Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La macroregione è sbagliata quanto l’Autonomia
Caro direttore, le scrivo in relazione all’intervento pubblicato dal suo giornale a firma di Alessandro Sansoni dal titolo «Al centrodestra serve una vision» perché mi sembra che lo stesso fornisca diversi spunti interessanti per una riflessione politica a cui il centrodestra, alla vigilia delle elezioni regionali, certamente non dovrà sottrarsi. Non vi è dubbio, che come dice lo stesso Sansoni, è necessario che una coalizione che ha l’ambizione di governare una regione complessa come la Campania debba avere una visione strategica.
Ed avere la capacità di mettere in campo una strategia concreta per garantire una seria prospettiva di sviluppo negli anni a venire.
Per questo motivo, Fratelli d’Italia, ha da qualche tempo creato un gruppo di lavoro, coordinato dal professore Sergio Vetrella, a cui è stato assegnato il compito di mettere in campo una proposta politica che sia capace di suscitare entusiasmo tra la nostra gente e che, allo stesso tempo, possa consentirci di occupare un significativo spazio politico per accrescere i nostri consensi.
In questo senso riteniamo che l’occasione degli Stati Generali del centrodestra, che per quello che ci riguarda deve essere un luogo di confronto giammai una inutile passerella, rappresenta l’appuntamento per condividere con gli alleati della coalizione tesi e proposte per passare dalla Campania delle occasioni perse alla Campania delle opportunità.
Resto perplesso però, quando Sansoni afferma che bisogna partire dalla proposta di istituzione della macroregione principalmente perché, al di là degli slogan, la considero dannosa per gli stessi interessi del Sud e della Campania nella misura in cui si scende sullo stesso terreno dei promotori della «autonomia differenziata» senza però avere alle spalle la solidità del sistema economico che Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna in questi anni hanno costruito anche con il contributo del sud.
C’è poi anche un aspetto, se vogliamo ideologico, che a chi è di Destra non sfuggirà. Questo processo, alimentato anche da proposte come quella della macroregione, ci porterebbe ad avere in Italia, facendoci tornare indietro di secoli, una miriade di staterelli, ciascuno esercitante potestà legislativa, ciascuno capace di attuare nell’ambito del proprio territorio riforme differenti da quelle adottate nella stessa materia della vicina o lontana regione.
Un partito come Fratelli d’Italia, i cui iscritti si chiamano tra di loro patrioti, non può accettare il disegno separatista previsto nel preaccordo del governo Gentiloni con le regioni richiedenti, firmato, tra l’altro, quando la scorsa legislatura si avviava a conclusione ed in un periodo nel quale normalmente i governi si dedicano al solo disbrigo degli affari correnti né altre ipotesi che vanno in questa direzione.
Un uomo di Destra, insomma, non può accettare che si costruisca un paese sulle diseguaglianze tra territori, che anche oggi esistono, ma che soprattutto per norma non ci sia la possibilità di azzerarle così come vorrebbero Zaia, Fontana e Bonaccin, relegano il Sud ad una mera colonia.
Del resto la sovranità nazionale non si difende solo dalle ingerenze della Ue, ma anche dalle spinte interne che puntano ad aumentare le differenze profonde che caratterizzano il territorio nazionale ancora oggi nonostante che lo stesso sia unificato da oltre 150 anni; mondi diversi con un dinamiche incredibili che fanno si che anche quando il paese, nel suo complesso ha fasi di crescita, la differenza ed il gap tra sud e nord rimane invariato.
Bisogna tener presente che in questi anni, nonostante i tanti proclami, il gap economico, infrastrutturale e sociale ha reso il nord ed il sud più distanti. Basti pensare che la gravità della spaccatura tra le differenti aree del Paese ha reso l’Italia una mera espressione geografica così come emerge chiaramente dall’ultimo Rapporto sul benessere equo e sostenibile (Bes), elaborato e presentato dall’Istat.