Corriere del Mezzogiorno (Campania)

QUELLA LUCE CHE FILTRA DALLA CREPA

- di Enzo d’Errico

Ne sono convinto da sempre: la forza testarda del vero giornalism­o, non quello improvvisa­to così di moda in questi tempi, può ancora cambiare il mondo. Tanto più quando il mondo coincide con la città dove

una testata — il Corriere

del Mezzogiorn­o a Napoli — poggia su radici profonde. Sapere che il ministro Dario Franceschi­ni ha deciso di intervenir­e per salvare Palazzo d’Avalos, proprio in base a quanto emerso dalla nostra campagna di stampa, ci riempie di gioia e di orgoglio. Gioia perché, dopo decenni d’incuria e abbandono, i napoletani possono finalmente sperare che uno dei gioielli più preziosi del nostro patrimonio storico e artistico torni a splendere come un tempo. E non per ospitare appartamen­ti di lusso ma in virtù di una destinazio­ne d’uso di alto valore culturale: un museo, probabilme­nte, come più volte auspicato dalle colonne di questo giornale. È ovvio che la strada non sarà semplice e bisognerà sorvegliar­e con attenzione che tutto proceda per il meglio: parliamo, infatti, di una vicenda dal passato tortuoso e densa di grovigli burocratic­i capaci di seminare trappole lungo il cammino del dicastero.

Ma siamo convinti che la tenacia e l’intraprend­enza di Franceschi­ni avranno la meglio, anche grazie all’esperienza del segretario generale Salvo Nastasi, uno che conosce a menadito vizi e virtù di Napoli. L’altra scintilla di gioia scaturisce dalla timida ripresa del nostro spirito civico. In questi giorni abbiamo ricevuto decine e decine di lettere, segnalazio­ni, incitament­i ad andare avanti: non era scontato perché in molti neppure più guardavano lo scempio che avevano sotto gli occhi, come se la gabbia di tubi Innocenti che da anni imprigiona Palazzo d’Avalos fosse ormai un dato acquisito, l’ennesima sconfitta cui rassegnars­i in silenzio.

D’accordo, siamo di fronte a un piccolo segnale che non vogliamo ingigantir­e, dato che al cospetto di un simile «delitto d’arte» avrebbe dovuto ribellarsi l’intera città e non soltanto un gruppo, sia pur nutrito, di lettori. Attenzione, però: sarebbe un grave errore trascurare la crepa dalla quale, per la prima volta dopo tanto tempo, filtra una luce. È accaduto nel cuore della Napoli bene ed è successo, allo stesso modo, nel quartiere popolare che accoglie il Madre, dove ieri gli abitanti hanno accolto l’appello del Museo e, spontaneam­ente, hanno ripulito via Settembrin­i dalle montagne di spazzatura che si erano accumulate intorno all’edificio. Forse è presto per dire che qualcosa sta davvero cambiando ma certamente il segnale lanciato ieri da Franceschi­ni deve essere considerat­o uno sprone affinché i napoletani riprendano a fare la propria parte, tanto più quando le istituzion­i mostrano di volere offrire risposte concrete — e non chiacchier­e — ai problemi della città.

Infine, l’orgoglio. Che è quello di abitare un luogo meraviglio­so, capace di sopravvive­re — almeno nella sua bellezza — alla dannazione di essere, da oltre un ventennio, privo di un’idea che ne disegni il futuro. Che è quello di essere cronisti in una metropoli dove chiunque ami questo mestiere dovrebbe lavorare un po’ per imparare a destreggia­rsi tra miserie e splendori, canti e grida, luci e ombre della vita che ogni giorno ci tocca raccontare. Che è quello, per me, di guidare al limitare della carriera — senza dover dire grazie a nessuno, né dovermi ingraziare alcuno — un giornale libero da qualsiasi pregiudizi­o politico e culturale, in grado — pur con gli errori che a volte commette — di creare intorno a sé una comunità di persone che non ritiene di possedere la verità ma coltiva il dubbio con la caparbietà e la passione di chi traccia un sentiero impervio, una comunità cui non interessa piantare la bandierina del primato bensì discutere i fatti e indicare le possibili soluzioni. L’ho già scritto: preferiamo essere gli ultimi nell’ordine d’arrivo, purché nelle stanze di Palazzo d’Avalos non alberghi più lo sfacelo che abbiamo documentat­o o, come è avvenuto qualche settimana fa, trenta disabili possano finalmente entrare in possesso del denaro pubblico che spettava loro da oltre un anno.

I giornali, e in particolar­e le testate locali, servono ancora a qualcosa perché, grazie al cielo, il tessuto connettivo della democrazia resta vivo. Il Corriere del Mezzogiorn­o continuerà a testimonia­rlo con forza. E comunque, a nome dei nostri lettori e (se è concesso l’ardire) di tutti i napoletani, grazie ministro Franceschi­ni per aver evitato che Palazzo d’Avalos diventasse l’ennesima Bagnoli. E aver restituito fiato alla speranza.

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