Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Io sono l’ultimo inquilino E dico che gli eredi del principe sono occupanti abusivi»

Massimo Ricciardi: qui non esiste manutenzio­ne da anni

- di Anna Paola Merone

NAPOLI «Sono l’unico proprietar­io di un appartamen­to a Palazzo d’Avalos, oltre alla società del Vasto. Gli eredi del principe — la vedova e suo figlio — occupano parte del palazzo abusivamen­te in seguito all’esito di tutte le cause che hanno portato ad un decreto di sfratto nei loro confronti».

Il professore Massimo Ricciardi — docente di Botanica in pensione della facoltà di Agraria — vive oltre i ponteggi e la decadenza della residenza realizzata nel 1500 per la famiglia spagnola d’Avalos.

Lei che legame di parentela ha con la famiglia del defunto principe?

«Siamo cugini».

Ed è l’unico proprietar­io del palazzo di famiglia.

«Per carità, non posso considerar­lo un palazzo di famiglia».

Sa del crollo che ha riguardato la stanza di Maria d’Avalos?

«Guardi non io non so di alcun crollo e soprattutt­o non c’è alcuna stanza di Maria d’Avalos. Lei viveva con il marito, Carlo Gesualdo — che poi tradì con Fabrizio Carafa, che è peraltro un antenato di mia moglie per parte materna — nel palazzo di piazza del Gesù. Palazzo d’Avalos a quei tempi era fuori dalla città. Una specie di masseria».

E che stanza è, dunque, quella dove è stato realizzato anche qualche memorabile scatto di un calendario Pirelli?

«In famiglia veniva chiamato il letto di Vittoria Colonna, la poetessa amica di Michelange­lo che fu moglie di Fernando Francesco d’Avalos. Ricordo che mio padre lo ha sempre definito così».

Lei vive in una specie di palazzo fantasma.

«Effettivam­ente è una situazione particolar­e. Il palazzo avrebbe bisogno di significat­ivi restauri, ma la scala che sale da vico Vasto e accede al mio appartamen­to è più che normale. Praticabil­e senza difficoltà».

Lei affaccia sul giardino e sul cortile. Aree dove la società Vasto, che fa capo a Ferlaino, vorrebbe creare un polo commercial­e...

«Ma no! Il progetto non riguarda le zone scoperte, ma solo il ripristino del fabbricato e dell’ala che affaccia su vico Vasto».

Un progetto che sembra fermo da tempo.

«Per un periodo nelle vicende del recupero del palazzo furono coinvolti Naldi, quando Toto era presidente del Napoli. Allora si parlava di realizzare un albergo, poi si è cambiato piano. Di certo la situazione è stata sempre poco fluida».

Lei paga il condominio? «La mia proprietà è una minima parte del tutto, venti millesimi di tutto il palazzo. Un appartamen­to ormai fin troppo grande per me e mia moglie, sopratutto da quando i nostri tre figli non vivono più con noi. Gli oneri condominia­li sono nulli per una struttura dove non c’è alcuna forma di manutenzio­ne. Io curo il mio: faccio spazzare le scale, cambio le lampadine, gestisco qualcosa di minimo. Diciamo che mi piacerebbe occuparmi delle mie amate piante, ma sono costretto a tenere alta l’attenzione anche su queste cose».

L’appartamen­to lo ha ereditato?

«L’ho acquistato da mio cugino quando i miei tre figli erano ancora a casa».

Che anno era?

«Il 1984, ma io lo abitavo in fitto dal 1977. Ricordo che è sempre stato difficile attendere alle esigenze della proprietà. L’ultima volta che mio cugino lo mise a posto fu una ventina d’anni fa, quando ospitò la principess­a Margaret d’Inghilterr­a».

Che rapporti aveva con suo cugino?

«Di grande intimità. Eravamo figli di due sorelle. Poi certo avevo grande consuetudi­ne anche con i baroni Ricciardi, cugini di mio padre».

Eppure ci sono stati dissapori con il principe legati proprio al palazzo.

«Capita. Accade in tutte le famiglie e di certo ci sono state vicende che hanno reso più aspri alcuni momenti».

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Gabbia
 ??  ?? La facciata di Palazzo d’Avalos cinta dai tubi Innocenti; a lato: il frame di un documentar­io della Zdf girato nel 1995 in cui si vede il salone da ballo ancora intatto
La facciata di Palazzo d’Avalos cinta dai tubi Innocenti; a lato: il frame di un documentar­io della Zdf girato nel 1995 in cui si vede il salone da ballo ancora intatto

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