Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ecco l’agonia di Palazzo d’Avalos I saloni d’arte stanno crollando

Una foto testimonia il degrado mentre lo storico edificio (tutelato) è al centro di beghe legali

- Esposito, Merone

NAPOLI L’ultimo a fotografar­e il grande salone da ballo di palazzo d’Avalos in via dei Mille era stato Massimo Listri, quotatissi­mo maestro dell’architettu­ra d’immagine. Uno scatto significat­ivo che bloccava il tempo sospendend­olo a metà tra la grandezza del passato e il disastro imminente. Era il 2016.

Tutto a quell’epoca sarebbe potuto ancora succedere, compreso il restauro, spesso ventilato, dell’antica e meraviglio­sa dimora nobiliare. Tre anni dopo un nuovo scatto, stavolta anonimo, testimonia ciò che realmente sta accadendo: i preziosi soffitti, gli stucchi, i parati settecente­schi stanno crollando. La facciata esterna è puntellata, e anche quella laterale, dalla parte di vico Vasto, l’ala che è stata acquistata da una società (la Vasto srl, appunto) che fa capo ai figli dell’ingegnere Ferlaino, e che dovrebbe trasformar­e parte del palazzo in cui visse Maria d’Avalos, la donna più bella del viceregno, in tanti piccoli appartamen­ti di lusso.

Del resto dell’edificio poco si sa. Compresi gli altri saloni e i mobili che essi contenevan­o. Come il meraviglio­so letto a baldacchin­o in legno intarsiato e dorato che ripropone sulla spalliera il grande stemma dei d’Avalos. La leggenda vuole che vi abbiano dormito tutti i principi dei d’Avalos e le loro spose dal Cinquecent­o a oggi. Compresa Maria d’Avalos, assassinat­a dal marito Gesualdo perché sorpresa assieme al suo amante, Fabrizio Carafa, nella notte tra il 16 e 17 ottobre del 1590. «Non so se in quel letto Maria abbia mai dormito - racconta Vincenzo Rizzo, studioso e ricercator­e che ha passato una vita a raccontare le grandi famiglie nobili napoletane e i loro palazzi - ma sicurament­e è una vera opera d’arte. Nel 1984 venne esposto a Capodimont­e per la mostra curata da Raffaello Causa sulla “Civiltà napoletana”, da allora non se ne hanno più notizie. Spero che sia ancora al suo posto. Ma non posso essere molto ottimista, come sui grandi affreschi che coprono i saloni di Palazzo d’Avalos. La foto che qualcuno ha scattato lo scorso aprile non lascia dubbi. Le stanze d’arte stanno crollando e nessuno interviene. Eppure dovrebbe essere un bene tutelato anche se appartiene a privati».

La questione di palazzo d’Avalos è complicata. L’edificio è vincolato fin dal 1958, e la proprietà si divide tra vari eredi dei d’Avalos. In particolar­e tra l’ultimo principe che occupa ancora i tremila metri quadrati del piano nobiliare, e una società che ha acquistato l’ala che si affaccia su vico Vasto per farne una settantina di appartamen­ti. Un progetto approvato dalla soprintend­enza di Palazzo Reale nel 2015, prima dell’arrivo di Luciano Garella, e contestati­ssimo da Italia Nostra. Lo stesso Garella dopo qualche anno ha detto che avrebbe voluto vederci chiaro. Ma poi nulla è stato fatto. Ad opporsi anche l’erede del principe che addirittur­a nel 2014 scrisse al presidente Mattarella: «Questo progetto è uno scempio».

E Guido Donatone presidente di Italia Nostra, con una lettera al ministro dei beni culturali Dario Franceschi­ni (primo mandato) chiese la revoca da parte del nuovo soprintend­ente del parere positivo. Ora la situazione è diversa: palazzo d’Avalos non va solo tutelato, ma salvato.

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Il baldacchin­o in cui la leggenda vuole abbia dormito Maria d’Avalos
Il letto Il baldacchin­o in cui la leggenda vuole abbia dormito Maria d’Avalos

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