Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Campania a rischio povertà Nessuno sta peggio nella Ue
Eurostat fotografa il triste primato
In Campania il 41,4% della popolazione è a rischio povertà. È il livello più elevato nell’ambito dell’Ue. Parliamo di povertà relativa, un parametro che esprime le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi in rapporto al reddito medio, per cui una famiglia è considerata in questo stato quando il reddito del nucleo è al di sotto di quelli medi del proprio Paese. Grave è anche il trend in aumento del fenomeno, che nell’ultimo biennio ha galoppato: nel 2017 il tasso di povertà relativa era al 34,3%, a fine 2018 svettava al 41,4%, oltre il 7% in più.
La notizia, nella sua brutalità, tipica dei numeri freddi e aridi, colpisce l’immaginario di tutti: in Campania il 41,4% della popolazione è oggi a rischio povertà. È il livello più elevato nell’ambito dell’Unione europea. Intendiamoci, stiamo parlando di povertà relativa, un parametro che esprime le difficoltà economiche nella fruizione di beni e servizi in rapporto al reddito medio, per cui una famiglia è considerata in questo stato quando il reddito del nucleo è al di sotto di quelli medi del proprio Paese.
È cosa ben diversa dal concetto di povertà assoluta, sul quale siamo abituati a ragionare, in quanto indica l’incapacità di acquistare i beni e i servizi necessari a raggiungere uno standard di vita minimo. Ciò non significa che sia meno importante. Anzi. Perché in prospettiva rischia di allargarsi a fasce di popolazione che finora non potevano certo essere considerate povere.
Quando l’Eurostat etichetta la Campania a tutti gli effetti come il fanalino di coda d’Europa, ciò che impressiona maggiormente sono alcuni fattori messi in luce dall’organismo statistico comunitario. Primo: il più grave, è il trend di aumento di questo fenomeno, che nell’ultimo biennio ha galoppato: nel 2017 il tasso di povertà relativa era al 34,3%, a fine 2018 svettava al 41,4%, oltre il 7% in più. Secondo: la regione registra il più elevato numero di cittadini attualmente a rischio di entrare nel girone dantesco della povertà, in quanto il loro reddito è sotto al 60% di quello medio italiano; per di più dopo e non prima dei trasferimenti sociali, il che significa tener anche conto degli strumenti di sostegno al proprio tenore di vita, dalla cassa integrazione ai sussidi, tanto per citare solo i più noti.
Se dalle sempre ostiche percentuali si vuol passare a fotografare le cifre fisse, vuol dire che più di un cittadino campano ogni quattro vive questa condizione di difficoltà. Ha ragione Carlo Rienzi, presidente del Codacons, la più nota unione dei consumatori, quando scrive che «si tratta di dati vergognosi che attestano un sensibile peggioramento delle condizioni economiche dei cittadini e dimostrano come poco o nulla sia stato fatto per combattere questa piaga sociale ed economica», giungendo alla conclusione che purtroppo nel nostro paese esistono ancora persone che lo Stato considera di serie B, poiché vivono in aree abbandonate a se stesse.
L’interrogativo è: perché una famiglia precipita nella scala economica e sociale in condizioni di povertà relativa? I motivi sono numerosi, spesso connessi tra loro. Innanzitutto la stragrande diffusione del part time involontario, che sta caratterizzando il Mezzogiorno, e specificamente la Campania, in quanto vi si fa maggiormente ricorso nei territori privi di servizi sociali e familiari, laddove molte donne, ma anche tanti uomini, sono costretti ad accettarlo. Poi l’abnorme percentuale di neet, giovani in una fascia d’età compresa tra 15 e 29 anni, che non studiano e non lavorano, gravando economicamente sulle spalle delle proprie famiglie le quali non riescono più a mantenerli peggiorando sensibilmente il loro tenore di vita: in Campania sono il 35,9%, secondo un rapporto dell’Unicef presentato qualche giorno fa. Infine la costante perdita di posti di lavoro che nella Regione sta diventando un vero e proprio stillicidio: la Whirpool con i suoi 420 addetti è solo la punta dell’iceberg, ma sono tantissime le attività economiche, anche piccole e piccolissime, che chiudono i battenti e altrettanti gli occupati che, dalla sera alla mattina, si trovano in un condizione di povertà, dopo essere riusciti finora a sbarcare in qualche modo il lunario.
Ovviamente questi dati, riguardando la fine del 2018, non tengono conto dei primi effetti del Reddito di cittadinanza, ma solo del precedente Reddito di inclusione. Ma è probabile che non influenzeranno se non lievemente questa performance negativa, in quanto la misura simbolo dei 5 Stelle riguarda per la quasi totalità i poveri assoluti, quelli cioè che non riescono neppure a mettere insieme il pranzo con la cena, e non la povertà relativa, conseguente soprattutto a un mercato del lavoro campano che non offre prospettive di sviluppo.
Reddito basso
Ci sono cittadini che guadagnano il 60% in meno rispetto al resto d’Italia
Il Codacons
«Sono numeri vergognosi, perché si fa poco o nulla contro questa tendenza»