Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Le maestre di Giuseppe lo chiamavano scimmia E a scuola sono arrivati gli ispettori ministeriali
Esaminati i registri. Dalle intercettazioni frasi choc
NAPOLI Ora il ministero dell’Istruzione ha tutti gli strumenti per valutare il comportamento di Rosa Esca, la preside dell’istituto comprensivo «Quasimodo» di Crispano frequentata da Giuseppe Dorice. Pochi giorni prima che il bambino fosse massacrato di botte dal patrigno, Tony Essobti Badre, infatti, alcune maestre della sorellina più grande le consegnarono una nota scritta nella quale segnalavano i lividi sul corpo della bambina. La nota, purtroppo, restò lettera morta. Gli ispettori ministeriali nelle scorse ore sono stati a scuola e hanno compiuto la loro istruttoria, parlando con preside e maestre, esaminando i registri di classe e tutti gli altri documenti da cui si possono ricavare elementi utili. La posizione della preside è anche al vaglio della Procura di Napoli Nord, che la scorsa settimana ha ottenuto dal gip Antonella Terzi l’arresto della madre dei bimbi, Valentina Casa.
Dalle intercettazioni contenute nell’ordinanza, già ampiamente pubblicate il giorno dopo l’arresto, emerge come a scuola la condizione di sofferenza dei bambini fosse ben nota alle maestre. Ma, mentre quelle della femminuccia decisero di segnalare il problema per iscritto alla preside, quelle di Giuseppe non lo fecero, almeno per iscritto. Non solo: una di loro, la maestra Emanuela Coscione, conversando al telefono con il fratello Mario, ammette di avere chiamato il bambino «scimmietella» perché aveva l’abitudine di buttarsi a terra.
Emanuela: «Lo vatteva, Mario. Lo vatteva a sangue».
Mario: «Sempre? Era sempre...».
Emanuela: «Sì». Mario: «Mannaggia. Quindi non era la prima volta questo?».
Dirigente Il ruolo della preside è anche al vaglio della Procura di Napoli Nord
Emanuela: «Io glielo avevo anche segnalato alla preside perché veniva tumefatto a scuola». Mario: «Veniva con le?»
Emanuela: «Tumefatto». Mario: «Ah! Tumefatto addirittura».
Emanuela: «Sì, però non parlava il bambino, hai capito?».
Mario: «Eh, poveretto, mamma mia».
Emanuela: «Eh, non parlava. Madonna mia!». Mario: «Che sofferenza».
Emanuela: «Io gli dicevo: ueh, scimmietella, vuoi finire
di buttarti a terra? E lui: no, no, scimmia no».
Mario: «Perché, che faceva, si buttava a terra?».
Emanuela: «Lunedì scorso infilò tutto il braccio dietro al termosifone e non ce lo riuscivo a cacciare».
Mario: «Poveretto, mannaggia».
Emanuela: «Una morte annunciata, però».
In un’altra telefonata, questa volta con la madre, la maestra emanuela, secondo il gip, ribadisce la scelta dell’omertà concordata con i colleghi.
Emanuela: «Mamma niente, niente, non so niente. Niente, niente, io purtroppo non so niente. Purtroppo sto a scuola, non è che sto nelle case di queste creature. Non so niente, non ho visto niente. Ci manderanno a chiamare: io non so niente e non ho visto niente, eh, eh».
Madre: «La preside cosa ha
detto?».
Emanuela: «Ordini dall’alto: io non so niente, non ho visto niente. Io che mo sono arrivata non so niente. Umanamente mi dispiace, sono distrutta. Lo tengo innanzi agli occhi il criaturo».