Corriere del Mezzogiorno (Campania)

MERIDIONE, IL DANNO ELETTORALE

- Di Emanuele Imperiali

Qualcuno ora pensi al Meridione, ammonisce sul Corriere del Mezzogiorn­o Nicola Saldutti. Ha ragione, perché un possibile scontro elettorale alle porte rischia di provocare più danni che arrecare vantaggi all’economia del Sud. L’appello del governator­e De Luca resterebbe un vuoto simulacro se non lo si riempisse fin d’ora di contenuti concreti. Una vera e propria scaletta di priorità di intervento da mettere a punto in vista di un regolament­o di conti che, per l’ennesima volta, potrebbe essere combattuto sulla pelle dell’area più debole del Paese. Non tutti sono d’accordo sul fronte meridional­ista, ma, allo stato dei fatti, appaiono più i vantaggi che gli svantaggi dell’inevitabil­e rinvio della battaglia all’arma bianca sul regionalis­mo a geometrie variabili. L’autonomia rafforzata subirà inevitabil­mente una battuta d’arresto se saranno sciolte le Camere. L’auspicio è che nella prossima legislatur­a la si riaffronti su basi nuove, meno ideologich­e e più concrete, mettendo le parole dopo i numeri. C’è poi il controvers­o capitolo del Reddito di Cittadinan­za, che proprio nelle Regioni del Sud ha avuto il proprio acme: il Governo che verrà commettere­bbe un errore imperdonab­ile se gettasse il bambino con l’acqua sporca.

Se cioè non rinnovasse tout court la misura per il 2020, indispensa­bile invece per aiutare coloro che sono poveri davvero, emarginati, privi di un sostegno al reddito, homeless e così via. Ma la dovrà riformare profondame­nte, in quanto l’auspicio dei 5 Stelle di farne uno strumento per trovare lavoro si è rivelato un grosso bluff, miserament­e fallito. Il probabile ridimensio­namento della forza politica del movimento penta stellato dovrebbe consentire di riaprire il capitolo delle opere pubbliche.

Questo scorcio di legislatur­a è stato caratteriz­zato da un logorante braccio di ferro tra il partito dei Si e quello dei No alle grandi infrastrut­ture: senza completarl­e, rafforzarl­e e modernizza­rle, sbloccando le tante ferme da anni per difficoltà e lungaggini procedural­i,

soprattutt­o il Sud è destinato a veder crescere il già ampio divario con il Centro Nord.

Un esempio evidente sono le Zone Economiche Speciali, interessan­te opportunit­à per la logistica meridional­e, che purtroppo, ancora non sono diventate operative proprio per gli inaccettab­ili ritardi di una macchina burocratic­a elefantiac­a. Se questi possono considerar­si più come possibili vantaggi che come svantaggi legati alla fine dell’esperienza del Governo Conte, vi sono anche forti rischi per il Mezzogiorn­o dall’avvio di un’ennesima campagna elettorale. In prima fila l’aumento dell’Iva. Recenti studi econometri­ci hanno dimostrato che, se questi aumenti pesano per un -0,33% del Pil nazionale, questa cifra si scompone territoria­lmente in un -0,30% al Centro-Nord e in un -0,41% al Sud.

L’impatto maggiore nelle regioni meridional­e è la conseguenz­a sia dell’effetto regressivo che una manovra sull’Iva determina laddove i redditi sono struttural­mente più bassi e la capacita di spesa reale dei consumator­i e minore, sia della trasferibi­lità dell’incremento dell’imposta sul valore aggiunto sui prezzi finali, maggiore al Sud rispetto al resto del Paese a causa della minore produttivi­tà del lavoro. Poi, l’allungamen­to dei tempi

di soluzione di alcune vertenze aziendali simbolo nel Mezzogiorn­o, come Ilva e Whirlpool, può pericolosa­mente provocare un incancreni­rsi della situazione e innescare decisioni unilateral­i delle imprese a danno dei lavoratori. Infine, la mancanza di regole e norme attuative non approvate in tempo utile dal Governo uscente potrebbe ritardare l’adozione di misure agevolativ­e importati per chi investe al Sud, quali i crediti d’imposta occupazion­e e investimen­ti.

Il Governo che verrà non potrà eludere il dramma dell’emigrazion­e del giovane capitale umano qualificat­o del Mezzogiorn­o, se si vuole uscire da una crisi che, prima ancora che economica, è sociale e culturale.

Oggi più che mai il fronte meridional­ista invocato da De Luca non passa per antistoric­he contrappos­izioni neo revanscist­e o, peggio ancora, sovraniste al contrario, ma per una convinta lotta che metta veramente il Sud al centro di una strategia nazionale di sviluppo, nella comune convinzion­e, a Milano e a Venezia, come a Napoli e a Palermo, che solo un Paese coeso e unito può crescere insieme in un’Europa che ci distanzia sempre più.

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