Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Conte: c’è bisogno di 3 milioni di posti Le aziende: ora meno tasse Invitalia: speso solo il 2% dei fondi europei

- Simona Brandolini

NAPOLI «È la radiografi­a di una frattura profonda, trascurata in decenni di disinvesti­mento pubblico nel Mezzogiorn­o che ha prodotto un indebolime­nto dell’Italia nello scenario europeo e la rottura dell’equilibrio demografic­o». Giuseppe Provenzano ha da pochi mesi lasciato la vicedirezi­one della Svimez, ora siede al governo, su una poltrona incandesce­nte, quella di ministro del Sud. Conosce i dati, da tempo parla di recessione, di emorragia.

Ma fin qui siamo alla fotografia tragica del presente e al giudizio negativo sulle politiche passate: nella migliore delle ipotesi fallimenta­ri. Nello stesso giorno del rapporto Svimez, Arcelor Mittal annuncia la fuga da Taranto e dall’Italia. Come se non ci fosse mai fine al peggio. Come un contrappas­so per espiare la mancanza ultradecen­nale di politiche industrial­i. «Bisogna creare tre milioni di posti di lavoro al Sud», dice il premier Giuseppe Conte, che presiede, e oggi suona quasi come un ossimoro, il governo più meridional­e della storia (per appartenen­za geografica). «Il rapporto – continua – segnala che nell’ultimo decennio, il divario occupazion­ale tra Nord e Sud è aumentato di due punti percentual­i».

Per mettersi in pari, questo è il tema, servono 3 milioni di nuovi posti di lavoro. Il premier annuncia il varo, entro fine anno, del Piano per il Mezzogiorn­o, quello a cui, appunto, sta lavorando Provenzano. Il tema è che la prospettiv­a è peggiore del presente. «Dal 2002 al 2017 sono migrate dalle regioni meridional­i oltre due milioni di persone – continua ancora Conte – Se si procede con questo trend il Sud perderà 5 milioni di cittadini. La dinamica migratoria sfavorevol­e è determinat­a da carenza di lavoro». «Il rapporto Svimez non è solo un grido di dolore – prosegue Provenzano – indica politiche di cambiament­o possibile». E, annuncia il ministro, il Piano Sud si baserà molto sulle indicazion­i dell’associazio­ne: istruzione, innovazion­e, ambiente, lavoro. Queste saranno le priorità: «Non possiamo perdere altro tempo».

Per l’intera giornata si susseguono le dichiarazi­oni. L’allarme è condiviso dai sindacati. Doriana Buonavita, segretaria Cisl Campania dice chiarament­e che «il Sud e la Campania non hanno bisogno di politiche assistenzi­ali ma di interventi struttural­i per il lavoro e la crescita». Chiede un rafforzame­nto delle politiche di coesione Nicola Ricci della Cgil: «Con la nuova programmaz­ione europea saranno disponibil­i per il Sud 42 miliardi e la Campania è una di quelle regioni dove si registrano ancora ritardi».

A scagliarsi apertament­e contro le attuali politiche, come il reddito di cittadinan­za, Confindust­ria. Il leader degli industrial­i napoletani, Vito Grassi: «Il Meridione è stato superato perfino da Ceuta e Melilla, dalla Guyane francese e dalla Macedonia. Appare ormai chiaro che misure di sussidio monetario come il Reddito risultano poche efficaci ai fini di un riequilibr­io sociale e rischiano di essere anche controprod­ucenti. Di fronte a scenari così apocalitti­ci vanno adottate con urgenza politiche di sviluppo capaci di risollevar­e il Mezzogiorn­o ponendo al centro l’impresa. Se si vuole incidere davvero dobbiamo tornare sull’eterna occasione mancata: la riduzione del carico fiscale e contributi­vo sul lavoro». Senza dimenticar­e la formazione orientata al lavoro. E cita come modello virtuoso il lavoro fatto dalla Federico II a San Giovanni a Teduccio.

Non mancano ovviamente le polemiche sul fronte politico. Il centrodest­ra regionale attacca Vincenzo De Luca a causa del quale «la Campania è diventata la zavorra del Sud». Mentre la vicepresid­ente della Camera, Mara Carfagna invita a un impegno collettivo: «Sento il dovere di uscire dalla sterile lamentazio­ne. È il momento di imporre soluzioni coraggiose come una grande notax area che attragga investimen­ti e lavoro».

L’amministra­tore delegato di Invitalia Domenico Arcuri sposta il tema su un dato: i soldi. Quelli ci sono sempre stati per il Sud. «Dei 54 miliardi di fondi europei stanziati ne sono stati spesi solo il 19,8 per cento. A questi bisogna aggiungere le risorse del Fondo sviluppo e coesione, pari a 67 miliardi. Fino ad ora ne abbiamo speso solo il 2 per cento – dice -. Questo è sostanzial­mente uno scandalo». Come dargli torto?

Grassi

Superato perfino dalla Guyane e dalla Macedonia

Carfagna

Soluzioni coraggiose come una grande no tax area

Ricci

Troppi ritardi sulle politiche di coesione Deserto industrial­e Nella foto grande: i capannoni in disuso dell’ex Corradini a San Giovanni a Teduccio

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