Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’arte incendiaria di Cai Guo-Qiang «Un tocco di ferocia per i miei fuochi»
L’arte incendiaria di Cai Guo-Qiang
«Per questo progetto ho usato un tocco di ferocia, necessaria oggi che tutti gli artisti si sforzano di ripulire le proprie opere»
Ha portato con sé trentacinque assistenti che in queste ore si affannano a seguire le sue disposizioni, sotto il suo sguardo visionario e instancabile. All’inaugurazione del suo lavoro ci saranno più di centocinquanta appassionati e collezionisti da tutta Europa e finanche dalla sua Cina.
Cai GuoQiang è energia pura, anzi, come dice Peppe Morra che lo sta accompagnando in questi giorni, «un’esplosione di energia». Il gallerista napoletano, che ha promosso il progetto, aggiunge: «Non sono mai stato così stanco in vita mia come in questi giorni trascorsi con lui». Del resto è esplosiva la stessa cifra dell’artista cinese che «dipinge» con i fuochi d’artificio: dopo quelli floreali su Firenze, Cai Guo-Qiang prosegue a Napoli il suo personale viaggio in Italia, con la performance prevista a Pompei giovedì mattina, quasi a ricreare le condizioni della catastrofe del 79 d.C. Il giorno dopo i «pezzi» della performance confluiranno in una mostra al Mann.
Qual è il fascino che le rovine pompeiane esercitano su Cai Guo-Qiang, classe 1957, cresciuto a Quanzhou e poi trasferitosi a New York? «Quando l’eruzione del Vesuvio seppellì le antiche civiltà greca e romana», spiega l’artista premiato alla Biennale di Venezia, «la natura creò un capolavoro il cui medium era la catastrofe, preservando eredità monumentali come in una capsula del tempospazio...». Del resto coltivare la cultura classica nella Cina degli anni Settanta poteva essere addirittura un atto di ribellione. In una società dove non era consentito occuparsi di arte contemporanea, il passato era un rifugio, un luogo di libertà, tanto che Cai Guo-Qiang si è formato, come lui stesso dichiara, studiando maestri come El Greco. Nato in una famiglia di artisti, da un padre pittore, usava come modelli per disegnare i busti della scultura greco-romana che poi ha ritrovato al Museo Archeologico. La prima idea di mostra per Napoli era proprio quella di quindici enormi sculture, ma il progetto si è arenato per difficoltà logistiche. E così Cai Guo-Qiang ha deciso di creare un’opera nella quale riecheggiasse la potenza del Vesuvio. «L’energia repressa del vulcano», osserva, «si accumula fino a quando non può essere più contenuta, portando a un’esplosione sfrenata. Un tale stato naturale può essere trovato anche nella natura umana e nella nostra condizione sociale... Per questo progetto, ho cercato di creare qualcosa che avesse un tocco di ferocia, in un periodo in cui le persone spesso si sforzano di essere eccessivamente civilizzate, lucidando con cura, “ripulendo” le loro opere e persino i concetti che tentano di spiegare il significato dei loro lavori. Così cerco di inscenare un’eruzione incontrollata, richiamando il vulcano e il giorno del giudizio di Pompei». Per rappresentare tutto questo, Cai Guo-Qiang creerà nell’Anfiteatro di Pompei con l’«Explosion Studio» effetti artistici con polvere da sparo e fumi colorati. Le opere così create, una sorta di macerie contemporanee, saranno «scavate» e trasferite al Mann negli spazi museali (dalla Collezione Farnese alla sezione affreschi, dall’atrio alla collezione dei mosaici), disseminati in una sorta di «caccia al tesoro avanti e indietro nel tempo», come spiega il curatore Jérôme Neutres.
Cai Guo-Qiang ormai qui si sente a casa, frequenta da un anno la città e anche la provincia. «Ci siamo spinti anche in Irpinia», racconta Morra, «per trovare materiali, pietre o altro. Siamo stati a Gesualdo e a Fontanarosa e lì Cai Guo-Qiang ci mostrò la sua idea di scultura modellando della mollica di pane. È un artista atipico, ha frequentato a lungo grandi maestri come Allan Kaprow o Shimamoto. Ma lui è più dinamico, veloce, direi proprio un vulcano».