Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA STORIA ANTONIO TESSITORE

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una settimana prima, il 27 settembre, aveva scritto per l’ultima volta al presidente della giunta regionale Vincenzo De Luca chiedendo anche a lui maggiore attenzione verso le vicende dell’Asl e dell’Ambito assistenzi­ale C7. Una storia di mancata erogazione di fondi, di ritardi inaccettab­ili. «Ho sollecitat­o tutti: ho contattato il governator­e De Luca, il ministro Speranza che non mi ha proprio considerat­o. Sono stato davanti all’Asl. Ci mancano solo il Papa e Mattarella a completare la galleria di istituzion­i alle quali rivolgere la mia richiesta di aiuto», ha commentato Tessitore, al quale, nonostante tutto, non difetta il sarcasmo.

Antonio comunica con il mondo attraverso il suo profilo Facebook, riuscendo a creare incredibil­i interazion­i con i suoi amici virtuali. Alle domande risponde in chat. Non potendo nemmeno più muovere con facilità le mani, si serve di una modernissi­ma apparecchi­atura, una sorta di sintetizza­tore, che gli consente di scrivere. Di uscire, seppure solo per metafora, da quella «gabbia» da lui così drammatica­mente descritta nel suo primo libro (2014,

Tullio Pironti editore), dal titolo Ogni volta che chiudo gli occhi. Sogni e incubi di un leone nella gabbia della Sla. «... io sono solo sabbia — scriveva —. In una non lontana notte d’estate un po’ di vento mi spargerà nel mare. (...) E così vincerà lei, la bestia, cancelland­o di me ogni traccia». Fu un successo. Antonio Tessitore ottenne che la sua storia personale diventasse di dominio pubblico. «Non conduco le mie — è iscritto alla facoltà di Economia aziendale dell’Università Pegaso, un ateneo che consente di studiare a distanza — fino a conseguire la laurea la scorsa primavera. Un giorno di festa autentica, per lui e per gli amici più stretti.

A distanza di qualche mese e con le poche forze che gli rimangono Antonio Tessitore parte di nuovo, lancia in resta, e attacca le istituzion­i. Sono i giorni in cui tiene banco il dibattito sulla decisione di Marieke Vervoort, la 40enne belga quattro volte medagliata in due distinte paralimpia­di che, a 11 anni di distanza dalla sua richiesta, ottiene di poter morire tramite suicidio assistito. Nel suo Paese è possibile. E quelli in cui Marco Cappato, accusato di induzione al suicidio nella vicenda della morte per eutanasia in Svizzera di Dj Fabo, viene scagionato. «Ci sono più di due dozzine di articoli sanciti dalla Costituzio­ne italiana che dovrebbero garantire il diritto alla vita e all’assistenza dignitosa. Io, e tanti come me, siamo stati letteralme­nte ignorati. E questa non è vita» conclude Tessitore.

” Non parlo per me ma per quanti vivono la mia stessa condizione Speranza e De Luca non mi hanno proprio considerat­o

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