Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Per niente Candida
Ciao, scrivo perché non so con chi altro aprirmi, sono in una situazione dove non ho amici e nemmeno la famiglia vicini. Convivo con il mio ragazzo, però non abbiamo soldi, arriviamo con fatica a fine mese e ogni minimo strappo alla regola ci pesa, quindi sto smettendo di aspettarmi anche le più piccole cose, regali, sorprese, iniziative eccetera perché so che non li riceverò e resterò delusa. Abbiamo anche debiti, che lui ha contratto a 20 anni e ha tralasciato e che pesano come una minaccia sulle nostre spalle. Lui ha più di 30 anni, io quasi 30, inizialmente mi piaceva sognare che magari a breve ci saremmo sposati, che avremmo viaggiato (almeno un po’) che avremmo avuto un bambino... Ora, invece, vedo solo rinunce e non credo che sarà possibile fare dei progetti di coppia. La realtà mi ha distrutto i sogni. Lui continua a stare rilassato, non si preoccupa più di tanto, io non capisco perché ragiona così del tipo «non ti preoccupare, ci penseremo domani, in qualche modo faremo». Ma in quale modo? Io ho lasciato il mio Paese e le mie sicurezze per stare con lui e ora non vedo il mio futuro qui. Lui non fa nulla per cambiare le cose... non si sforza nemmeno di essere romantico, non ci tiene più a essere desiderabile, non cura la sua igiene. La sera solo tv, non parliamo mai cuore a cuore, a meno che non sia io a insistere... Non ha mai chiesto scusa, perché secondo lui non sta sbagliando nulla. Ho bisogno di consigli.
Margherita
Cara Margherita, l’amore, quando si fa coppia, deve diventare un progetto comune. Il progetto è evolvere in due, attivando quel miracolo che fa moltiplicare le energie di ciascuno e che è la benzina di un percorso di felicità e di benessere che è emotivo, ma non solo. Senza un progetto di felicità in cui ci s’impegna entrambi, ogni giorno non c’è coppia, ci sono solo due persone che poco a poco perdono vitalità e restano brandelli d’amore che non sono benzina di niente. Se il suo compagno non si scuote, a breve, il suo amore svanirà. Resteranno la delusione, le recriminazioni, il rancore e una vita, la sua, da rimettere in piedi e lei non avrà più quasi trent’anni ma avrà un’età in cui il tempo di costruire una famiglia si è ristretto, lo slancio di farcela si è affievolito. Quando un progetto d’amore si arena, non bisognerebbe pensare a cosa si è lasciato. Se stiamo a rimpiangere le possibilità che avevamo, c’incaponiamo soltanto a cercare un riscatto, a inseguire il premio che avevamo desiderato, e non siamo più obiettivi nel valutare le possibilità di riuscire. La coppia è un progetto e il progetto richiede condivisione di obiettivi, d’intenti, di modo d’operare. Spesso, in questi tempi feroci, l’obiettivo è come un orizzonte che nessuna navigazione sembra poter raggiungere, allora, a bordo, il morale si fiacca, qualcuno smette di remare e che chieda scusa non serve a portare la barca in qualche porto. Capiamo sempre all’istante quando un amore comincia e mai davvero quando un amore finisce. Perciò bisognerebbe, almeno, imparare a distinguere il momento in cui viene meno il progetto. Senza quello, non c’è coppia. E se qualcosa dell’amore resta non vale la pena alimentarlo.
Buio interiore
Candida, un giorno è speciale, un giorno brillante, un giorno sordo, un altro muto, l’altro ancora silenzioso. E, il giorno dopo ancora, come ti senti? Spenta. Spenta come un interruttore acceso che fa corto circuito e non ti spieghi il perché. Tutto intorno è perfetto, non ti manca nulla. Ti ti ripeti sono felice, sono veramente una donna fortunata eppure, a un tratto, la luce si è spenta lo stesso. Ma ecco che la corrente ritorna ed è corrente elettrica come il tuo umore. È corrente alternata. Ogni volta devi ricominciare. Mi ripeto che passerà. E mi sento fragile, come di cristallo e piangi, piango, come fossimo due entità separate in un corpo solo. Una che vuole morire e un’altra che vuole vivere. E l’unica reazione possibile, la più immediata, la più liberatoria è: piangere. Senza saperne apparentemente il motivo. Senza poterti fermare. Siamo anime fragili, troppo fragili, che non vanno lasciate sole, che non vogliono impietosire nessuno. Che hanno una dignità. Che spesso tra la gente devono indossare la maschera del sorriso. E a volte non ce la fanno. Crollano. Siamo appunto come di cristallo e non andiamo lasciati soli, ma accompagnati da lontano in silenzio e con un abbraccio caldo e profondo. I bambini abusati nel loro silenzio si ritrovano, si riposano in un giorno di sole, chiudendosi nella loro stanza e ricreando il buio. Paradossale. Ricreano la loro condizione di buio interiore intorno a sé. È dal silenzio che nascono, è con il buio che imparano a convivere sin da subito. Ed è dalla luce che si nascondono, per poi alla luce ritornare dopo un brutto incubo. Nel profondo del mare, senza aria, senza più ossigeno, per istinto di sopravvivenza, fai di tutto per poter risalire, per tornare a respirare a pieni polmoni e finalmente ritorni alla vita. Non più forte di prima. Non più debole, ma più consapevole. Tu e la tua ombra non siete scindibili. Lei, che tu lo voglia o no, ti accompagnerà per sempre e dovrai imparare ad accettarlo. La mia domanda è: quando tutto questo finirà?
Francesca
Cara Francesca, ho dovuto tagliare la sua lettera struggente, per motivi di spazio, ma la sua angoscia risuona anche con meno parole, perché parla alla parte fragile di tanti di noi. Lei non è sola quando nel buio lotta coi mostri e so che saperlo non le sarà di consolazione. Ma non è vero che ha ancora bisogno «di quell’abbraccio caldo e profondo» che pretende che «la accompagni da lontano». Forse, un abbraccio mai avuto e ancora cercato, forse, un abbraccio velenoso, dato che mi parla di bambini abusati. Abbiamo sempre solo bisogno dell’abbraccio che siamo capaci di ottenere qui e adesso. E non saremo mai capaci di costruire il momento perfetto in cui l’abbraccio arriva e ci appaga finché ci raccontiamo che noi e la nostra ombra non siamo scindibili. Dovremmo farci aiutare non da un amico, ma da qualcuno che ne abbia gli strumenti, per comprendere i traumi che abbiamo avuto e che ancora ci agiscono. Quel desiderio di morte che ci afferra non ci appartiene, perché ognuno nasce votato alla vita. Lei mi chiede quando tutto questo finirà. Finirà quando, facendosi aiutare, comprenderà le origini di quel male e che di quel male non ha colpa, e quando, dopo averlo capito, deciderà che non vuole più considerare la sua ombra una parte inscindibile di sé.