Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Palazzo d’Avalos? Inaccettabile frazionarlo in mini appartamenti»
«Sono gravissime le condizioni di Palazzo d’Avalos.Trovo inaccettabile frazionarlo in mini appartamenti», dice Marina Colonna, presidente dell’Associazione dimore storiche.
NAPOLI «La situazione è gravissima. Quello dei d’Avalos è uno degli ultimi palazzi storici di Napoli rimasti integri, anche nel suo decadimento. È un problema che va preso di petto». L’allarme sui crolli nella dimora cinquecentesca arriva anche da Marina Colonna, presidente regionale dell’Associazione dimore storiche italiane, che alza il livello del dibattito cittadino.
Partiamo dalle questioni di proprietà.
«Vorrei fare una precisazione: è l’intero Palazzo d’Avalos a essere di proprietà della società “Vasto srl”, non solo la parte ottocentesca che guarda su vico Vasto».
Questo cosa significa?
«Che anche il piano nobile, sia quello al primo piano, sia quello al secondo che il principe d’Avalos usava per le sue grandi manifestazioni, è parte integrante di questo complesso, che è nelle mani degli eredi dell’ingegnere Ferlaino».
C’è un pericolo di speculazione edilizia?
«Sì, perché se realizzare 70 appartamentini di lusso nella parte ottocentesca può essere tollerato, non è invece accettabile che nel 2015 sia stato approvato un progetto che prevede che il piano nobile, pieno di decorazioni e affreschi, possa essere diviso in altri cinque appartamenti».
Chi è il colpevole?
«Il crollo di questi saloni dipende da una politica di abbandono consapevole. Il piano nobile l’ho visto due anni fa: era in condizioni di disarmo, ma ancora integro. Andrea d’Avalos, figlio di Francesco, mi segnalò la questione del soffitto, ma credo che il problema dovesse essere risolto dall’amministratore delegato della società proprietaria dell’immobile. Abbandonandolo, la “Vasto” ha fatto sì che i crolli potessero avvenire e questo potrebbe facilitare delle speculazioni come quella dei cinque appartamenti».
Uno scenario inquietante.
«Io non so quali fossero le intenzioni della proprietà. Resta però che Palazzo d’Avalos è uno dei pochissimi ancora interi. Sarebbe un peccato che finisse come gli altri».
Si spieghi meglio.
«Per la maggior parte, i palazzi napoletani sono stati venduti a pezzi e i piani nobili sono scomparsi. Si è perso quasi traccia di un patrimonio storico, per speculazioni, degrado o anche per controversie di proprietà».
Ecco, parliamo di questo. Quanto hanno inciso i contrasti tra gli eredi e la proprietà?
«Sicuramente non hanno favorito la gestione del bene. Andrea d’Avalos ha presidiato l’appartamento nobile per impedire che la società procedesse con il suo progetto. Lui però non ha la forza economica per fronteggiare la proprietà, né i costi di manutenzione del palazzo». Chi dovrebbe intervenire? «Credo che soltanto la Soprintendenza abbia il titolo per frenare una speculazione devastante. Questo è l’organismo preposto alla tutela di un bene storico, non è possibile che si rimandi all’infinito».
È un appello al soprintendente ai Beni archeologici, Luigi La Rocca?
«Sì, deve affrontare subito il problema. Da una parte c’è un imprenditore legato al guadagno, dall’altro uno degli ultimi beni storici di questo tipo rimasti a Napoli, sede di una storia che andrebbe distrutta. Faccia la sua scelta».
”
Il controllo
Credo che soltanto la Soprintendenza abbia il titolo per frenare una speculazione devastante