Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Barra, Braucci, Marcello: il nostro Pulcinella da Unesco
L’irregolarità è la sua norma. La lingua ingarbugliata: un vero e proprio pasticcio di parlate locali, italiano, suoni onomatopeici, a volte gutturali, a volte incomprensibili. Il gesticolare così meridionale, così campano. Ci riporta alle origini di una civiltà contadina, legata alla terra, al ciclo delle stagioni, alla luce e al buio, alla vita e alla morte. «Creatura intermedia tra demone e divinità, Pulcinella è portatore di un significato universale: la connessione tra la vita e la morte e il senso stesso dell’esistenza». Secondo Maurizio Braucci scrittore e sceneggiatore del film di Pietro Marcello Bella e Perduta, in cui Pulcinella compare nelle vesti di un traghettatore antico calato nella contemporaneità.
Lo scrittore commenta così la notizia della conclusione dell’iter della candidatura all’Unesco della Maschera come bene immateriale dell’umanità e aggiunge: «Secondo me Pulcinella è una maschera profonda. Un simbolo esoterico come si evince dal bianco e dal nero della maschera e del costume. Il lenzuolo bianco che l’attore doveva indossare per rappresentare il risveglio del morto. Indispensabile per rivitalizzare temi di una cultura arcaica e contadina rimossa dalla modernità in favore di termini che provengono dalla cultura industriale».
Il servo sciocco e talvolta pasticcione, è allo stesso tempo anche furbo e artefice di trame ai danni del suo padrone. Non è un instancabile lavoratore, piuttosto indolente e fannullone. Affamato sempre, e spesso dolente. Sa sempre cavarsela in fondo. Pulcinella incarna perfettamente l’archetipo del napoletano, è immagine della città, specchio del suo ripiegamento come sottolinea ancora Braucci: nella commedia dell’arte Pulcinella è il guitto che cerca sempre un espediente per sfuggire a un’impellenza. In questo è interprete dello spirito di Napoli: la giovinezza, l’arte di arrangiarsi, la rinascita. Una città in bilico sempre tra la vita e la morte, Il mare e il Vesuvio. Anche la sua risata è una forma di ribellione, l’allegria legata al dramma della sopravvivenza. Longeva di quattro secoli e ancora vitale. Maschera tragica e comica, sfaccettata e profonda, è sempre se stessa e altro da sé.
Anche il regista Pietro Marcello non ha dubbi: «Per me Pulcinella è Napoli. Più volte mentre giravo le riprese del film ho pensato che con la maschera siamo un po’ tutti Pulcinella». Marcello afferma che per lui è stato naturale pensare al ruolo di Pulcinella, benché sia stato necessario uno spostamento diacronico, una sorta di straniamento che ha avuto l’effetto di ricondurlo al suo senso originario: «Il mio è il Pulcinella tragico, lo psicopompo, il traghettatore di anime, ponte tra i vivi e i morti. Non è il personaggio comico ma arcaico. Credo che Pulcinella possa dialogare con la contemporaneità solo se recuperato nel suo valore originario, in quanto portatore di un significato tragico».
Nelle forme dell’improvvisazione, dove gesticola, salta e canta, alla commedia regolare, nel teatro, lungo i secoli, Pulcinella ha espresso il meglio di sé.
Un protagonismo oggi messo in crisi, secondo il maestro Peppe Barra, che più volte ne ha indossato la maschera in teatro, al cinema e in televisione, una maschera dal carattere troppo narcisistico che la professione attoriale ha assunto nel tempo: «Nel teatro - sottolinea Barra con rammarico - Pulcinella non esiste più perché nessun attore può più indossarne la maschera. In passato chi interpretava Pulcinella diventava Pulcinella per tutta la vita. Oggi questa identificazione è impossibile perché non esiste un attore disposto a lasciare la propria identità per assumere quella di Pulcinella».
Quasi un doloroso grido di allarme quello del maestro Peppe Barra. C’è in fondo il rischio di vedere derubricato il ruolo di Pulcinella tra gli stereotipi della napoletanità, «con la pizza e il Vesuvio», come teme lo stesso Barra, oppure, come dice Braucci «tra gli archetipi da scaffale un po’ in freezing per le nuove generazioni».
E c’è poi la speranza che un simbolo vitale non rinunci alla sua sopravvivenza. Per questo ci sono i 104 disegni di Pulcinella opera di Mimmo Paladino, faro della transavanguardia, che ha dialogato con la Maschera e le sue forme riconoscendone il carattere di vera e propria forma di provocazione artistica ancora forte e persistente nella nostra contemporaneità.
Peppe Barra
Nel teatro ormai non esiste più
Maurizio Braucci
Intermedio tra demone e divinità
Pietro Marcello
Interpreta lo spirito di Napoli L’iter ormai concluso della candidatura nel patrimonio immateriale induce a una riflessione sull’attualità del personaggio