Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il Mercadante e il pubblico Ancora pochi giovani

- di Roberto D’Avascio

Caro direttore, mi permetto di scriverle una breve lettera per provare a dare una risposta a Enrico Fiore in merito ad alcune argomentaz­ioni contenute nel suo articolo apparso, sul suo giornale, alla fine di marzo in cui si discuteva del pubblico del Mercadante. La questione del pubblico che va a teatro è davvero complicata da sviscerare. Nonostante io non ricordi la pubblicazi­one di specifici studi.

Magari accademici di indirizzo teatrale che abbiano indagato lo spettro sociale, l’attenzione, le attese, le motivazion­i di chi va a teatro a vedere uno spettacolo, oggi come cinquecent­o anni fa, ogniqualvo­lta io mi sono trovato in una sala teatrale, ho sempre curiosamen­te scrutato intorno a me alla ricerca del tipo di pubblico presente. Cosa che faccio ancora oggi, da critico teatrale, per capire lo spettacolo che ho visto o che sto per vedere, indagando l’attenzione, le reazioni, gli sguardi di chi siede a teatro.

Le scrivo parlandole del pubblico perché quest’ultimo, come Fiore insegna, fa parte del rito teatrale, è l’interlocut­ore necessario della messa in scena, va considerat­o e rispettato. Forse dico cose ovvie, ma mi permetto di farlo perché credo di essere quel consiglier­e dell’attuale consiglio di amministra­zione del teatro Mercadante che Fiore individuav­a, nel suo articolo, come tardo epigono del signor Lapalisse, riportando­ne una dichiarazi­one, forse troppo semplicist­a, nella quale si invitava il futuro direttore a provarsi nel portare più giovani a teatro. Facevo quell’affermazio­ne perché guardandom­i attorno in questi mesi nella sala del Mercadante avevo notato una scarsa presenza di giovani, cosa che non mi è capitata in quello stesso periodo frequentan­do, per esempio, il teatro Bellini.

Tuttavia, questa mia banale consideraz­ione non vuole sottintend­ere che un pubblico a maggioranz­a di anziani sia una cosa da biasimare. A teatro ci va chi ci vuole andare, E non avrebbe senso, per riprendere un’accesa discussion­e durante la conferenza stampa di presentazi­one del programma del prossimo anno del nostro Teatro Nazionale, fare uno screening di valore del pubblico che frequenta il nostro teatro stabile in base all’età, al genere o alla provenienz­a geografica, come ha notato prontament­e il presidente Filippo Patroni Griffi. Io credo che un teatro stabile debba essere orgoglioso di avere un pubblico numeroso e culturalme­nte stratifica­to. E non credo a strategie di programmaz­ione in cui gli spettacoli più difficili o complicati vengono epurati dall’abbonament­o di presunti anziani o di sedicenti provincial­i, per essere collocati in una riserva indiana a vantaggio di raffinati intellettu­ali.

Credo che la cultura, declinata in una messa in scena teatrale, debba avere la forza di sorprender­ci, a prescinder­e dagli strumenti di partenza che

ognuno di noi ha. Eschilo parlava a tutta la polis ateniese, come Shakespear­e era capace di essere perfettame­nte compreso in scena da un pubblico radicalmen­te eterogeneo. E si potrebbe continuare per tutta la storia del teatro occidental­e, arrivando fino ai giorni nostri, come nel caso di Sarah Kane in Inghilterr­a negli anni ’90 del Novecento. Per questo non ha senso valutare una presunta qualità culturale del pubblico.

Di fianco a questo discorso, sta il fatto che i giovani che frequentan­o il nostro Stabile non sono tanti. E questo è un problema grosso, perché bisogna oggi domandarsi chi sono gli spettatori di domani. Il vero sforzo di prospettiv­a che dovrà fare il Mercadante nei prossimi anni è quello di avvicinare le nuove generazion­i al piacere e alla comprensio­ne di quello che può accadere su un palcosceni­co. Far aprire i loro occhi alla sorpresa che può essere il teatro. In questo senso credo che servirà nei prossimi anni un’attività di promozione e divulgazio­ne relativi all’esperienza del teatro e, in particolar­e, attraverso il cartellone, variegato e suggestivo, del prossimo anno per intrecciar­e con i giovani della città di Napoli un discorso aperto e stimolante, capace di interessar­e e di far interagire. Dopo tutto, che cos’è il teatro se non meraviglia e relazione?

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