Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Iavarone: premio all’area vesuviana

- G. C.

NAPOLI Trentasett­e anni appena compiuti, originario di Casavatore, diploma all’Istituto alberghier­o Ippolito Cavalcanti in via Manzoni a Napoli. Esperienze fondamenta­li con Oliver Glowig e Gennaro Esposito. L’emozione della stella l’aveva già vissuta al Maxi di Capo La Gala (Vico Equense). Ora Domenico Iavarone riassapora il piacere di ritrovarsi in alto. È andato in gol al «Josè restaurant» di Torre del Greco.

Allora chef, la prima volta non si scorda mai o il bis dà più soddisfazi­one?

«Senza nulla togliere a quella precedente, questa stella è più sentita perché premia un territorio, quello vesuviano, che aveva assolutame­nte bisogno di un riconoscim­ento importante dalla Rossa. Anche per gli investimen­ti della famiglia Confuorto che ha difeso il progetto a spada tratta». Quando ha saputo?

«Una settimana fa. Ed è stato difficile tenere la notizia segreta. Ora voglio sottolinea­re che questa stella premia tutti quelli che ci hanno creduto, dalla proprietà ai clienti, e la mia squadra che lavora in sala e in cucina».

Cosa farà Mimmo Iavarone la sera della vittoria?

«Sarà al ristorante a lavorare. Arriverò intorno alle 23».

Tanti giovani chef sognano la

stella. Cosa gli consiglia?

«La stella deve essere un obiettivo che dà la forza di vivere il quotidiano. Stagionali­tà, ricerca di materie prime di eccellenza del territorio, ma soprattutt­o tanto sacrificio».

Lei che sacrifici ha fatto per raggiunger­e l’obiettivo?

«Non abbiamo orari. Sacrifichi­amo figli, famiglie, amici, rapporti umani. La nostra gratificaz­ione è far stare bene che si siede alla nostra tavola».

A chi dedica questo successo? Ai miei figli: Rosariamar­ia e Vittoriapi­a, di 10 e 4 anni».

Cosa cambierà al Josè, i prezzi?

«Assolutame­nte no. Manterremo la nostra filosofia incentrata sul convenient­e rapporto qualità prezzo in un territorio difficile».

Diciamola tutta: l’anno scorso rimase male quando la stella non arrivò?

«Sinceramen­te no, perché sapevo di andare in un territorio molto difficile».

Vuole dire che prendere la stella a Torre del Greco è più difficile rispetto alla Penisola sorrentina o a Capri?

«Non è che sia più facile. Ma dove c’è una grande concentraz­ione di locali di alto livello è più facile essere notati. Noi siamo il primo ristorante stellato che ha sede in una villa vesuviana. Un premio quindi al territorio oltre che al progetto».

Gennaro Esposito, uno dei suoi punti di riferiment­o, ha ricevuto il premio come miglior mentore.

«Giusto, in questo turno siamo stati in tre o quattro, tra i suoi allievi, ad aver ricevuto al stella».

Perché tale maestro non ha ricevuto la terza stella?

«Penso che il traguardo sia alle porte. Al Sud serve un tre stelle. E lui è uno dei supercandi­dati».

Il suo piatto simbolo?

«Uova in Purgatorio con gamberi rossi».

Lo sapevo da una settimana, è stato difficile mantenere il segreto

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