Corriere del Mezzogiorno (Campania)
ALLA CULTURA SERVIVA UNA SCOSSA
Non v’è dubbio che l’ultimo rimpasto della giunta de Magistris sia un’operazione che punta principalmente a mettere una toppa all’azione di una sindacatura in caduta libera di consensi tra i cittadini e nella sua stessa maggioranza. E a sfangarla, senza mollare le leve del comando, fino ai prossimi appuntamenti elettorali in cui si giocherà il futuro, non solo personale del sindaco, ma dell’intera città. Se così stanno le cose, prevedibilmente questo rimpasto non sortirà grandi effetti sul miglioramento delle condizioni (a mio avviso, sempre più difficili) in cui versano i cittadini partenopei e verso i quali bisognerebbe che il primo cittadino avesse un «momento d’onestà», come cantavano in un loro brano il duo rap «Co’ Sang’». Detto ciò, e con il massimo rispetto, questo stracciarsi le vesti in difesa di assessori, come il colto e perbene Nino Daniele, che ha gestito le deleghe alla cultura e al turismo per gran parte del duplice mandato de Magistris, lo trovo francamente eccessivo. Per due motivazioni.
La prima. Lo «sporco gioco della politica» che oggi ha portato al sacrificio politico di Daniele è lo stesso che all’epoca, quando lo stesso salì alla ribalta della giunta arancione, fu perpetuato ai danni del precedente assessore, Antonella Di Nocera, che pure di buone idee ne aveva avute, ma che fu sacrificata con le stesse ciniche modalità usate anche per altri collaboratori del sindaco.
Tuttavia in quell’occasione, tranne poche e isolate voci, non ci fu nessuna levata di scudi come sta invece accadendo oggi. Levata, mi sia consentita una provocazione, sospettosamente uniforme da un punto di vista generazionale e persino topografico, molto Napoli «bene», per così dire. A sollevarsi, insomma, è stata la Napoli tradizionale della cultura, quella istituzionale e garbata, accademica, la società civile ampiamente gratificata in passato da carriere professionali invidiabili, soprattutto per i suoi esponenti dalla mezza età in avanti. E con questa passiamo alla seconda motivazione.
A mio avviso, negli ultimi anni, a Napoli è mancata una politica culturale inclusiva che guardasse al futuro, alle periferie, ai giovani, al sociale. Certo. Si dirà per mancanza di risorse, il mantra ripetuto quasi come un merito da parte di quest’amministrazione, ma al di là della mancanza di fondi, quali sono state le idee innovative o semplicemente buone messe in campo, a parte l’ipertrofia di eventi dedicati al tango e patrocini più o meno morali sugli eventi «volontaristici» promossi dal vivace mondo culturale napoletano? Sia chiaro. La cultura per come la intendo, e certamente non per demerito di Nino Daniele (che, continuo a ripetere, ritengo persona di grande spessore) è la grande assente dal dibattito pubblico a livello nazionale, regionale e, a cascata, locale. Ma se dobbiamo dare un giudizio su cosa è stato fatto, possiamo sostenere che l’amministrazione comunale abbia inciso in qualche modo (nei limiti delle sue competenze) sulle scelte del potentato di Luca De Fusco al Teatro
Stabile? Si è fatta venire un’idea originale per rilanciare quella costosa scatola vuota che è il Pan? E il museo Filangieri? E l’eterno stato di sofferenza in cui si trova ad agire una prestigiosa istituzione come il Premio Napoli?
Sostenere che l’aumento dei turisti sia la risposta a qualsiasi riserva sullo stato delle politiche culturali in città, mi sembra francamente fuori luogo. Ovviamente, come scrivevo all’inizio, non c’è da illudersi che la svolta del sindaco possa essere risolutrice. Personalmente posso solo sperare che il nuovo assessore, la giovane Eleonora De Majo, rivolga lo sguardo laddove finora non è stato rivolto, ma ben oltre il campo del «suo» mondo, quello dei movimenti e dei centri sociali. Magari a partire proprio dalla prima querelle in cui è finita e a cui dovrà abituarsi, quella del presunto antisemitismo di alcune sue affermazioni passate. In un’epoca storica come quella che stiamo attraversando, ripartire da forti valori condivisi è l’unica strada per ricomporre la frattura tra le diverse anime di una città divisa e ingiusta come la nostra, progetto in cui la cultura può però assumere un ruolo più rilevante che mai.