Corriere del Mezzogiorno (Campania)
In cella a 85 anni «’o stregone» di Sant’Erasmo
Carmine Montescuro era il mediatore dei clan: finisce in cella a 85 anni
Per i pm era il mediatore dei clan. Come ’O stregone della fiction Gomorra (foto). Lui, Carmine Montescuro, 85 anni suonati (nel riquadro) è finito in cella.
È nato il 5 luglio del 1934: cinque giorni dopo la «notte dei lunghi coltelli», quattro mesi prima che Luigi Pirandello ricevesse il Nobel per la letteratura. Carmine Montescuro, boss della zona di Sant’Erasmo, da ieri è in una cella del carcere di Secondigliano. Nonostante abbia 85 anni, infatti, per il gip che ne ha disposto l’arresto «sussistono eccezionali esigenze cautelari di intensità così elevata e straordinaria da rendere inadeguata ogni altra misura meno afflittiva». Cos’abbia fatto di tanto grave Carmine, che gli amici chiamano «zi’ Munuzzo», è presto detto: per decenni, rimanendo nell’ombra, ha mediato tra i due cartelli criminali che si dividono la città, l’Alleanza di Secondigliano e i Mazzarella. Per decenni ha rastrellati i soldi delle tangenti (anche quelle imposte alle ditte impegnate nei cantieri di via Marina) e li ha poi distribuiti tra i vari gruppi, a seconda della loro importanza, trattenendo ovviamente una quota per sé.
Come il sindaco del rione Sanità di Eduardo, come ’o
stregone di «Gomorra», ha fatto da mediatore e paciere, sanato fratture e ricomposto liti, evitato omicidi e riparato a torti. Ci è riuscito, hanno spiegato in conferenza stampa il procuratore, Giovanni Melillo, e l’aggiunto Giuseppe Borrelli, grazie al suo carisma, alla sua autorevolezza, alla sua — perché no — sapienza.
Il gip Alessandra Ferrigno (che ha recepito in toto le valutazioni dei pm Antonella Fratello e Henry John Woodcock) nella ponderosa ordinanza di 1192 pagine lo definisce «diplomatico della camorra». I collaboratori di giustizia, invece, descrivono le palazzine della zona di Sant’Erasmo, da lui controllate senza clamore e senza esibizione di violenza, «la piccola Svizzera».
Oltre a lui sono 21 le persone arrestate dalla squadra mobile, tra cui un figlio e un nipote; viene loro contestata in particolare una lunga serie di estorsioni, incluse quelle a una cooperativa di ex detenuti e alle imprese impegnate nella bonifica degli ex impianti Q8 della periferia orientale. Solo tentata, invece l’estorsione a un notaio, rimasta a livello di progetto quella al vivaio che ha fornito le palme piantate lungo via Marina. La pressione delle cosche sugli imprenditori negli ultimi mesi è stata tale che molti hanno preferito rinunziare agli appalti: secondo uno di loro, Carmine Campanile, «il cantiere di via Marina non avrebbe mai ripreso le attività, perché le pretese estorsive dei clan avevano ormai strozzato le imprese».
Carmine Montescuro, scrive il gip, «è il leader e perno indiscusso dell’omonimo clan, gestito in modo patriarcale: nel senso che qualsivoglia decisione viene sempre e comunque presa da lui. Oltre ad essere il capo indiscusso del suo clan, ha assolto praticamente da sempre e tuttora assolve il ruolo di paciere e di mediatore in relazione a tutti gli affari illeciti gestiti dai clan camorristici campani; forse è ad oggi, anche per l’avanzata età, in tutti i casi in cui si determinano dissidi e contrasti tra i clan, l’unico in territorio campano in grado, in ragione del suo carisma e per il suo spessore criminale, di svolgere il ruolo di diplomatico della camorra».
Non solo: «Carmine Montescuro è stato mandante e partecipe in prima persona anche di azioni pesantemente intimidatorie. Ed infine si è dimostrata l’esistenza di una saldissima rete di contatti, anche al di là dei contesti più strettamente camorristici, di cui dispone l’indagato: contatti che, ad avviso di questo giudice, sono il suo elemento di forza e ne potenziano vieppiù la pericolosità».
Oltre alle estorsioni, il gruppo di Carmine Montescuro ricava denaro dall’usura: spesso pochi soldi prestati a casalinghe e pensionati, quella che viene chiamata «usura porta a porta». «Il gruppo criminale — si legge ancora nell’ordinanza — mutua dalle organizzazioni di stampo camorristico schemi e modalità operative, con imposizioni di attività estorsive, ma anche di diffusa e capillare attività di usura, oltre che capacità di reimpiego di illeciti proventi, idonei a garantire in via esclusiva il controllo del territorio».
Non deve essere stato facile, per zi’ Munuzzo, mantenere per tanto tempo il suo ruolo: «Come personaggio di notevole carisma personale e criminale — scrive ancora il giudice — è stato capace di affermare e mantenere nel tempo, a dispetto dei mutamenti degli equilibri nel contesto geocriminale locale, un peculiare ruolo di paciere e mediatore tra consorterie camorristiche in contrasto tra loro». A volte, per raggiungere l’obiettivo, gli bastava un regalo da poco: come quando consegnò una collanina d’oro a Ciro Sarno, boss dell’omonimo clan, per ricomporre una diatriba sorta con il clan Formicola, ritenuto responsabile dell’omicidio di un suo affiliato.
Il gip
«Esistono eccezionali esigenze cautelari» perciò è in carcere nonostante l’età avanzata
Appalti Pressioni sulle imprese che avevano ottenuto i lavori In via Marina