Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Donne e giovani ok Ma non sempre è un bene a prescindere
«Un rimpasto che guarda al futuro» così Luigi de Magistris ha presentato il restauro che ha appena fatto e che assegna deleghe a donne e a giovani. Un rilancio che traveste con parole altisonanti una ormai consumata e conclamata crisi e che tenta di coprire la debolezza di un’esperienza amministrativa che si avvia al suo capolinea.
Non la salvano la buona volontà e il lavoro di assessore come Monica Buonanno e Alessandra Clemente, iperattive e pure con qualche significativo risultato a loro vantaggio. E non la salva perché non arresta né scalfisce l’indebolimento sostanziale di un’azione politica affidata nelle ultime settimane ad una demagogica declamazione dei propri meriti.
A fronte di una maggioranza che non c’è più, di una proposta politica fragile e in netto contrasto con le condizioni di della città che, a tratti, sembra non governata o, meglio, affidata a se stessa, si prova un utilizzo strumentale anche delle donne. Soggetto salvifico che con il solo ingresso in giunta ne rafforzerebbe l’azione rendendola più adeguata alle urgenze e alle emergenze. Insieme alle donne, in un connubio antico e spessissimo immotivato, i giovani che solo per ragioni anagrafiche sembrano, portatori di un «fresco vento rigeneratore». Qui si slitta: l’essere donna e l’essere giovane sarebbero in sé un merito. Le eventuali qualità, lo spessore dei curricula, le storie e le coerenze personali sono aggiunte, non sono discriminanti.
A Napoli i miracoli fanno parte della rappresentazione della città. Non sono impossibili e in tanti e in tante credono che possano con il loro incedere, aiutare il popolo nei momenti cruciali della sua storia. Sono eventi innervati nella vicenda civile della città, portatori di buonaugurio e garanti di protezioni che si rinnovano e che rinnovano l’alleanza tra cielo e terra. E, forse, solo un miracolo potrà evitare il declino di una metropoli che somma mali antichi e moderne inadeguatezze e che sembra priva di antagonismi organizzati, proposte politiche alternative, autorevoli oppositori ed oppositrici.
Un groviglio del quale è difficile trovare capofilo dipanatore e che avrebbe bisogno non di megalomanie o di lunghi silenzi, ma di una strategia capace di anticipare in ogni scelta quotidiana, in ogni delibera, in ogni azione di gestione amministrativa, il futuro che si vuole costruire. Le donne (delle quali nessuna è portavoce o rappresentante) manifestano in mille modi la loro lontananza e il loro giudizio. Non è mettendone qualcuna a dirigere un ministero o un assessorato che se ne recepiscono desideri e bisogni quando, poi, nell’azione politica, qualche volta anche grazie alla complicità di alcune, si assumono come anello di una consumata giaculatoria e non come soggetto che impone una radicale ridefinizione di tutti i parametri. Una messa a punto di strategie di ascolto non strumentali. Di condivisioni che rispettino fino in fondo le differenze .
La delega per il turismo e la cultura alla signora De Majo che ha fatto dichiarazioni deliranti su Israele, sul governo di quel Paese e sulla coincidenza tra sionismo e nazismo è una spietata conferma di quanto non ci sia una sostanza femminile garante di una immunità di genere, ma solo il concretissimo farsi nella storia, nella vita di tutti i giorni, di donne (e uomini) brave, stupide, intelligenti, sapienti o affette da abissali ignoranze. Qualcuno, tanti anni fa, promise di «insegnare alle cuoche a dirigere lo Stato» forse ignorando che la sua promessa poteva essere mantenuta solo cambiando alla radice lo Stato e non concedendo permessi di guida sotto la tutela del manovratore.