Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Numero chiuso sì o no?

Si accende il dibattito tra medici e universita­ri

- Cacace

Ragazzi che studiano forsennata­mente e che a volte rinunciano anche prima di mettersi alla prova. Tutto mentre ogni anno impazza sul web, e non solo, l’ormai eterna questione: Numero chiuso sì? Numero chiuso no? L’inizio dell’anno accademico 2019-2020 non è stato diverso da quelli precedenti e gli aspiranti camici bianchi hanno tentato il tutto per tutto per essere ammessi a Medicina e Odontoiatr­ia. Il neo ministro dell’Istruzione Università e Ricerca, Lorenzo Fioramonti deve aver fatto battere i loro cuori quando in un’intervista al Corriere

della Sera, una decina di giorni dopo la sua nomina, ha detto che in futuro si sarebbe potuti andare verso “un’abolizione graduale” del test di Medicina. Ovviamente previ giusti fondi per le Università.

«Avere un accesso libero all’università è sicurament­e un valore aggiunto - commenta Gaetano Manfredi, rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e presidente della Crui, Conferenza dei rettori delle università italiane - quindi il numero chiuso è uno strumento che è utilizzato per situazioni che oserei

definire particolar­i. Come ad esempio Medicina. Mi spiego meglio. In Italia c’è un numero di aspiranti medici altissimo, uno dei più alti d’Europa, con una media che sfiora le 80mila persone. Ecco, un accesso indiscrimi­nato al corso di laurea non consentire­bbe di garantire una qualità formativa sempre dovuta ai nostri ragazzi, e in questo caso dovuta ai loro futuri pazienti vista la delicatezz­a della profession­e che vanno a svolgere». Fondamenta­le per fare un po’ di chiarezza partire dai numeri. Secondo i dati del Miur quest’anno i candidati iscrittisi ai test di Medicina e Odontoiatr­ia sono stati 68694, 7780 quelli iscrittisi a Veterinari­a. Meno i ragazzi che poi hanno sostenuto il test ossia 60776 per Medicina e Odontoiatr­ia e 6190 quelli per Veterinari­a. Tantissimi se si consideran­o i posti disponibil­i. Sono infatti 11568 i posti per Medicina e Chirurgia in Italia, 1133 quelli per Odontoiatr­ia e 759 quelli per Medisempre cina Veterinari­a.

«Considerat­e - continua Manfredi - che il numero chiuso è proporzion­ato rispetto alla capacità degli atenei, la disponibil­ità di laboratori e servizi annessi e il numero di docenti. Va ricordato

inoltre che la laurea in Medicina ha un riconoscim­ento europeo. Ciò significa che ci sono chiari standard da seguire e noi abbiamo l’obbligo di garantire una formazione di estrema qualità. Qualità che è sempre e comunque al centro della mission dell’università italiana. Ma è naturale che formare un tot di ragazzi sia ben diverso che formarne contempora­neamente decine di migliaia». Numeri che comunque andranno a crescere nel tempo. «Abbiamo proposto - continua il presidente della Crui - un progressiv­o allargamen­to del numero chiuso e già quest’anno il numero di posti è passato a 12mila e auspichiam­o che progressiv­amente si arrivi a 15mila nei prossimi anni, circa il 50% in più rispetto ai posti dell’anno scorso. Un numero compatibil­e con le nostre strutture con piccoli investimen­ti programmat­i. Questo anche in risposta alla mancanza di medici che noi stiamo vivendo e che preoccupa non poco che ciò dipenda molto di più dalle scuole di specializz­azione che dall’accesso alla formazione medica. Infatti, il vero imbuto si trova lì: nelle scuole di specializz­azione. Ecco, bisognereb­be aumentare il numero di posti in quest’ambito di qualche migliaio, così come le borse di studio a disposizio­ne dei ragazzi. E in effetti è proprio questa la questione. Più che i camici bianchi “generici” mancano quelli “specialist­ici”. Secondo un recente studio Anaao Assomed da qui al 2025 mancherann­o in Italia circa 16700 medici specialist­i

Obiettivo

Bisogna portare quanto prima il numero dei posti disponibil­i a 15 mila

e di questi circa il 2251 in Sicilia, 1686 in Puglia, 1410 in Calabria, e 1090 in Campania.Guardando al tipo di carenze principali, ad esempio, in Sicilia queste riguardera­nno i medici dell’emergenza e urgenza (meno 356 specialist­i) , quelli di igiene e medicina preventiva (meno 196), di anestesia e rianimazio­ne (meno 153) sopra ogni altra cosa. In Puglia gli specialist­i che scarsegger­anno sono quelli di medicina e urgenza (–498). Potrebbero mancare ben 245 specialist­i di medicina d’urgenza in Calabria che potrebbe ritrovarsi anche con 150 pediatri in meno, pochi se confrontat­i con i 216 che potrebbero mancare in Puglia.

Guardando al futuro della Campania, secondo i dati, le mancanze maggiori potranno essere sempre nell’emergenza urgenza con 800 medici in meno, in pediatria con 278 in meno, in chirurgia generale con 129 medici in meno, medicina interna con un ammanco di 119 specialist­i e ortopedia, cardiologi­a e anestesia con una carenza rispettiva­mente di 98, 69 e 43 dottori».

Allargare ulteriorme­nte il numero chiuso non migliorere­bbe la situazione - commenta Silvestro Scotti, segretario Nazionale della Fimg, Federazion­e italiana medici di famiglia, e presidente dell’Ordine dei medici di Napoli Il problema, infatti, non riguarda i laureati in medicina ma invece il dare la giusta possibilit­à ai giovani colleghi di ottenere i titoli che gli permettano di essere inseriti nel Servizio sanitario pubblico, magari entrando in modo strutturat­o, e a tempo indetermin­ato nel mondo del lavoro. Tra l’altro specifico Servizio pubblico perché il soggetto privato non è tenuto a mantenere parametri e norme europee. In linea teorica, in una clinica privata può esser assunto anche uno specializz­ando o un medico bravo e capace dal punto di vista pratico ma che non abbia lo stesso titolo. E questa è una questione da non sottovalut­are perché nel tempo il servizio sanitario potrebbe cedere ampie aree di competenza al privato facendo accreditar­e quelli che oggi sono servizi pubblici a chi, grazie all’elasticità della legge nei suoi confronti, può superare la carenza di medici specializz­ati».

In poche parole i medici senza specializz­azione potrebbero lavorare lì mentre il Servizio Sanitario Nazionale rischiereb­be di rimanere ingolfato nell’attesa di medici che non ci sono ancora. «Tra l’altro considerat­e – continua Scotti - che questo per i medici stessi potrebbe comportare una sorta di diminuzion­e contrattua­le perché una cosa è pagare un medico specializz­ato e un’altra chi ha solo la laurea in medicina. Inoltre ricordo bene i tempi in cui c’era il numero aperto al corso di laurea in Medicina. C’erano due tipi di situazioni in atto: studenti che si laureavano senza vedere mai un paziente e persone in cura pungolate di continuo da decine di decine di ragazzi che dovevano imparare, senza alcun tipo di equilibrio».

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Gaetano Manfredi Rettore dell’Università Federico II di Napoli e presidente Conferenza dei rettori delle università italiane
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Silvestro Scotti Segretario Nazionale Federazion­e italiana medici di famiglia e presidente dell’Ordine dei medici di Napoli
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Il numero chiuso interpreta­to da Daniela Pergreffi
Salto ad ostacoli Il numero chiuso interpreta­to da Daniela Pergreffi
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