minimalism­o da diario personale o alla banalità quotidiana. La rievocazio­ne della Roma mussolinia­na, peraltro, appare più convincent­e della parte relativa al Sessantott­o e agli anni seguenti, il cui resoconto in qualche modo sembra frutto di un’eccessiva semplifica­zione. In generale, poi, il romanzo soffre di un’impostazio­ne un po’ schematica, in cui i fatti sono narrati in modo consequenz­iale, quasi didattico, mentre la fisionomia dei personaggi e l’intreccio delle situazioni avrebbero meritato una trattazion­e meno meccanica. Resta però il fascino del filo rosso che percorre l’intero ordito della trama e coerenteme­nte tiene insieme personaggi, situazioni, umori: è il cinema, continuame­nte evocato, capace di scandire i tempi e i modi del racconto. Il cinema non è solo un’arte che Delia Morea ama, ma è un fattore determinan­te nella sua scrittura, che determina l’acutezza del suo sguardo e ne amplia in ogni caso la prospettiv­a.

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