Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La fine dell’operaio Maurizio
Quando Rosetta accende la luce lo trova lì suo marito, seduto per terra in un angolo della cantina con un baule davanti.
«Pecché non hai acceso ‘a luce?»
L’uomo non accenna nemmeno ad una risposta. «Maurì!».
«Eh!».
«Non mi hai sentita?». «Sissignore, ti ho sentita». «E pecché non rispondi?». Maurizio sospira. Si stropiccia la faccia con le mani come per cancellare un brutto pensiero.
«Nun me serviva ‘a luce… e po’ è meglio se da oggi in poi risparmiamo su tutto Rosè».
La donna va a sedersi per terra accanto al marito. Per qualche istante i due rimangono in silenzio. La luce flebile del giorno rischiara a malapena la piccola cantina.
«Non ci sta più niente da fare?», chiede Rosetta.
«E chi lo sa… staremo a vedere».
«Ma i padroni che dicono?».
«E che devono dire. Lo stabilimento di Napoli non è più sostenibile per via della crisi».
«Eppure ‘a Whirlpool è na marca importante… io non capisco...».
«’A crisi è a livello internazionale Rosè. ‘E lavatrici di alta gamma nun se vendono chiù». «E questi mo se ne accorgono?». «Dicono che quanno hanno firmato ‘o piano industriale l’anno passato, le condizioni che si sono venute a creare non si potevano prevedere».
Rosetta prova ad incrociare lo sguardo di Maurizio, ma lui le nasconde il volto. «Ma il nostro governo? I sindacati?...». Maurizio non risponde.
«Di Maio non si era impegnato personalmente per fa cagnà idea agli americani?». Maurizio tace.
La donna si alza, cammina avanti e indietro nervosamente, poi si appoggia con la schiena al muro umido.
«Che sei sceso a fare qua sotto?». Maurizio finalmente guarda la moglie. Nei suoi occhi arrossati c’è frustrazione, ma anche un rabbia che la donna non aveva mai visto prima nello sguardo di suo marito. Lui spalanca il baule che ha davanti. Tira fuori una vecchia bandiera piegata e impolverata. La apre sulle gambe. Al centro del drappo rosso, macchiato e rovinato in più punti, appare il simbolo con la falce, il martello e la stella, sopra la scritta PCI e i colori della Repubblica italiana.
«Era di mio padre. Faceva ‘o sbandieratore ai comizi del partito comunista quanno era giovane. Io ero creaturo, ma lo ricordo ancora.
Papà era contento di sapere che ci stava gente che aveva studiato, che sapeva parlare e si interessava veramente della sua situazione».
L’uomo si alza. Fa qualche passo trascinando quel cencio sul pavimento. «L’ho conservata pe’ tutti questi anni. Me pareva brutto buttarla via. Per mio padre, ma pure pecché na vota significava qualcosa sta bandiera. Gli operai tenevano voce in capitolo, nu ruolo sociale riconosciuto da tutti pecché erano la spina dorsale di questo paese, la speranza di un popolo intero. L’Italia è stata salvata dalle braccia ‘e gente come mio padre e di tanti come lui. Se stavano bene gli operai, era l’Italia intera che stava bene». Maurizio aggroviglia la bandiera tra le mani fino a renderla una matassa informe, una pezza da niente, un rifiuto. Si avvicina alla pattumiera e senza pensarci più sopra, getta via sdegnato quel simbolo per lui ormai vuoto. «‘A storia è cagnata. ‘O munno è cagnato. Sta bandiera nun significa chiù niente. Na vota nun fosse stato possibbile mandare in mezzo a una strada quattrocentoventi operai senza imporre na mediazione, na soluzione pe’ nun farci perdere ‘a fatica. Na vota era chiaro che alle spalle di quelle quattrocentoventi persone ce ne stavano altre mille che dipendevano da quell’unico stipendio, soprattutto qua ‘o Sud. Le logiche del
mercato venivano dopo il rispetto per la dignità umana». L’uomo si volta verso la moglie. I suoi occhi sono oscurati da un risentimento che fa rabbrividire Rosetta. «La verità la sai qual è Rosè? È che se lo Stato se ne fotte di noi, autorizza noi a fottercene dello Stato. Secondo te posso mai lasciare la mia famiglia senza mangià?».
La donna si avvicina preoccupata a suo marito. «Nun te capisco...».
L’uomo afferra la moglie per i polsi. Un sorriso cattivo si disegna sul suo volto. «Voglio dicere che na soluzione la devo trovare. Una soluzione qualsiasi».
«Che soluzione?».
«Cercherò prima di tutto di non deludere voi e me stesso, nun te preoccupà». Si allontana e di nuovo nasconde il volto alla moglie. «Ma se nisciuno mi tutelerà, se mi sbatteranno tutte le porte in faccia, io so’ pronto a tutto per dare da mangiare ai miei figli… a tutto Rosè!».
L’uomo esce velocemente dalla cantina. Rosetta, rimasta sola, guarda sconfortata e impaurita il buio che la circonda. Facendosi coraggio, sbatte il coperchio della pattumiera dove il marito ha buttato la bandiera. Infine, senza più indugiare, segue il suo uomo.