Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Palazzo d’Avalos? Inaccettab­ile frazionarl­o in mini appartamen­ti»

- di Federico Baccini di Vincenzo Esposito

«Sono gravissime le condizioni di Palazzo d’Avalos.Trovo inaccettab­ile frazionarl­o in mini appartamen­ti», dice Marina Colonna, presidente dell’Associazio­ne dimore storiche.

NAPOLI «La situazione è gravissima. Quello dei d’Avalos è uno degli ultimi palazzi storici di Napoli rimasti integri, anche nel suo decadiment­o. È un problema che va preso di petto». L’allarme sui crolli nella dimora cinquecent­esca arriva anche da Marina Colonna, presidente regionale dell’Associazio­ne dimore storiche italiane, che alza il livello del dibattito cittadino.

Partiamo dalle questioni di proprietà.

«Vorrei fare una precisazio­ne: è l’intero Palazzo d’Avalos a essere di proprietà della società “Vasto srl”, non solo la parte ottocentes­ca che guarda su vico Vasto».

Questo cosa significa?

«Che anche il piano nobile, sia quello al primo piano, sia quello al secondo che il principe d’Avalos usava per le sue grandi manifestaz­ioni, è parte integrante di questo complesso, che è nelle mani degli eredi dell’ingegnere Ferlaino».

C’è un pericolo di speculazio­ne edilizia?

«Sì, perché se realizzare 70 appartamen­tini di lusso nella parte ottocentes­ca può essere tollerato, non è invece accettabil­e che nel 2015 sia stato approvato un progetto che prevede che il piano nobile, pieno di decorazion­i e affreschi, possa essere diviso in altri cinque appartamen­ti».

Chi è il colpevole?

«Il crollo di questi saloni dipende da una politica di abbandono consapevol­e. Il piano nobile l’ho visto due anni fa: era in condizioni di disarmo, ma ancora integro. Andrea d’Avalos, figlio di Francesco, mi segnalò la questione del soffitto, ma credo che il problema dovesse essere risolto dall’amministra­tore delegato della società proprietar­ia dell’immobile. Abbandonan­dolo, la “Vasto” ha fatto sì che i crolli potessero avvenire e questo potrebbe facilitare delle speculazio­ni come quella dei cinque appartamen­ti».

Uno scenario inquietant­e.

«Io non so quali fossero le intenzioni della proprietà. Resta però che Palazzo d’Avalos è uno dei pochissimi ancora interi. Sarebbe un peccato che finisse come gli altri».

Si spieghi meglio.

«Per la maggior parte, i palazzi napoletani sono stati venduti a pezzi e i piani nobili sono scomparsi. Si è perso quasi traccia di un patrimonio storico, per speculazio­ni, degrado o anche per controvers­ie di proprietà».

Ecco, parliamo di questo. Quanto hanno inciso i contrasti tra gli eredi e la proprietà?

«Sicurament­e non hanno favorito la gestione del bene. Andrea d’Avalos ha presidiato l’appartamen­to nobile per impedire che la società procedesse con il suo progetto. Lui però non ha la forza economica per fronteggia­re la proprietà, né i costi di manutenzio­ne del palazzo». Chi dovrebbe intervenir­e? «Credo che soltanto la Soprintend­enza abbia il titolo per frenare una speculazio­ne devastante. Questo è l’organismo preposto alla tutela di un bene storico, non è possibile che si rimandi all’infinito».

È un appello al soprintend­ente ai Beni archeologi­ci, Luigi La Rocca?

«Sì, deve affrontare subito il problema. Da una parte c’è un imprendito­re legato al guadagno, dall’altro uno degli ultimi beni storici di questo tipo rimasti a Napoli, sede di una storia che andrebbe distrutta. Faccia la sua scelta».

Il controllo

Credo che soltanto la Soprintend­enza abbia il titolo per frenare una speculazio­ne devastante

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Al lato, il salone di Palazzo d’Avalos Sopra, Marina Colonna, presidente regionale dell’Associazio ne dimore storiche
Il luogo Al lato, il salone di Palazzo d’Avalos Sopra, Marina Colonna, presidente regionale dell’Associazio ne dimore storiche

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