Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il giardino smembrato di Montemilet­to

- di Italo Ferraro

Quelli che si trovano nella veduta Baratta del 1629 sono la «casa e giardino di Geronimo Onofrio Tagliavia»: la parte più significat­iva che si nota è il terrapieno ad arcate del giardino che ha, sulla sinistra, le costruzion­i della casa come «a gradoni»; dall’altro lato il giardino arriva a ridosso della chiesa ed ospedale della Cesarea, posti più in alto; il giardino si protendeva verso la valle di Montesanto comprenden­do

l’area dell’attuale Parco del Pino e il vico Montemilet­to, lungo il quale si vede chiarament­e un muro con qualche costruzion­e provenient­e da Gesù e Maria, che gli arrivava incentro. Lo compra nel 1654 il principe di Monte miletto, il quale aveva un palazzo a Toledo nei pressi di quello di Tagliavia affiancato al Monte dei Poveri Vergognosi, poi palazzo Buono.

La costruzion­e che si vede in planimetri­a nella carta Carafa, insieme al vasto giardino, non appaiono molto dissimili da quanto si può apprezzare nella veduta Baratta.

Il Chiarini ricorda che «nella cappella privata si venera un piede della gloriosa Madre della Vergine, che ha fatto appellare quella contrada Piè di Sant’Anna».

La grande scalinata, che si trova tutt’oggi alla destra della seconda campata del vestibolo, sembra realizzata in una ristruttur­azione settecente­sca, ma doveva già esistere precedente­mente: passa per la cappella che si trova dietro il cortiletto alto che fiancheggi­a una sala; il giardino debordava verso la salita provenient­e dall’Olivella e si arrestava dietro, su un terrapieno pure visibile nella veduta Baratta.

L’importanza di questa costruzion­e consistett­e nella sua posizione baricentri­ca nella città extra-muraria dei borghi nord-occidental­i, tra le cittadelle della Trinità delle Monache e Sant’Efremo, sotto San Martino, in mezzo all’intrico di percorsi collinari di una città che guadagnava risorse di spazio e di paesaggio muovendo nell’espansione verso le colline.

Mentre la vicina zona dell’Infrascata conobbe una più estesa e rapida urbanizzaz­ione, dovuta appunto alla sistemazio­ne della strada a metà del ‘ 5 0 0 , l a zo na di Montemilet­to restò più salvaguard­ata, fino alla metà dell’800 quando venne progettato e realizzato il Corso Maria Teresa che, con l’unità d’Italia, diventerà l’attuale Corso Vittorio Emanuele

Con questo evento il grande giardino venne diviso e smembrato, il vico Montemilet­to interrotto, e la parte di suolo accorpata al palazzo in pochi anni si trasformò in una cittadella esclusivam­ente composta di abitazioni, con cunicoli, passaggi aerei, trafori, terrazzame­nti; il fronte del Corso Vittorio Emanuele venne composto come una cortina di città a due ingressi con identici portali in piperno, terrazze sovrappost­e su bassi corpi di fabbrica alternati ad alti, e due grandi stemmi della famiglia.

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