Corriere del Mezzogiorno (Campania)
E A DESTRA SERVE UNA VISION
Lo scorso fine settimana il Movimento Cinque Stelle ha tenuto a Napoli la sua convention nazionale. Nonostante le polemiche in seno al Movimento e il clamoroso ribaltamento di alleanze che ha portato al Conte bis, l’evento è stato un successo: l’Arena Flegrea dove si è tenuto il comizio dei big era piena di gente, ma soprattutto lo erano gli stand allestiti nella Mostra d’Oltremare. Questo dato deve suonare come un campanello d’allarme per il centrodestra campano, nella misura in cui la maggior parte dei presenti all’evento di Fuorigrotta erano soprattutto napoletani.
Non truppe cammellate, ma persone comuni recatesi lì solo per partecipare a una manifestazione politica. Cosa rara di questi tempi dalle nostre parti.
In effetti le elezioni europee hanno certificato che, mentre al Nord il M5S va riducendosi sempre di più, è al Sud che esso mantiene le sue roccaforti. In particolare in Campania. E, francamente, la spiegazione di questo dato fornita dai commentatori, il Reddito di Cittadinanza, suona un po’ razzista e anche assolutoria nei confronti del ceto politico degli schieramenti tradizionali, soprattutto del centrodestra.
Il successo conseguito dai grillini nel Mezzogiorno alle elezioni politiche del 4 marzo scorso è stato frutto soprattutto dell’assenza di un progetto politico convincente in termini di uomini e programmi da parte delle altre coalizioni. L’ascesa di Salvini al Sud dimostra che quei voti provenivano soprattutto da destra e che in presenza di un’offerta politica credibile (quantomeno mediaticamente) essi possono essere recuperati. In Campania, però, ciò si è verificato solo parzialmente.
Innanzitutto perché la Lega non è riuscita a strutturarsi come partito. In secondo luogo perché manca un’idea di cosa fare di questo territorio nel prossimo decennio. L’elettorato non di sinistra non è disponibile a fornire cambiali in bianco. Puntare su «sicurezza» e «ambiente» è troppo riduttivo per una Regione che deve fare i conti con una emigrazione di massa dei suoi giovani e una paurosa desertificazione economica e industriale.
Il centrodestra non può rinunciare alla sfida di candidarsi a guidare la più importante Regione del Sud. Per farlo deve partire dai programmi e riconquistare l’elettorato di opinione ancora orientato verso i Cinque Stelle. Ben vengano allora gli Stati Generali a novembre, purché l’iniziativa non si riduca a una passerella.
Una proposta complessiva può partire da quella che è l’unica iniziativa politica significativa messa in campo dal centrodestra campano negli ultimi tempi: il referendum per la Macroregione autonoma del Sud, che in Campania si terrà (uno dei tre quesiti ha già avuto il via libera dalla Consulta regionale, ma non è detto che anche gli altri due non possano essere riammessi) subito dopo le elezioni regionali.
Si tratta di una possibile risposta all’autonomia differenziata, alternativa però al mantenimento dello status quo, tutt’altro che favorevole agli interessi del Mezzogiorno.
Una prospettiva che adesso va riempita di contenuti. La Campania può porsi come capofila di un piano integrato di investimenti infrastrutturali a favore del Sud, che implichi anche il rilancio di una politica industriale, basata su logistica intermodale e valorizzazione delle eccellenze tipiche, superando la retorica che lo vorrebbe dedito al turismo, a un po’ di agricoltura Dop e a qualche residuo di pubblico impiego. Per farlo ci vuole un’Agenzia di sviluppo per gli investimenti (una sorta di Cassa per il Mezzogiorno 2.0) e una fiscalità vantaggiosa, da negoziare con l’Unione Europea in una logica di autonomia macroregionale meridionale e una cabina di regia allocata a Napoli.
Insomma, il centrodestra è chiamato a darsi una vision e anche a riscaldare i cuori della gente con un po’ di sano orgoglio meridionale, aprendosi, chiamando a raccolta le migliori energie del territorio, consapevole che Napoli e la Campania restano strategiche se si vuole affrontare l’irrisolta questione meridionale.
Partendo adesso la partita è ancora aperta, ma è necessario che le forze politiche riprendano il dialogo tra di loro e con la società civile, stabiliscano un programma con poche, ma significative idee, e individuino per tempo il candidato in grado di incarnare un progetto ambizioso e di ampio respiro.