Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Crisi Whirlpool, sciopero generale
Il 31 ottobre si fermano i settori del terziario e dell’industria. I sindacati: sì al piano di sviluppo
La decisione era nell’aria ed è stata confermata ieri pomeriggio nel corso degli esecutivi unitari. Proclamato per giovedì 31 ottobre da Cgil, Cisl e Uil di Napoli lo sciopero generale di quattro ore dell’industria e del terziario nell’area metropolitana di Napoli per dire «No» alla chiusura della Whirlpool e «Sì» ad un piano di sviluppo.
NAPOLI
È stato proclamato per giovedì 31 ottobre da Cgil, Cisl e Uil di Napoli lo sciopero generale di quattro ore dell’industria e del terziario (saranno esclusi tutti i settori dei servizi essenziali regolati dalla legge 146/90 che parteciperanno comunque con loro delegazioni alle iniziative previste) nell’area metropolitana di Napoli per dire «No» alla chiusura della Whirlpool e «Si» ad un piano di sviluppo per Napoli e per il Mezzogiorno. Decisione già nell’aria da giorni e che è stata confermata nel corso degli esecutivi unitari tenuti ieri proprio per lanciare la mobilitazione. Il corteo partirà da piazza Mancini per raggiungere piazza del Gesù Nuovo dove è prevista la chiusura con il comizio. «La vicenda Whirlpool – sottolineano Cgil Cisl Uil di Napoli — è emblematica di un processo di deindustrializzazione che va avanti da anni e che ha visto le istituzioni inerti o impotenti. Questo processo va fermato. Non esistono ragioni industriali per giustificare il disimpegno Whirlpool da Napoli. Ogni eventuale progetto deve vedere la Whirlpool coinvolta. Il governo non può consentire che gli impegni assunti dalle multinazionali siano carta straccia. Il futuro di Napoli non esiste senza industria». «L’Area Metropolitana di Napoli – precisano i confederali — ha perso negli ultimi 10 anni circa il 40% della sua capacità produttiva industriale. Troppe le industrie già chiuse e altrettante quelle oggi alle prese con situazioni di crisi o di difficoltà produttive, a partire dalle aree di crisi complesse Torrese-Stabiese e Acerra, oppure con forti incertezze sul loro futuro. Nell’edilizia e nel terziario, soprattutto nella grande distribuzione, la crisi ha lasciato sul campo migliaia di posti di lavoro e costretto migliaia di giovani a cercare altrove il loro futuro. Napoli e la sua area metropolitana non possono tollerare ulteriori indebolimenti della loro capacità produttiva, pena il rischio concreto di una vera desertificazione industriale e della stessa tenuta sociale». «La Whirlpool – ribadiscono con forza i sindacati — deve restare a Napoli. Governo, Regione, città metropolitana e Comune mettano in campo tutto ciò che è in loro potere per garantire il rispetto degli impegni. Il governo definisca con chiarezza azioni di sostegno in termini di intervento diretto e di politica industriale sulle principali filiere produttive del Mezzogiorno». «La Regione Campania – sottolineano Cgil, Cisl e Uil — utilizzi i fondi comunitari vigenti e individui nella prossima programmazione risorse e strumenti necessari per sostenere le attività produttive del territorio. Le istituzioni locali, in primis Regione, città Metropolitana e Comune di Napoli sono state finora incapaci di fare sistema. È ora che tutto ciò finisca e che la conflittualità Istituzionale sia sostituita da un progetto organico di sviluppo della Regione di cui Napoli e la sua Area Metropolitana siano l’elemento trainante». Soddisfatti i metalmeccanici: «La lotta dei lavoratori Whirlpool – afferma Antonio Accurso, segretario generale Uilm Campania — è la lotta di tutti quelli che pretendono il rispetto degli accordi, della legalità, del proprio lavoro e del proprio futuro. Chiediamo a tutti i cittadini, gli studenti e le forze politiche di essere in piazza con noi il 31». Per il segretario generale della Fim di Napoli, Biagio Trapani «la vertenza Whirlpool non è la vertenza del solo sito, ma è la vertenza della città, lo sciopero indetto dimostra quanto la città sia stretta intorno ai lavoratori di via Argine. In piazza dimostreremo quanto sia importante normare le attività delle multinazionali nel nostro Paese». Intanto dai «palazzi» romani tutto tace. Ci si attendeva ieri sia dal Mise la convocazione di Invitalia sia da Palazzo Chigi una decisione per contrastare quella della chiusura dello stabilimento di Napoli. Per ora non pervenuti.