Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ville di lusso a Posillipo con scarichi abusivi in mare
Decine di indagini su abitazioni che inquinano. I sospetti dopo il caso di Riva Fiorita
Il giorno dopo che il mare posillipino è diventato verde fluorescente a causa di un composto — la fluoresceina, appunto — , il co- mandante del vigili urbani Ciro Esposito fa il punto sulle indagini. Il caso ri- propone un tema, quello delle ville e delle abitazioni che inquinano perché non recapitano in fogna le acque reflue. Caccia agli abusivi.
NAPOLI «Stiamo effettuando indagini, con l’ausilio del personale del ciclo integrato delle acque, per capire chi abbia versato la fluorescina che ha colorato il mare di Riva Fiorita e perché lo abbia fatto. Ci preme individuarlo, anche perché evidentemente quel signore non ha un allaccio alla fogna. Per questo il tracciante che ha gettato nel water è finito nell’asta pluviale». Il giorno dopo che il mare posillipino è diventato verde fluorescente a causa di un composto — la fluoresceina, appunto — peraltro innocuo per l’ecosistema e biodegradabile, il comandante del vigili urbani Ciro Esposito fa il punto sulle indagini per risalire al responsabile, mentre si attendono i risultati dei campionamenti effettuati dall’ Arpac.
Chiariranno se venerdì, oltre al tracciante, sia arrivata a mare qualche altra sostanza, come ha ipotizzato l’assessore comunale Villani.
Scarichi non depurati
Il caso ripropone un tema, quello delle ville e delle abitazioni che inquinano perché non recapitano in fogna le acque reflue. Accade a Posillipo ed in altri punti della costa partenopea. I liquami finiscono a volte a mare senza passare per alcun trattamento di depurazione e lo insozzano, contribuendo tra l’altro a fenomeni di eutrofizzazione e fioritura di alghe. Una rapida scorsa alle cronache degli ultimi anni rende bene la portata del fenomeno. Ad ottobre 2017, ecco uno dei casi più eclatanti: gli uomini del nucleo di polizia ambientale dei vigili urbani, proprio grazie alla fluorescina e all’aiuto dei fognatori di Palazzo San Giacomo, scoprirono che alcuni edifici tra via Manzoni e via Petrarca 129 scaricavano i reflui in una condotta che poi arrivava fino alla Baia dei Due Frati, lungo la costa posillipina. I caschi bianchi si mossero dopo le segnalazioni di odori molesti da parte di alcuni residenti della zona. Sempre a Posillipo, ma nel 2013, fu sequestrata una struttura ricettiva la quale, secondo quanto accertato dagli inquirenti, immetteva le acque di scarico in un canale naturale che sfociava a mare. Un anno prima, era il 2012, i vigili si accorsero che a Riva Fiorita le onde si coloravano di marrone ed emanavano odore di fogna. Dopo alcune indagini appurarono che i recapiti dei servizi igienici di un condominio in via Ferdinando Russo arrivavano a mare senza alcun trattamento. I pozzetti privati di raccolta delle acque nere, infatti, erano regolarmente svuotati nella pluviale. «Tra gli episodi più recenti — racconta Enrico Del Gaudio, che comanda il reparto ambientale della polizia municipale — uno simile ai precedenti ha riguardato un altro condominio in via Petrarca. Anche in questo caso le acque nere finivano a mare tramite un canale destinato in realtà alla pioggia».
La conceria
Non sono solo gli scarichi non depurati dei gabinetti, peraltro, che creano problemi alla salute del mare partenopeo. «Se vogliamo anzi — riflette Del Gaudio — i liquami sono molto meno pericolosi dei reflui industriali che pure a volte non sono trattati correttamente». Cita un episodio emblematico che risale a qualche anno fa e che si è verificato a San Giovanni a Teduccio. «Scoprimmo — racconta — che una conceria, tramite un tubo, buttava a mare acidi e solventi. Sostanze che, a differenza dei reflui domestici, l’ecosistema non riesce assolutamente a smaltire. Si accumulano e restano lì per decenni». Un caso limite? Purtroppo no. «Non sono infrequenti — prosegue il responsabile del nucleo ambientale dei vigili urbani — episodi di portata minore ma che, sommati, arrecano danni molto seri. Penso alla carrozzeria, all’autolavaggio, al rimessaggio, alla lavanderia — l’elenco potrebbe continuare a lungo — che gettano nel tombino più vicino i prodotti che utilizzano: detergenti, solventi, acidi, vernici. Mi riferisco anche — e qui il discorso coinvolge ciascuno di noi, a chi butta nel water ciò che dovrebbe essere smaltito diversamente: gli oli di frittura ed i residui dei prodotti per pulire la casa, per esempio». Sostanze che, anche se gli igienici scaricano in fogna e quindi arrivano al depuratore, provocano danni notevoli al mare. Gli impianti, infatti, sono realizzati per trattare le feci e l’urina, non altri tipi di materiali.
La discarica
Come se non bastasse, poi, ci sono pure i rifiuti solidi, quelli che dovrebbero essere riciclati o portati agli impianti di smaltimento, che minacciano il nostro mare. «Proprio a Posillipo — ricorda ancora Del Gaudio — abbiamo sequestrato alcune cave di tufo lungo la costa che erano di proprietà privata. Siamo intervenuti perché ci era stato segnalato che erano stracolme di rifiuti di varia natura. Sarebbero finiti in acqua alla prima forte mareggiata».
Liquami Altro discorso riguarda i reflui industriali, fatti di acidi e solventi