Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IL PD NON È ANCORA PERVENUTO
Un fantasma si aggira per la Campania. No, non parlo di un’ideologia liberatrice dei lavoratori di tutto il mondo (verrebbe da dire purtroppo a guardare la vicenda Whirlpool), mi riferisco all’erede di quella tradizione popolare e socialista: il Pd. Mentre mancano infatti pochi mesi alle elezioni regionali, l’appuntamento più importante per un partito che sugli enti locali e sulle classi dirigenti provenienti dai territori ha fondato la sua forza e la sua fortuna, non si capisce cosa farà e come arriverà a questa scadenza il Pd, che pur teoricamente governa la Regione con De Luca.
Infatti, al di là di qualche intervista e di qualche posizione personale, pur apprezzabile, come si presenterà il partito alle elezioni? Quali sono le cose che hanno funzionato in questi anni? Quali gli obiettivi raggiunti? Quali invece gli errori clamorosi? Com’è il bilancio su Sanità, Trasporti, Ambiente, Lavoro, Fondi Europei? La vita dei campani è migliorata o peggiorata in questi anni?
Sembrano domande oziose, eppure sono politicamente decisive. Perché solo dalle risposte a queste domande derivano le due subordinate che sono al centro del dibattito totalmente autoriferito della politica politicante locale: con chi sarà alleato il Pd e con quale candidato.
Non è un segreto che un pezzo largo del Pd non vorrebbe candidare De Luca una seconda volta. Lo si capisce leggendo dichiarazioni «autorevoli» e ascoltando un po’ di chiacchiericcio che viene dai palazzi. Molti di quelli che non vorrebbero ricandidare De Luca, ad esempio, guardano all’alleanza con i Cinque Stelle come l’occasione per risolvere (quasi in outsourcing) i problemi interni del Pd.
L’idea è più o meno questa: lasciare ai Cinque Stelle il candidato presidente, magari anche gradito a de Magistris, costruire una coalizione così ampia da non aver problemi a battere il centrodestra ancora senza candidato e soprattutto opzionare eventualmente il Comune di Napoli con una figura «civica» a metà strada tra il Pd e i Cinque Stelle.
D’altra parte, per le regionali i Cinque Stelle hanno nel mazzo due carte molto forti, due ministri per la precisione: Sergio Costa e Vincenzo Spadafora. Due figure molto diverse: il primo ex Generale di brigata dei carabinieri forestali viene dalla lotta all’ecomafie ed è noto il suo impegno contro i roghi della Terra dei Fuochi; il secondo, seppur più giovane, ha un’esperienza politica molto più lunga e strutturata in vari incarichi e ruoli ricoperti nel passato. Dal mio punto di vista entrambi avrebbero buone chance di vincere le elezioni regionali.
Questi ragionamenti avrebbero quindi anche una certa fondatezza e legittimità, se non fosse per un piccolissimo particolare. Si stanno facendo conti senza l’oste e in questo caso è un oste molto ostico che non fa sconti: Vincenzo De Luca.
Davvero qualcuno pensa che il presidente uscente, che ha vinto legittimamente primarie ed elezioni nel 2015, sarebbe disposto a fare un passo indietro per lasciare il campo a un candidato 5Stelle? E soprattutto in assenza di un dibattito pubblico sui risultati della sua giunta, chi dovrebbe convincere De Luca a cedere il passo e perché? Il Pd? E quale Pd nello specifico? Zingaretti? Il Pd dei consiglieri regionali? L’ennesimo commissario del Pd napoletano del cui lavoro sinceramente non si hanno notizie?
Non sono mai stato un tifoso di De Luca, ma gli riconosco grande caparbietà e resistenza nelle condizioni peggiori. E queste caratteristiche - sono abbastanza certo - gli garantiranno la ricandidatura per inerzia. Non perché sia il miglior candidato possibile, ma perché gli avversari interni non hanno né la forza né il coraggio di sfidarlo in campo aperto.