Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Zona Museo, l’inquinamento per il traffico è da record
La gola brucia, gli occhi lacrimano, si scatena una tosse stizzosa. Se tutto questo accade mentre si cammina nella zona del museo nazionale il responsabile potrebbe essere il biossido di azoto, uno dei molti componenti inquinanti che chi vive nelle metropoli intasate dal traffico è costretto a respirare. Alla confluenza tra via Foria, via Santa Teresa degli Scalzi ed il corso Vittorio Emanuele uno dei punti più congestionati dalle auto è presente nell’aria con valore più che doppio rispetto al limite da non superare. Lancia l’allarme Giuseppe Onorati, il coordinatore della campagna di monitoraggio della qualità dell’aria dell’Arpac. «Nel corso di 12 mesi – spiega – la media di questa sostanza dovrebbe mantenersi per legge entro i 40 microgrammi per metro cubo di aria. Ebbene, la nostra apparecchiatura ha rilevato, ad oggi, una media di 96,2 microgrammi per metro cubo. Oltre il doppio». Secondo il ministero della Salute, il biossido di azoto è responsabile di «alterazioni della funzionalità respiratoria in soggetti sensibili, quali bambini, persone asmatiche o affette da bronchite cronica». Una sintomatologia precoce a carico delle prime vie aeree in soggetti con patologia polmonare può manifestarsi a partire da concentrazioni pari a 0,2 microgrammi per metro cubo di aria. «Quella del Museo – prosegue Onorati – non è peraltro l’unica centralina che ha registrato nei primi dieci mesi del 2019 una media di biossido di azoto oltre il valore che non dovrebbe essere superato. L’apparecchiatura posizionata nella zona di Piazza Garibaldi ha rilevato 57,4 microgrammi per metro cubo di aria. Quella in via Argine 40.01». Le cause? «È una sostanza prodotta dalla combustione dei motori e certamente auto e moto sono i primi responsabili dei valori elevatissimi che abbiamo riscontrato al Museo, alla Ferrovia e in via Argine. Tra l’altro vari studi hanno evidenziato che l’emissione di biossido di azoto è elevata anche per i veicoli più nuovi e teoricamente a minore impatto, come gli euro 3 e euro 4». (f. ger.)