Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Allarme dell’Anticorruz­ione Tangenti, regione sul podio

L’addio di Cantone: battaglia dimenticat­a dal governo

- Di Federico Baccini

Èaddio. Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruz­ione, ha confermato ieri le sue dimissioni nel corso della conferenza di presentazi­one dell’ultimo dossier sugli affari illeciti in Italia nell’ultimo triennio. E lo ha fatto sbattendo la porta: «La parola corruzione nell’ultimo periodo è quasi scomparsa dall’agenda del Paese. Sembra che quasi nessuno se ne occupi». Dal fumo delle polemiche emerge però un dato che non fa dormire sonni tranquilli in Campania: la regione si è collocata infatti al terzo posto di una classifica dai tratti inquietant­i.

È addio. Raffaele Cantone,

NAPOLI presidente dell’Autorità nazionale anticorruz­ione, ha confermato ieri le sue dimissioni nel corso della conferenza di presentazi­one dell’ultimo dossier sugli affari illeciti in Italia nell’ultimo triennio. E lo ha fatto sbattendo la porta: «La parola corruzione nell’ultimo periodo è quasi scomparsa dall’agenda del Paese. Sembra che quasi nessuno se ne occupi». Dal fumo delle polemiche emerge però un dato che non fa dormire sonni tranquilli in Campania: la regione si è collocata infatti al terzo posto di una classifica dai tratti inquietant­i.

Podio nero

Secondo il dossier la corruzione in Italia si mimetizza sempre meglio. Sembra che le tangenti in denaro stiano pian piano cedendo il passo alle concession­i di posti di lavoro e alle consulenze fittizie come merce di scambio, reati per cui ogni settimana vengono eseguiti arresti sul territorio nazionale (152 casi nel periodo 2016-2019). «Anche se non se ne parla, non vuole dire che la corruzione sia diminuita o scomparsa», tuona Cantone, e i numeri gli danno ragione. Quasi la metà dei 152 casi di corruzione si registrano in sole tre regioni, Sicilia, Lazio e Campania (rispettiva­mente 28, 22 e 20), il 46 per cento. La Campania sale quindi sul gradino più basso di questo podio illegale: quasi un caso ogni otto si è verificato nei suoi confini (il 13,2 per cento, 20 episodi nei tre anni considerat­i). Fa peggio della Puglia e della Calabria, doppia una Lombardia (11 casi, il 7,2 per cento) che, nonostante l’allarme sia tutt’altro che rientrato, sembra ormai essersi messa alle spalle la zavorra di Mani Pulite. «Da questo rapporto emergono dati in chiaro scuro, noi tutto sommato scopriamo l’acqua calda. Anche se dobbiamo riconoscer­e che sono imparagona­bili rispetto all’era della mazzette di Tangentopo­li», ha provocato Cantone.

Dai soldi ai traslochi

È solo con la prevenzion­e che si può cercare di evitare a monte non solo che si verifichin­o questi tipi di reato, ma soprattutt­o che possano continuare a mutare forma e protrarsi negli anni. La fotografia dell’Anac restituisc­e un’immagine singolare di come la corruzione possa adattarsi ai tempi: anche se il denaro continua a rappresent­are il principale strumento per gli accordi illeciti (46 per cento), il posto di lavoro per coniugi e familiari prende sempre più quota, soprattutt­o al Sud (nel 13 per cento dei casi). Si ricorre alla mazzetta spesso per importi esigui (da 50 euro a 3 mila), a volte imposta come percentual­e fissa sul valore degli appalti. Altri scambi riguardano l’assegnazio­ne di prestazion­i profession­ali, preferibil­mente sotto forma di consulenze (quasi un caso ogni dieci). Ma un accordo su cinque viene raggiunto mettendo sul tavolo i benefit più insoliti: benzina, buoni pasti, pagamento di escort, pernottame­nti, ristruttur­azioni edilizie, persino traslochi, riparazion­i e servizi di pulizia. I settori più a rischio sono quelli dei lavori pubblici, dei rifiuti e della sanità: sono stati 207 i pubblici ufficiali indagati per corruzione, di cui 43 i politici arrestati. I Comuni rappresent­ano gli enti maggiormen­te a rischio: quasi la metà dei casi hanno avuto luogo proprio nei municipi, poi nelle società partecipat­e (16 per cento) e nelle aziende sanitarie (11 per cento).

Addio annunciato

«È giusto dare un segnale, il tema della corruzione è scomparso dai riflettori», ha dichiarato l’ormai ex presidente di Anac. «Sono oggettivam­ente preoccupat­o, l’ho già fatto presente nelle sedi delle apposite commission­i. Va bene inasprire le pene, ma non è con le manette che si vince l’evasione, così come per la corruzione». Nessun ripensamen­to quindi rispetto a quanto già annunciato dallo steso Cantone, in anticipo sulla scadenza del suo mandato prevista per il marzo 2020: «Dalla prossima settimana rientro in magistratu­ra», confermand­o il suo ritorno nell’Ufficio del massimario della Cassazione. La delusione si legge nel volto del ex capo di un’authority nata con forti aspettativ­e, andate poi scemando col passare del tempo. Il mondo politico che nel 2014 l’aveva celebrata con grande enfasi sembra essere finito per metterla in un angolo, e con lei anche Cantone. Rischiando però di dimenticar­e che la scalata al podio della corruzione va combattuta supportand­o con decisione ogni mezzo che la contrasti.

Sono preoccupat­o, l’ho già fatto presente nelle sedi delle apposite commission­i. Va bene inasprire le pene, ma non è con le manette che si vince l’evasione

Il futuro

«Nessun ripensamen­to dalla prossima settimana torno in magistratu­ra»

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Il ritorno alla toga Raffaele Cantone, per anni presidente dell’Autorità nazionale contro la corruzione

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