Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Sfiducia in aula, firme depositate Cambi in arrivo in Mostra e Asìa
De Magistris: la mozione non passerà. Intanto il consiglio fa flop: maggioranza ferma a 20 voti
Le 16 firme per la richiesta di sfiducia del sindaco sono state depositate alla segreteria del Consiglio comunale. Quanod la discussione sarà calendarizzata serviranno 21 voti per approvarlo. Non è semplice, però, per i partiti di opposizioni raggiungere il 40 per cento di votanti. Anche se in aula sta per irrompere il gruppo di Renzi che nascerebbe anche grazie all’arrivo di un paio di esponenti dell’attuale maggioranza. Maggioranza che già ieri non ha garantito il numero legale a un consiglio che non si teneva da tre mesi. Intanto de Magistris annuncia una rivoluzione tra giunta e partecipate. Nominerà il Cda di Asia e un nuovo presidente della Mostra d’Oltremare, perché Nardi andrà via entro fine anno.
La mozione di sfiducia per Luigi de Magistris è stata depositata e protocollata alla segreteria del consiglio comunale. Entro dieci giorni a partire da ieri, e comunque non oltre un mese dalla presentazione, l’aula dovrà essere convocata per discuterla e votarla.
Sarà la prima volta, da quando è entrata in vigore l’elezione diretta dei sindaci, che un primo cittadino napoletano dovrà «difendersi» da una sfiducia presentata dall’ opposizione. Ma è anche la prima volta che l’opposizione, in questo caso molto variegata, tanto di destra quanto di sinistra e di centro, riesce a fare sintesi contro il sindaco della città. Un dato politico molto importante che apre ad ogni tipo di riflessione.
Il tutto, accade a margine di un consiglio comunale, l’ennesimo, che si è sciolto per mancanza del numero legale, cioè mancanza della maggioranza che garantisse i numeri in via Verdi. È bastato infatti che, in segno dimostrativo, al momento dell’appello l’opposizione uscisse dall’aula, che la maggioranza si sciogliesse come neve al sole. Un episodio, accaduto molte altre volte, che però di questi tempi è la prova di quanto i numeri per governare di de Magistris non sono più certi. Ben cinque esponenti della sua maggioranza erano infatti assenti all’appello: un atto che ha evidenziato (anche visivamente in un’aula desolatamente vuota) quanto debole fosse la coalizione che si definisce «maggioranza». Inoltre, tra i 20 che hanno risposto all’appello erano presenti anche quattro dei cinque consiglieri che nell’audio di Repubblica discutevano della strategia migliore per costringere de Magistris a fare il rimpasto in giunta, cosa che ha fatto poi dire al sindaco che «da alcuni di loro prenderò una distanza formale». Prova di quanto il sindaco non possa rinunciare a nessuno dei tanti partitini che comunque lo sostengono pur annunciando di voler prendere le distanze da alcuni di loro. Ma da chi? Ci si chiede. Perché se saltasse anche uno solo di loro i numeri per governare il sindaco non li avrebbe più. Inoltre, presto nascerà il gruppo di Matteo Renzi al Comune di Napoli, con un paio esponenti dell’attuale maggioranza del sindaco e uno dell’opposizione, pronti a dargli corpo. In tal senso, nei giorni scorsi Domenico Palmieri di Np al Corriere del Mezzogiorno non aveva negato questa possibilità.
A quel punto, all’ex pm non rimarrebbe altro da fare che dimettersi perché la maggioranza scenderebbe al di sotto del dato minimo dei 21 voti. Tanti quanti ne occorreranno perché la mozione contro il sindaco passi. Per il momento, però, le firme per la sfiducia sono 16: si tratta dei consiglieri di M5S, Lega, Pd, Forza Italia, Napoli popolare, La Città e buona parte del gruppo Misto. Gruppo, quest’ultimo, di cui fa parte anche Fulvio Frezza, che finora ha sempre votato per la maggioranza ma che ieri era tra i cinque assenti. Come non va dimenticato che tra i presenti all’appello di ieri c’era Gaetano Troncone, eletto in maggioranza ma poi dichiaratosi all’opposizione che ha aderito al gruppo misto. De Magistris si dice comunque «sicuro che la mozione non passerà». Questo anche perché per l’opposizione non è semplice arrivare al 40 per cento dei voti utili per approvare il documento di sfiducia. Ma certo, già solo aver presentato la mozione ha fatto ritrovare forza e vigore all’opposizione costringendo il sindaco a rispondere in aula ai rilievi che verranon mossi alla sua amministrazione. UN momento difficile per l’ex magistrato, alla stessa stregua di quando dovette superare la fase della sospensione per via della legge Severino; oppure, quando dovette difendere il Comune dalla Core dei conti che ne aveva decretato il dissesto.
Intanto, anche se la norma è da interpretare, appare chiaro che fino a quando non si terrà il Consiglio comunale per discutere della mozione di sfiducia a de Magistris nessun provvedimento potrà essere portato in aula per la discussione: un ulteriore stop ai tanti provvedimenti che un Comune come quello di Napoli deve fisiologicamente deliberare. Come se non bastassero i tre mesi già trascorsi dall’ormai lontano 7 agosto scorso in cui l’aula si riunì per l’ultima volta. E benché la norma affermi che il consiglio comunale debba riunirsi almeno una volta al mese. Ma in queste condizioni, con i partiti di maggioranza che fanno pressing su de Magistris per avere spazio in giunta facendo valere le loro assenze in aula, era immaginabile che si arrivasse questo empasse. Questa volta, però, se il Consiglio comunale non si riunisse per discutere la mozione interverrebbe il prefetto con una diffida formale. Pena: il commissariamento del Comune.