Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Palazzo Fondi è un modello virtuoso (da non cancellare)»
Mazzarelli («Urban value»): la città ha avuto fiducia in noi
«Palazzo Fondi è un modello virtuoso di rigenerazione urbana». Tanto che non deve essere cancellato, afferma Simone Mazzarelli di Urban value.
«Certamente proseguiremo la nostra esperienza a Napoli. La città ha risposto molto bene, ma non rimarremo necessariamente a Palazzo Fondi». Simone Mazzarelli, amministratore delegato di “Urban value”, società privata che dal 13 marzo 2018 gestisce in via Medina lo storico edificio vanvitelliano trasformato ed esploso come distretto culturale, presente all’inaugurazione della mostra di Salvador Dalì, conferma che l’esperienza di rigenerazione urbana avrà inevitabilmente un termine.
Data che oggi nel contratto con il Demanio, proprietario di Palazzo Fondi, è fissato ad aprile 2020. La concessione, già prolungata di sei mesi rispetto agli accordi iniziali, potrebbe comunque essere rinnovata anche se la destinazione finale dell’edificio sarà la sede Agcom in quanto l’Agenzia per le Garanzie nelle comunicazioni ha firmato a sua volta un contratto con il Demanio.
Dottor Mazzarelli, l’esperienza di Palazzo Fondi si avvia dunque a conclusione?
«Assolutamente no. La società “Urban value” interviene temporaneamente su edifici pubblici abbandonati per riportarli in vita, ma le nostre non sono destinazioni d’uso definitive. Ogni incubatore è, insomma, a termine, ma sia il Demanio sia il Comune hanno altri spazi in cui potremo trasferire questa esperienza-pilota per Napoli che a Roma è già in fase avanzata».
Può spiegare la mission aziendale?
«“Urban value” è un progetto di rigenerazione urbana temporaneo che agisce durante il periodo che precede la trasformazione definitiva degli immobili. In questo caso abbiamo l’ingresso di Agcom che assieme al Demanio furono nostri sostenitori e partner nel progetto di Palazzo Fondi. Attraverso l’alternanza di diverse realtà temporanee si crea valore nel breve periodo e si permette a tutta la città di riappropriarsi dei luoghi altrimenti destinati a rimanere chiusi fino alla definitiva riconversione. Un sistema economico virtuoso in cui ogni progetto ha
generato un indotto».
Qualche cifra?
«L’investimento iniziale è stato di 450 mila euro. In 585 giorni di attività, con cinquanta eventi, è stato generato un indotto di quattro milioni e 471 mila euro e abbiamo avuto oltre duecentomila presenze. La città ha risposto molto bene con un atto di fiducia nei nostri confronti».
Trasferendo l’esperienza di Palazzo Fondi in un’altra zona della città si perderebbe l’effetto generato da questo incubatore di cultura che vede in primo piano il cinema, il teatro, le mostre d’arte?
«Certamente no. Così come non abbiamo avuto problemi a portare il modello a Napoli dopo l’esperienza romana. Il progetto per sua natura deve essere mobile per creare opportunità continuamente nuove che sono il vero motore. Ovviamente alcuni contenuti attualmente presenti a Palazzo Fondi potrebbero seguirci altrove, ma saranno comunque declinati e personalizzati sulla nuova realtà».
Una parte del valore aggiunto si prederà?
«Andare via da un luogo e trasferirsi avviando una nuova rigenerazione temporanea è nella nostra natura. A Roma è già avvenuto e funziona».