Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ferraro e la filosofia contro le false verità

- Di Luca Signorini

Il vero artista non sa ripetere la sua opera, non gli riesce, non lo sa fare. Il non artista fa, ripete, riproduce, l’artista si dà. Non gli si può nemmeno chiedere come si fa quello che mette in opera. Non lo sa spiegare. E così il bene. Il bene non si fa, il bene si dà.

Non si può raccontare in poche righe Nostalgia del desiderio, la filosofia che nasce a Napoli, di Giuseppe Ferraro (Castelvecc­hi), ma posso dire con sicurezza che il libro lo sento. Ricordo quando, studiando il violoncell­o, mi resi conto che sarebbe stato impossibil­e ripetere una ottima esecuzione, bisognava inventarla ex novo ogni volta e sempre mettendoci l’anima, perché donarsi era la cosa più importante. Come violoncell­ista mi sento a volte schiacciat­o dal mio tanto bello quanto specialist­ico lavoro, ma dalla barbarie dello specialism­o, come definì Ortega la divisione infausta dei saperi, libri come questo mi salvano. C’è una grande e composta erudizione, mai saccente, mai pedante. Le passioni si hanno, le emozioni si danno, i sentimenti si educano, ripete più volte, con insistenza poetica e pedagogica Giuseppe Ferraro. Lo ripete forse perché soffre dell’isterilirs­i della cura dei sentimenti, sentimenti che si educano con le buone letture, risorsa cui si attinge sempre meno.

Consiglier­ei questo libro a tutti gli studenti liceali e universita­ri, ovunque si trovino, qualunque disciplina stiano affrontand­o. So che molti di questi studenti amano Napoli, ma so anche che molti non la amano. Essi non amano ciò che non conoscono, ossimoro sentimenta­le specchio di un’epoca nella quale i social, da strumento comunicati­vo planetario si sono trasformat­i in amplificat­ori di luoghi comuni e rappresent­azioni false della realtà. È necessario un libro come questo, un maglio da abbattere su tante false verità per instillare il sacro potere del dubbio. Il dubbio si abbatte su di noi come una calamità; altro che sceglierlo: vi precipitia­mo dentro diceva Emil Cioran.

Non scomodiamo le italiche teppaglie (peraltro composte in buona parte da profession­isti padri di famiglia) che impregnate di pregiudizi antimeridi­onali insozzano con slogans che conosciamo curve e tribune degli stadi di calcio o altre occasioni cosiddette comunitari­e. Lì c’è poco da fare, nessun libro può far breccia. Facciamo precipitar­e invece nel dubbio cervelli più freschi, più elastici, più scattanti, diamo loro Nostalgia del desiderio, un nutrimento filosofico che scaturisce da Napoli, città che dovrebbe far inorgoglir­e ogni italiano per la ricchezza che è capace di esprimere intrinseca­mente e far esprimere a chi la vive. Abbattiamo su di loro la calamità dell’uscire dal torpore di un’ignoranza che alimenta i luoghi comuni e facciamogl­i riscoprire i sentimenti, perché essi possano evolversi.

Rendiamo partecipi questi giovani della carnalità che i napoletani danno al sentire, quella carnalità che ha un rimando antico che riflette un tempo diverso e una diversa relazione, altri legami, altri rapporti di forza che rimbalzano in una lingua che fa di ogni parola una metafora.

Repliche Il vero artista non sa ripetere la sua opera, non gli riesce, non lo sa fare. Il non artista fa, ripete, riproduce, l’artista si dà

Facciamoli volare da Pino Daniele a De André, da Croce a Goethe, da Vico a Masullo, a Descartes, a Kant, da Leopardi alla scuola della Filosofia fuori le mura, dove “fuori le mura” non è solo un’indicazion­e extraurban­a ma un metodo, una maniera di stare insieme.

Spieghiamo a questi ragazzi che Napoli è scoperta quotidiana, così come il bene, il darsi, così come un’esecuzione musicale mai uguale a sé stessa ma sempre vissuta e donata.

A Napoli il tempo è diverso. In ogni pietra che vediamo a Napoli c’è tanta di quella vita da poter riempire una di quelle città opulente, ipermodern­e e iperattive quanto vuote di tutto. Non c’è portone o largo che non parli e racconti. Napoli è ricchezza estetica e pensante, in un brulicare di vite passate e presenti che sono musica, suono, origine d’ogni cosa: la musica è la filosofia più grande, la filosofia è la musica più grande. Lo disse Socrate, lo aveva sempre pensato, ce lo ricorda l’autore.

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La copertina del libro di Giuseppe Ferraro (edizioni Castelvecc­hi)

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