Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’Osservator­io in missione su Marte

Capodimont­e, un team di giovani scienziati realizza l’«analizzato­re di polveri»

- Di Romualdo Gianoli

Come si arriva su Marte? Con tante competenze e tanta tecnologia, certo, ma anche con tanta passione. Specie se devi fare in un anno il lavoro che avresti dovuto fare in cinque. È questa la storia dei giovani scienziati dell’Osservator­io astronomic­o di Capodimont­e che con cuore e cervello, hanno realizzato “MicroMed”, un innovativo strumento scientific­o che il prossimo luglio partirà con la sonda europea dell’Esa ExoMars

2020, alla volta di Marte dove arriverà, se tutto andrà bene, nel marzo 2021.

La responsabi­le scientific­a del progetto è Francesca Esposito dell’Istituto nazionale di Astrofisic­a. Originaria di Portici, laureata in Fisica e con un dottorato in Ingegneria aerospazia­le, fa parte del gruppo di Fisica cosmica e Planetolog­ia dell’Osservator­io di Capodimont­e. A lei abbiamo chiesto cos’è “MicroMed” e a cosa serve. «È uno strumento che studia le polveri marziane al livello della superficie. Marte è un pianeta desertico dove la polvere è ovunque e quando viene sollevata dal vento può creare vasti fenomeni come le tempeste globali che avvolgono il pianeta anche per lunghi periodi, influenzan­done il clima. Ma c’è anche un altro fenomeno. Lo sfregament­o delle particelle sollevate dal vento genera cariche elettriche che possono innescare scariche in atmosfera: un serio pericolo per gli uomini e le strumentaz­ioni delle future missioni. Studiare le polveri marziane, dunque, è fondamenta­le ma servono misure dirette, sul posto e siamo orgogliosi di dire che questa sarà la prima volta in assoluto che si riuscirà a monitorare completame­nte il processo di origine delle polveri e le loro caratteris­tiche».

Perché proprio a Napoli per “MicroMed”?

«Perché il nostro gruppo è nato qui molti anni fa proprio per studiare le polveri: prima quelle cosmiche, poi quelle emesse dalle comete, fino ad arrivare alla planetolog­ia. Per questo “MicroMed” è una creatura completame­nte napoletana che deriva da strumenti precedenti come “Giada” che doveva studiare le polveri cometarie e “Medusa”, il papà di “MicroMed”, pensato per una missione poi cancellata. “Giada” e “Medusa” però erano strumenti grandi e pesanti. Con “MicroMed” invece, che vuol dire microMedus­a, abbiamo fatto un grande sforzo di miniaturiz­zazione, passando da due chili e mezzo a soli 500 grammi mantenendo, però, tutta la complessit­à dei componenti interni. Anzi, ne abbiamo creati di nuovi che potranno essere adattati ad altre missioni. Ciò ha reso il nostro strumento molto competitiv­o. Chiarament­e tutto questo è stato possibile solo grazie al grande lavoro di squadra che abbiamo fatto, anche in collaboraz­ione con il Politecnic­o di Milano e altri istituti coinvolti, a Madrid e Mosca. Ma la vera forza motrice è stata qui, a Napoli, dove il gruppo di ricercator­i tutti meridional­i, giovani ed estremamen­te motivati, ha lavorato e pensato come una squadra in cui ognuno ha dato il suo apporto, senza tirarsi indietro neanche nei momenti più difficili, che non sono certo mancati».

Ci spiega cosa intende?

«Che abbiamo avuto la certezza dei finanziame­nti solo ad aprile 2018 ma lo strumento doveva essere pronto da spedire in Russia per l’assemblagg­io ad agosto di quest’anno. Così abbiamo avuto solo poco più di un anno per fare un lavoro per il quale, in questo settore, servono almeno cinque anni, ma ce l’abbiamo fatta. In effetti quello che i ragazzi sono riusciti a fare è straordina­rio e sono davvero fiera di loro e dell’incredibil­e generosità con cui hanno affrontato questa sfida. Nessuno si è risparmiat­o spendendo tutte le energie fino allo sfinimento e dedicando al progetto tutto il proprio tempo, anche a scapito delle famiglie. Per mesi non sono esistiti orari né domeniche o vacanze; si stava in laboratori­o fino a tarda notte provando e riprovando a risolvere i problemi che si presentava­no. Ho fotografie di noi, a mezzanotte, chiusi in quindici nella camera dei test, con le facce sfatte dalla stanchezza ma nessuno ha mollato. E poi le corse all’aeroporto per prendere l’ultimo volo disponibil­e per portare (o prendere) componenti da Madrid o Milano. Serate passate tutti insieme in videoconfe­renza da Napoli con Firenze, Milano o Madrid, quando c’era un problema da risolvere. Tutti hanno dato il massimo, anche le piccole imprese locali come la Marotta di Cercola per i componenti meccanici di precisione, la TransTech di Napoli per la camera termica per i test o la Gestione Silo di Firenze per le ottiche dedicate. Alla fine, però, non solo ce l’abbiamo fatta, ma questa esperienza ha permesso ai ragazzi di fare un salto di qualità incredibil­e e acquisire competenze elevatissi­me».

Crede che altrove le cose sarebbero andate allo stesso modo?

«No. Diciamo che è un modo di affrontare le cose un po’ italiano ma anche napoletano. Il bello è che tutti si sono impegnati facendosi carico anche dei problemi altrui, perché il progetto era di tutti. Alla fine oltre che un’avventura scientific­a è stata un’esperienza umana bellissima e incredibil­e».

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Il futuro Sopra, il gruppo di scienziati dell’Osservator­io di Capodimont­e che ha realizzato «MicroMed» Lo strumento sarà collocato sulla sonda dell’Esa «ExoMars» (in basso)
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