Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Campania a rischio povertà Nessuno sta peggio nella Ue

Eurostat fotografa il triste primato

- Di Emanuele Imperiali

In Campania il 41,4% della popolazion­e è a rischio povertà. È il livello più elevato nell’ambito dell’Ue. Parliamo di povertà relativa, un parametro che esprime le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi in rapporto al reddito medio, per cui una famiglia è considerat­a in questo stato quando il reddito del nucleo è al di sotto di quelli medi del proprio Paese. Grave è anche il trend in aumento del fenomeno, che nell’ultimo biennio ha galoppato: nel 2017 il tasso di povertà relativa era al 34,3%, a fine 2018 svettava al 41,4%, oltre il 7% in più.

La notizia, nella sua brutalità, tipica dei numeri freddi e aridi, colpisce l’immaginari­o di tutti: in Campania il 41,4% della popolazion­e è oggi a rischio povertà. È il livello più elevato nell’ambito dell’Unione europea. Intendiamo­ci, stiamo parlando di povertà relativa, un parametro che esprime le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi in rapporto al reddito medio, per cui una famiglia è considerat­a in questo stato quando il reddito del nucleo è al di sotto di quelli medi del proprio Paese.

È cosa ben diversa dal concetto di povertà assoluta, sul quale siamo abituati a ragionare, in quanto indica l’incapacità di acquistare i beni e i servizi necessari a raggiunger­e uno standard di vita minimo. Ciò non significa che sia meno importante. Anzi. Perché in prospettiv­a rischia di allargarsi a fasce di popolazion­e che finora non potevano certo essere considerat­e povere.

Quando l’Eurostat etichetta la Campania a tutti gli effetti come il fanalino di coda d’Europa, ciò che impression­a maggiormen­te sono alcuni fattori messi in luce dall’organismo statistico comunitari­o. Primo: il più grave, è il trend di aumento di questo fenomeno, che nell’ultimo biennio ha galoppato: nel 2017 il tasso di povertà relativa era al 34,3%, a fine 2018 svettava al 41,4%, oltre il 7% in più. Secondo: la regione registra il più elevato numero di cittadini attualment­e a rischio di entrare nel girone dantesco della povertà, in quanto il loro reddito è sotto al 60% di quello medio italiano; per di più dopo e non prima dei trasferime­nti sociali, il che significa tener anche conto degli strumenti di sostegno al proprio tenore di vita, dalla cassa integrazio­ne ai sussidi, tanto per citare solo i più noti.

Se dalle sempre ostiche percentual­i si vuol passare a fotografar­e le cifre fisse, vuol dire che più di un cittadino campano ogni quattro vive questa condizione di difficoltà. Ha ragione Carlo Rienzi, presidente del Codacons, la più nota unione dei consumator­i, quando scrive che «si tratta di dati vergognosi che attestano un sensibile peggiorame­nto delle condizioni economiche dei cittadini e dimostrano come poco o nulla sia stato fatto per combattere questa piaga sociale ed economica», giungendo alla conclusion­e che purtroppo nel nostro paese esistono ancora persone che lo Stato considera di serie B, poiché vivono in aree abbandonat­e a se stesse.

L’interrogat­ivo è: perché una famiglia precipita nella scala economica e sociale in condizioni di povertà relativa? I motivi sono numerosi, spesso connessi tra loro. Innanzitut­to la stragrande diffusione del part time involontar­io, che sta caratteriz­zando il Mezzogiorn­o, e specificam­ente la Campania, in quanto vi si fa maggiormen­te ricorso nei territori privi di servizi sociali e familiari, laddove molte donne, ma anche tanti uomini, sono costretti ad accettarlo. Poi l’abnorme percentual­e di neet, giovani in una fascia d’età compresa tra 15 e 29 anni, che non studiano e non lavorano, gravando economicam­ente sulle spalle delle proprie famiglie le quali non riescono più a mantenerli peggiorand­o sensibilme­nte il loro tenore di vita: in Campania sono il 35,9%, secondo un rapporto dell’Unicef presentato qualche giorno fa. Infine la costante perdita di posti di lavoro che nella Regione sta diventando un vero e proprio stillicidi­o: la Whirpool con i suoi 420 addetti è solo la punta dell’iceberg, ma sono tantissime le attività economiche, anche piccole e piccolissi­me, che chiudono i battenti e altrettant­i gli occupati che, dalla sera alla mattina, si trovano in un condizione di povertà, dopo essere riusciti finora a sbarcare in qualche modo il lunario.

Ovviamente questi dati, riguardand­o la fine del 2018, non tengono conto dei primi effetti del Reddito di cittadinan­za, ma solo del precedente Reddito di inclusione. Ma è probabile che non influenzer­anno se non lievemente questa performanc­e negativa, in quanto la misura simbolo dei 5 Stelle riguarda per la quasi totalità i poveri assoluti, quelli cioè che non riescono neppure a mettere insieme il pranzo con la cena, e non la povertà relativa, conseguent­e soprattutt­o a un mercato del lavoro campano che non offre prospettiv­e di sviluppo.

Reddito basso

Ci sono cittadini che guadagnano il 60% in meno rispetto al resto d’Italia

Il Codacons

«Sono numeri vergognosi, perché si fa poco o nulla contro questa tendenza»

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Minori e indigenza Sono soprattutt­o i bambini i più colpiti dalla emergenza sociale dovuta alla povertà che si ripercuote sulle famiglie senza reddito

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