Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Nel Meridiano un corpus di opere (per la prima volta) in forma non frammentaria
I «testi dietro i testi» e le allegorie come cifra dello scrittore oggi pubblicato in Meridiano
Nel 2014 il convegno italo-polacco «Dall’Europa illegale all’Europa Unita» rappresentò la prima messa a punto, in una naturale dimensione comparatistica, del discorso critico sulla figura e l’opera di Gustaw Herling grande scrittore europeo, tra i massimi del secondo Novecento.
In questa definizione esatta, si vuole dire non rituale, ora una soglia decisiva, forse un vero e proprio avvento nel lungo viaggio testuale dei suoi scritti, si deve considerare il Meridiano a lui consacrato e appena giunto tra le mani dei lettori, nuovi ed antichi. Il sovratitolo molto felice e calzante, Etica e letteratura, rivela subito il particolare vantaggio della conversione editoriale al format canonico della celebre collana diretta da Renata Colorni: un corpus omogeneo ed organico per la prima volta riconoscibile, sottratto ad una circolazione frammentaria e tale da restituire in modo lampante la struttura complessiva, centripeta, di una ricerca realizzata in più di mezzo secolo. Grazie alla cura efficace e discreta, con apparati ineccepibili, di K. Jaworska, il libro dispiega in duemila pagine la parabola esemplare di uno «scrittore dell’emigrazione», il cui atto di nascita è fuori della patria, in una traversata senza frontiere, dal Gulag di Ercevo alla Palestina e alla battaglia di Cassino, da Londra a Monaco, da Parigi a Napoli, infine. Ci si fa innanzi un «pellegrino e straniero» e testimone veggente del suo tempo che è ancora il nostro; narratore di racconti dove la storia e il passato diventano mistero da decifrare ed esotico da abitare, e inventore di forme letterarie speciali, di non-generi adeguati alla peculiare visione dell’autore, antimoderna e non conforme alle opinioni ricevute, anche nell’Italia dove si rifugia e trova un habitat, anzi «una tana». Ed emerge evidentissimo dal Meridiano un diarismo totalizzante che nella stessa pagina stringe insieme registrazione e invenzione, commento e fabula, memorialismo e interpretazione dei sogni, e che è, semplicemente, scrittura-come-vita, flusso di una coscienza critica e letteraria altissima, quasi fisiologicamente innervata. Questa costeggia di giorno in giorno il dipanarsi della cosiddetta contemporaneità, negli eventi come nei libri, si manifesta nell’auscultazione dell’epoca, si staglia, per compensarlo e nutrirlo, sul silenzio di un non-detto, che riguarda l’identità profonda: l’origine ebraica di uno scrittore cristiano. Generata da due testi-matrice scritti negli stessi anni, cioè il romanzo di formazione nel Gulag, Un mondo a parte, e il racconto che inaugura nella propria scrittura l’ombra lunga di Croce, Villa Tritone, l’opera ininterrotta del Diario scritto di notte (8 volumi) intesse dunque per un trentennio, dal 1970 al 2000, le ragioni della verità, della libertà, della letteratura, intorno ad un nucleo segreto. La profondità è in superficie, lo sappiamo. Su questo punto si devono al maggiore critico di Herling, W. Bolecki, alcune osservazioni essenziali, di carattere linguistico, in parte riprese nella incisiva introduzione al volume. La questione è: lo scrittore Herling in quale lingua, se così si puo dire, «accade»? In una lingua salvata che è la sua vera patria ed è in assoluto la sua lingua propria, aperta alle parole ed ai significati delle culture che attraversa, in particolare della cultura italiana, amata, studiata, percorsa a piedi nei luoghi e paesaggi. Questi testi – aveva notato il critico a proposito delle pagine narrative e saggistiche – sono così immersi nella cultura italiana che a volte danno l’impressione di essere stati tradotti dall’italiano in polacco! Nel saggio che introduce il Meridiano Bolecki interviene sul dato più determinante, che collega la sottaciuta genealogia familiare col motivo testuale del silenzio. Si tratta di un tema inespresso, tranne che in qualche dichiarazione dello scrittore, quando ricorda di essere stato «malato di silenzio, come tutti i sopravvissuti al Gulag». Piuttosto è un sottofondo diffuso, è l’origine assente che dà ordine e senso a ciò che continuamente riaffiora, temi, consonanze e forme della scrittura: c’è la «mente prigioniera» e il perenne dialogo sul Male, c’è la diffidenza per la letteratura che sfoggia l’autobiografismo (come se l’io non fosse un mito della cattiva infinità), e invece la fede costante nella letteratura come responsabilità morale. Herling afferma inoltre il principio della intangibilità e limitata dicibilità dell’essere umano, che ne fa uno scrittore naturalmente “classico”: «Da molto tempo sono dell’opinione (sempre più ignorata e addirittura schernita in tutto il mondo, sia nella letteratura sia sui giornali, sia sulle riviste e alla televisione) che esiste un limite invalicabile riguardo a ciò che gli uomini possono dire sugli uomini». E vige sempre al centro della sua riflessione il problema del rapporto che si instaura, dopo Auschwitz, fra testimonianza e letterarietà, fra cancellazione della memoria e desiderio di passato.
Ha origine dal complesso mondo del silenzio, «mondo a parte» quant’altri mai, la stessa «filosofia della citazione» che costituisce la cifra profonda di questo scrittore il quale ci ha offerto testi-dietro-i-testi, racconti dotati di un doppio fondo, allegorie, apologhi in forma di cronaca. E questo – egli dice – perché la Storia lascia aloni e tracce che valgono come messaggi impliciti, scritti da una mano invisibile e da interpretare e reinvestire in altre storie. La radice biografica della speciale pronuncia letteraria di Herling, indurrebbe allora a riconoscerla nello scrivere e fare intendere «tra le righe», secondo la celebre formula
Il ricordo
Goffredo Fofi racconta nel volume la storia della sua amicizia con lo scrittore polacco
di Leo Strauss, che stabiliva un nesso fra persecuzione e arte di scrivere. Si deve aggiungere che nel Meridiano, insieme col ricordo bello e vero dovuto a Goffredo Fofi, Herling a Napoli, va accolto come dono prezioso la densa e analitica Cronologia messa a punto dalla figlia Marta, sulla trama di carte private e di testimonianze edite e inedite. Ne risulta un caravaggesco itinerario di ombre più che di luci, il romanzo di un uomo del Novecento, di grande suggestione narrativa e storica.