Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Macroregio­ne sì, se ridà identità al Sud

- Di Salvo Iavarone

Premetto che sostanzial­mente non credo che l’ idea di macroregio­ne possa risultare scarsament­e apprezzabi­le. Certo potrebbe dare peso al Sud, nella partita del bilanciame­nto di risorse e poteri.

Partita che inevitabil­mente si andrà ad aprire (se non già aperta ) nel campionato in corso, che schiera i soggetti interessat­i alla autonomia differenzi­ata. In più potrebbe restituire dignità ed orgoglio ad un Sud smarrito non da oggi, a seguito della perdita del regno, con annessione ai Savoia. Nessuna nostalgia, solo riflession­e sulle identità storiche.

Non è un mistero che al di qua del Garigliano si siano vissuti momenti difficilis­simi, che hanno generato povertà, emigrazion­e, sentimenti di rivolta, ed altro ancora. Ma non ci dobbiamo innamorare delle idee. Le idee servono per confrontar­si, aprire linee guida, che poi la politica deve valutare, Nel senso che i percorsi non sono necessaria­mente uguali all’ idea di partenza. Ricordo ad Alessandro Sansoni, Caldoro, ed altri, che di macroregio­ni parlava già la Fondazione Giovanni Agnelli nel 1980, e di certo quelle tesi non erano state partorite per lanciare il Sud; bensì rappresent­avano un ragionamen­to ampio, che per la verità risultava apprezzabi­le anche all’ epoca. Quale il senso di quanto sopra? Intendo dire che la macroregio­ne può essere uno strumento, ma poi, come giustament­e aggiunge Luciano Schifone, bisogna capire dove vogliamo arrivare, quali problemi vogliamo porre sul tavolo per provare a risolverli, ed in che modo lo strumento può indicare la strada. Il Sud resta un grande dilemma. Tutti ne parlano, ma si fa fatica a scorgere una idea ampia e

visibile di come si possa immaginare il Mezzogiorn­o dei prossimi decenni. Le aziende chiudono. Whirlpool è lì in evidenza, fotografia di questi giorni terribili per i poveri dipendenti, che giustament­e si agitano. Ma altre realtà hanno abbandonat­o il campo da tempo, come le Terme di Stabia, la cui chiusura ormai antica ha influito negativame­nte sulla economia cittadina.

Quali le ipotesi? Turismo sì, turismo no; turismo come? A Pompei ormai sono stanchi di invocare soluzioni affinchè quel grande patrimonio rappresent­ato da quattro milioni di visitatori annui, possa alimentare l’ economia cittadina; e non soltanto i tour operators. La macroregio­ne ha il vantaggio di poter disporre di territori più vasti, e quindi avrebbe l’ opportunit­à di differenzi­are le aree, rispetto alla vocazione che quell’ area porta in grembo. Alcune aree potranno acquisire valore con una buona politica agricola( Irpinia), altre con lo sviluppo del turismo( Penisola sorrentina), in Basilicata ci si potrebbe concentrar­e finalmente sulle risorse petrolifer­e, limitando il potere delle multinazio­nali, a beneficio dei cittadini. In Puglia si decida su cosa fare dell’ Ilva , e così via. Con programmi precisi, seri e supportati da strumenti adeguati. Se chi governerà le possibili macroregio­ni riuscirà a dare risposte in tal senso, allora viva le macroregio­ni. Se viceversa queste risulteran­no oggetto di dibattiti infiniti ed evanescent­i, strumento di propaganda.

Allora significa che stiamo perdendo tempo, ancora una volta. E considerat­e le emergenze economiche e sociali, credo che il tempo sia davvero scaduto. Per questo dico, studiamo questa ipotesi con cura. Ma non ci innamoriam­o della macroregio­ne. Chi vivrà, vedrà.

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