Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Napoli, Whirlpool chiude
Vertice con Conte, poi la multinazionale annuncia: stop alla produzione
La vertenza Whirlpool sembra arrivata all’ultimo atto: con una drammatica comunicazione la multinazionale Usa fa sapere alle parti sociali e al Governo che dal 1° novembre prossimo lo stabilimento di via Argine verrà chiuso. Immediata la rabbia degli operai che hanno occupato l’azienda e bloccato l’accesso all’autostrada Napoli-Salerno.
Neanche mezz’ora. «Non è stato fatto un passo avanti nella direzione auspicata dal governo nel dialogo con i vertici italiani di Whirlpool, che confermano il piano». È il presidente del consiglio Giuseppe Conte a dirlo e a chiudere le comunicazioni: «Ciò non consente di dare prospettiva al dialogo». Ormai è un muro contro muro che fa scrivere ai vertici della multinazionale americana: «L’azienda, come comunicato durante la riunione a Palazzo Chigi, si trova costretta a procedere alla cessazione dell’attività produttiva, con decorrenza 1 novembre 2019». È più di una doccia gelata per gli oltre 400 lavoratori dello stabilimento napoletano. Che, infatti, occupano l’autostrada Napoli-Salerno per circa un’ora. È la mancanza totale di prospettiva, di una speranza. Fin quando il tavolo era aperto le ipotesi in campo c’erano. E ora?
Anche il ministro per lo Sviluppo economico, successore di Di Maio, Stefano Patuanelli è fermo: «Se Whirlpool continua ad avere un atteggiamento di scelte unilaterali, anche il governo farà le sue scelte unilaterali. Siccome è evidente che questa è una crisi industriale che deve essere trattata dal governo, assieme al governo decideremo nei prossimi giorni i prossimi passi. Ritengo che sia giusto coinvolgere tutte le componenti del governo». Da Palazzo Chigi, per ora, non trapelano indiscrezioni. Insomma non si capisce quale siano le ipotesi percorribili. I lavoratori vorrebbero «nazionalizzare» il sito di via Argine. C’è chi pensa che l’esecutivo potrebbe revocare gli incentivi a tutte le fabbriche Whirlpool in Italia, ma sarebbe un boomerang, una soluzione che innescherebbe una crisi irreversibile. Dunque, qual è la strada?
Per l’azienda lo stop alle attività: «Lo stabilimento di Napoli non è più sostenibile per via di una crisi strutturale. Il sito opera infatti al di sotto del 30% della capacità di produzione installata a causa del drastico declino della domanda di lavatrici di alta gamma a livello internazionale e di congiunture macroeconomiche sfavorevoli, condizioni non previste né in alcun modo prevedibili al momento della sottoscrizione del Piano Industriale del 25 ottobre 2018». E considera le proposte del governo (strumenti a sostegno) «misure non risolutive». L’unica alternativa per Whirlpool è la cessione alla Prs sa, lo ribadisce anche Patuanelli: «Per Whirlpool unica soluzione una cessione del ramo d’azienda sostanzialmente verso l’ignoto». È in questa crepa che s’infila il governatore Vincenzo De Luca, che in una lettera al governo ieri ha chiesto un incontro urgente «finalizzato al puntuale approfondimento, con l’opportuno supporto tecnico di Invitalia in ordine alla attendibilità e sostenibilità del piano industriale della società interessata e ai possibili sblocchi della crisi». Perché Invitalia? Perché ha un ruolo fondamentale negli accordi di programma e nella primavera scorsa era stata incaricata da Di Maio di fare verifiche su un’altra azienda interessata. Una richiesta di andare a vedere le carte, che, a questo punto, appare tutt’altro che peregrina.
Nel frattempo i sindacati, Cgil, Cisl e Uil annunciano la convocazione degli esecutivi per lanciare una mobilitazione definendo l’atteggiamento dell’azienda «inaccettabile e irresponsabile». L’assemblea è convocata per il prossimo 21 ottobre per una mobilitazione generale. Anche il sindaco Luigi de Magistris chiede un incontro urgente, anche se, come dice il consigliere comunale dem Diego Venanzoni, «non ha ancora chiarito l’incontro con gli amministratori della Prs dell’11 settembre».