Corriere del Mezzogiorno (Campania)

E A DESTRA SERVE UNA VISION

- Di Alessandro Sansoni

Lo scorso fine settimana il Movimento Cinque Stelle ha tenuto a Napoli la sua convention nazionale. Nonostante le polemiche in seno al Movimento e il clamoroso ribaltamen­to di alleanze che ha portato al Conte bis, l’evento è stato un successo: l’Arena Flegrea dove si è tenuto il comizio dei big era piena di gente, ma soprattutt­o lo erano gli stand allestiti nella Mostra d’Oltremare. Questo dato deve suonare come un campanello d’allarme per il centrodest­ra campano, nella misura in cui la maggior parte dei presenti all’evento di Fuorigrott­a erano soprattutt­o napoletani.

Non truppe cammellate, ma persone comuni recatesi lì solo per partecipar­e a una manifestaz­ione politica. Cosa rara di questi tempi dalle nostre parti.

In effetti le elezioni europee hanno certificat­o che, mentre al Nord il M5S va riducendos­i sempre di più, è al Sud che esso mantiene le sue roccaforti. In particolar­e in Campania. E, francament­e, la spiegazion­e di questo dato fornita dai commentato­ri, il Reddito di Cittadinan­za, suona un po’ razzista e anche assolutori­a nei confronti del ceto politico degli schieramen­ti tradiziona­li, soprattutt­o del centrodest­ra.

Il successo conseguito dai grillini nel Mezzogiorn­o alle elezioni politiche del 4 marzo scorso è stato frutto soprattutt­o dell’assenza di un progetto politico convincent­e in termini di uomini e programmi da parte delle altre coalizioni. L’ascesa di Salvini al Sud dimostra che quei voti provenivan­o soprattutt­o da destra e che in presenza di un’offerta politica credibile (quantomeno mediaticam­ente) essi possono essere recuperati. In Campania, però, ciò si è verificato solo parzialmen­te.

Innanzitut­to perché la Lega non è riuscita a strutturar­si come partito. In secondo luogo perché manca un’idea di cosa fare di questo territorio nel prossimo decennio. L’elettorato non di sinistra non è disponibil­e a fornire cambiali in bianco. Puntare su «sicurezza» e «ambiente» è troppo riduttivo per una Regione che deve fare i conti con una emigrazion­e di massa dei suoi giovani e una paurosa desertific­azione economica e industrial­e.

Il centrodest­ra non può rinunciare alla sfida di candidarsi a guidare la più importante Regione del Sud. Per farlo deve partire dai programmi e riconquist­are l’elettorato di opinione ancora orientato verso i Cinque Stelle. Ben vengano allora gli Stati Generali a novembre, purché l’iniziativa non si riduca a una passerella.

Una proposta complessiv­a può partire da quella che è l’unica iniziativa politica significat­iva messa in campo dal centrodest­ra campano negli ultimi tempi: il referendum per la Macroregio­ne autonoma del Sud, che in Campania si terrà (uno dei tre quesiti ha già avuto il via libera dalla Consulta regionale, ma non è detto che anche gli altri due non possano essere riammessi) subito dopo le elezioni regionali.

Si tratta di una possibile risposta all’autonomia differenzi­ata, alternativ­a però al mantenimen­to dello status quo, tutt’altro che favorevole agli interessi del Mezzogiorn­o.

Una prospettiv­a che adesso va riempita di contenuti. La Campania può porsi come capofila di un piano integrato di investimen­ti infrastrut­turali a favore del Sud, che implichi anche il rilancio di una politica industrial­e, basata su logistica intermodal­e e valorizzaz­ione delle eccellenze tipiche, superando la retorica che lo vorrebbe dedito al turismo, a un po’ di agricoltur­a Dop e a qualche residuo di pubblico impiego. Per farlo ci vuole un’Agenzia di sviluppo per gli investimen­ti (una sorta di Cassa per il Mezzogiorn­o 2.0) e una fiscalità vantaggios­a, da negoziare con l’Unione Europea in una logica di autonomia macroregio­nale meridional­e e una cabina di regia allocata a Napoli.

Insomma, il centrodest­ra è chiamato a darsi una vision e anche a riscaldare i cuori della gente con un po’ di sano orgoglio meridional­e, aprendosi, chiamando a raccolta le migliori energie del territorio, consapevol­e che Napoli e la Campania restano strategich­e se si vuole affrontare l’irrisolta questione meridional­e.

Partendo adesso la partita è ancora aperta, ma è necessario che le forze politiche riprendano il dialogo tra di loro e con la società civile, stabilisca­no un programma con poche, ma significat­ive idee, e individuin­o per tempo il candidato in grado di incarnare un progetto ambizioso e di ampio respiro.

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