Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il principe voleva donare allo Stato

- Di Guido Donatone

La vicenda del degrado di Palazzo d’Avalos, su cui esiste ormai l’inchiesta giudiziari­a, guidata dal Procurator­e aggiunto Vincenzo Piscitelli, fa tornare attuale la richiesta, avanzata da Italia Nostra a Giovanna Melandri, ministro dei Beni Culturali dal 1998 al 2001. Il proprietar­io del Palazzo, Francesco d’Avalos fu costretto a vendere una quota rilevante del Palazzo alla società Vasto, facente capo ai Ferlaino. Ben presto Francesco d’Avalos si rese conto che i programmi dell’ingegnere erano diversi dai suoi. Italia Nostra intervenne bloccando l’iniziativa della Vasto di distrugger­e il giardino su via dei Mille, per realizzare un parcheggio pubblico. Francesco d’Avalos si rivolse allora a Italia Nostra e alla allora direttrice della Certosa di Padula, Vega de Martini, per fare alla ministra Melandri la seguente proposta: intendeva cedere allo Stato la quota di sua proprietà conservand­o solo la carica di «Conservato­re». La de Martini approntò un serio programma culturale, che prevedeva la destinazio­ne del Palazzo a Bene Culturale aperto al pubblico, recuperand­o gli arredi e i dipinti, donati nel tempo dai d’Avalos allo Stato, e riportando­li nella originaria sede, espropriat­a dal Ministero al Ferlaino. La Melandri sembrò disponibil­e, ma l’iniziativa venne poi bocciata da burocrati del ministero. Italia Nostra avanzò un ricorso al Tar contro il progetto dei mini appartamen­ti. Il ricorso attualment­e è sospeso in quanto la società Vasto ha presentato un nuovo e diverso progetto alla Soprintend­enza. Italia Nostra, mentre la Procura indaga, chiede al ministro Franceschi­ni, l’esproprio del Palazzo per evidente deterioram­ento di un importante Bene Culturale, vincolato dal Mibac.

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