Corriere del Mezzogiorno (Campania)
CHE ERRORE SMOBILITARE LA «RICERCA»
Introducendo gli Stati generali della cultura promossi dalla Regione Campania il presidente Vincenzo De Luca ha doverosamente e meritoriamente esposto un lungo elenco di interventi realizzati. Interventi in molte direzioni e a favore di innumerevoli realtà. Elenco che consentirebbe all’opinione pubblica di distinguere nella politica e tra le diverse istituzioni, come orgogliosamente De Luca rivendica, chiedendo che venga riconosciuto l’impegno regionale. Una molteplicità d’interventi per i quali un’ampia parte della nostra cultura e più in generale l’intera società indubbiamente si giova. Una sorta di bilancio di fine mandato in campo culturale. In più poi lo svolgimento dei tavoli tematici con i moltissimi contributi ha arricchito indubbiamente il quadro generale delle possibilità d’azione.
A fianco resta lecito, però, chiedersi quanto è stato fatto a sostegno della cultura di governo dell’istituzione regionale per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. E quanto si dovrebbe fare per sostenere le politiche di sviluppo con un arricchimento costante della conoscenza delle trasformazioni prodotte dalla stessa istituzione e della sua condivisione. Domanda che su queste colonne abbiamo già posto più volte e su cui forse non è inutile tornare.
È una domanda che si riferisce all’attuale debolezza dell’istituto regionale nel settore della conoscenza (e della sua condivisione) necessaria per lo sviluppo del territorio campano. Una debolezza che è il frutto del processo di smobilitazione, avvenuto negli anni, delle strutture regionali utili anche alla realizzazione dei progetti cofinanziati dallo Stato e dalla Commissione Europea.
Basta richiamare alla memoria l’Isve (Istituto di Studi per lo sviluppo economico) creato nel 1983 e messo in liquidazione nel 2013, nell’ambito dei processi di riorganizzazione e razionalizzazione della spesa dell’amministrazione regionale campana. Ma anche Campania Innovazione Spa, Agenzia Regionale per la promozione della Ricerca e dell’Innovazione della regione Campania istituita nel 2011 e messa in liquidazione nel dicembre 2013 per volontà del socio Regione Campania.
Una situazione che contrasta con la fattiva presenza degli istituti di ricerca in campo economico, sociale e territoriale di molte altre Regioni italiane. Senza riandare agli storici Ilses e Ires della Lombardia e del Piemonte per fermarsi a oggi, non è possibile non ricordare che in Lombardia è attivo Polis-Lombardia, istituto regionale per il supporto alle politiche della Lombardia istituito il 1° gennaio 2018 dall’accorpamento di Arifelagenzia regionale per l’istruzione, formazione e lavoro in Éupolis Lombardia - Istituto Superiore per la ricerca, statistica e la formazione (69 dipendenti, 1.161 esperti coinvolti e un’attività di ricerca e supporto tecnico scientifico nel 2015 con un bilancio complessivo di oltre 14 milioni di euro). Istituto volto a migliorare l’efficacia dell’azione amministrativa regionale nel mercato del lavoro, nella ricerca e nella formazione. Ma anche l’Irpet in Toscana dal 1974, l’Ipres in Puglia dal 1968.
Viene da domandarsi se di fronte alle difficoltà che incontra lo sviluppo economico e territoriale nella nostra regione, alla difficoltà a utilizzare a pieno i fondi europei, il confronto con il quadro dell’attività di ricerca a sostegno delle politiche di sviluppo nelle altre regioni non suggerisca nulla.
E questo, pensando anche all’opportunità di meglio utilizzare le informazioni e conoscenze disperse nella stessa struttura regionale. Puntando fortemente sulla loro condivisione, per effetto di una comunicazione che consenta di meglio sostenere le politiche che si vanno a promuovere, di conoscere la causa dei fenomeni in essere e gli effetti delle azioni promosse.
Materia non trascurabile per orientare adeguatamente le grandi trasformazioni territoriali, economiche e sociali, da Bagnoli (a partire dalla molteplicità dei dati sull’inquinamento), ai masterplan del piano paesaggistico, alle Zes.