Corriere del Mezzogiorno (Campania)
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Il procuratore Melillo all’Antimafia: gli organici sono sempre più ridotti a causa dei pensionamenti
«Gli organici delle forze di polizia sono molto ridotti rispetto al passato e con il pensionamento forzato si perdono molte forze, sta scomparendo una generazione di eccezionali investigatori. La squadra mobile di Napoli oggi è formata da 360 unità, pochi anni fa erano 450 unità: questo fa la differenza». E ancora: «Sono fuori controllo alcuni istituti penitenziari, vi dominano le organizzazioni mafiose, i cellulari vi entrano quotidianamente. In alcuni carceri vi sono autentiche piazze di spaccio».
L’allarme arriva dal procuratore, Giovanni Melillo, ieri in audizione in Commissione antimafia. Al presidente, Nicola Morra, e ai parlamentari che ne fanno parte, Melillo ha fornito informazioni e dati, molti dei quali preoccupanti, alcuni invece confortanti. Sono 30 i magistrati in forze alla Direzione distrettuale antimafia, che svolgono indagini nei confronti di centinaia di persone: solo nel 2019 — ha spiegato il procuratore — le ordinanze di custodia sono state per oltre 600 persone, con una discreta qualità degli esiti investigativi. È ancora forte l’alleanza di Secondigliano «che pure vede i capi detenuti, ma abbiamo scontato un ritardo».
Melillo ha spiegato che le forze di polizia sono concentrate sui due cartelli cittadini: sono in corso indagini sia sull’Alleanza di Secondigliano sia sui Mazzarella. «Preoccupa la scarcerazione di Domenico Pirozzi, uno dei pochi in grado di assicurare continuità e autorevolezza alla funzione direttiva dell’organizzazione». Il procuratore si è anche soffermato su omicidi e stese, due fenomeni che suscitano particolare preoccupazione tra i napoletani. «Da anni — ha affermato — nella camorra prevalgono le spinte alla composizione delle tensioni, alla mediazione dei conflitti violenti che sono relegati in aree marginali dove si lascia che si sprigionino scontri armati a bassa intensità. Sono fenomeni marginali. Anche gli omicidi recenti appartengono alla dimensione delle epurazioni per la tutela di equilibri criminali consolidati che vanno protetti. Il ricorso all’omicidio, prima consueto, negli ultimi anni è diventato un indice di nuovi e più evoluti equilibri criminali, determinati dalla cogestione per equilibri comuni. Una fuorviante narrazione vorrebbe ricondurre la camorra a violenza urbana sprigionata dalla contrapposizione di bande in continua trasformazione; ovviamente esiste anche questa dimensione, ma è parziale».
Melillo è poi tornato ad affrontare un tema che gli è caro, quello della «espansione di una gigantesca rete di imprese che condiziona pesantemente i mercati dove trasferisce una offerta straordinaria di offerte illegali, o legali ma a condizioni illegali». Ha sottolineato la «dimensione periferica della camorra nel dibattito pubblico. La camorra è un veicolo di trasformazione della violenza in ricchezza, in forza economica, in condizionamento dei processi decisionali che regolano la spesa pubblica. La leadership dei cartelli criminali coincide con la leadership delle reti di impresa che racchiudono fenomeni gravissimi di asservimento del mondo delle professioni all’economia illegale. In non pochi casi si assiste alla completa immedesimazione tra le amministrazioni locali e queste reti».
Negli ultimi due anni gli omicidi di camorra sono stati solo una decina «e riconducibili a epurazioni interne di chi voleva ridiscutere gli assetti complessivi», ha spiegato Melillo; in anni meno recenti erano più di 100. «Non c’è controllo monopolistico da parte dei clan, le faide hanno ceduto il passo a logiche di ricomposizione». Quanto alle «stese», esprimono «una sfida alla capacità di controllo dell’ordine pubblico da parte dello Stato, sono esercizi militari a bassa intensità che segnano l’andamento sismico nelle zone di confine tra i grandi cartelli. Per questo nell’area orientale c’è il maggior numero di stese, così anche nel centro città. Abbiamo costituito uno specifico gruppo di lavoro e questo sforzo sta iniziando a dare i primi risultati anche grazie al lavoro congiunto con il Tribunale per i minori».