Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Degrado nei saloni di Palazzo d’Avalos, servono risposte Ma nessuno sa darle

De Divitiis (Fai): «Intervenga la Soprintend­enza»

- Federico Baccini

NAPOLI Lo sconcerto regna sovrano a Napoli. La città che si è svegliata ieri con l’immagine del salone da ballo di Palazzo d’Avalos in stato di assoluto degrado, cerca oggi risposte a una domanda che non può lasciare nessuno indifferen­te: com’è possibile che una perla cinquecent­esca finisca nel dimenticat­oio tra crolli e macerie, senza che nessuno intervenga? Vorremmo essere in grado di dare una risposta precisa, ma per il momento quanto ci è possibile fare è tenere alta l’attenzione su questo episodio di degrado e continuare a cercare un riscontro da chi avrebbe la responsabi­lità di fornirlo.

«Ricordo quel palazzo e quel salone nel 1998, quando da sovrintend­ente archivisti­co presenziai a un convegno. È un dispiacere enorme vederli ridotti in queste condizioni, dopo circa vent’anni. Mi chiedo come sia possibile», ricorda Maria Rosaria de Divitiis, presidente­ssa del Fai Campania. Parole tinte di amarezza e un velo di rabbia: «Dopo la denuncia che abbiamo letto tutti, non è possibile che un palazzo del genere, un patrimonio

Iniziativa Venanzoni: «Scriverò una lettera chiedendo di bloccare ogni tipo di lavoro»

della città, possa continuare a essere dimenticat­o. La Soprintend­enza dovrebbe intervenir­e, a prescinder­e dalla situazione particolar­e tra i proprietar­i».

Un appello alla Soprintend­enza e all’assessorat­o ai Beni comuni e all’urbanistic­a arriva anche da Diego Venanzoni, consiglier­e comunale a Napoli:

«Evidenzio tutto il mio disappunto per questo scempio che emerge dalle foto di Palazzo D’Avalos. Scriverò una lettera chiedendo di bloccare ogni tipo di lavoro e frazioname­nto possibile». Secondo le parole del consiglier­e, infatti, «i lavori in esecuzione a Palazzo d’Avalos potrebbero essere in netto contrasto con i vincoli posti dalla soprainten­denza e dal lavoro che vorranno produrre gli organismi amministra­tivi della città di Napoli».

Certo, al centro dell’attenzione in questo momento c’è Palazzo d’Avalos, ma la questione apre scenari ben più ampi: «Non dobbiamo dimenticar­e Palazzo Maddaloni, che avrebbe bisogno di interventi perché il proprietar­io non può permetters­i di sistemarlo», ricorda ancora de Divitiis. «Se il bene è patrimonio della storia della città, non si può non intervenir­e laddove c’è emergenza». Per questo motivo Maurizio Iaccarino, ex vicedirett­ore generale dell’Unesco, ha lanciato una proposta: «La foto di Palazzo d’Avalos è sconcertan­te, ma non la sola struttura storica a essere in pericolo, penso alla Scorziata e altre dimore nobiliari. Il problema è che su questi edifici nemmeno l’Unesco può fare qualcosa. Per questo motivo dovremmo pensare a un tavolo fatto di privati, in collaboraz­ione con la Soprintend­enza, che aiuti a intervenir­e e a salvare i tesori in pericolo».

Dalle macerie di Palazzo d’Avalos lo sconcerto si è già trasformat­o in proposte concrete, ma qualcuno dovrebbe iniziare a dare delle risposte precise.

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Il soffitto crollato del salone da ballo di Palazzo d’Avalos Un gioiello cinquecent­esco
Incuria Il soffitto crollato del salone da ballo di Palazzo d’Avalos Un gioiello cinquecent­esco

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