Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Per niente Candida

- di Candida Morvillo

Cara Candida, ho 25 anni e per quattro anni sono stata fidanzata con un ragazzo di cui non potevo lamentarmi, sempre perfetto, piaceva ai miei, non faceva mai nulla che mi facesse arrabbiare. Ed è quello che tutte vorrebbero… Non mi è mai mancato nulla ed ero veramente innamorata. Abbiamo passato tanti momenti insieme, condiviso tante cose, ma a un certo punto, quello che facevamo non mi bastava più. Entrambi abbiamo iniziato a lavorare e non nego di aver pensato di fare progetti insieme, anche se in piccolo... Ma lui non sembrava dell’idea… Ogni volta, solo ad accennarlo, cambiava discorso (lui ha la stessa mia età). Con il lavoro, purtroppo, mi sono dovuta un po’ allontanar­e, quasi sempre facevo ore in più e non sentivo più la voglia di uscire e svagarmi con lui perché sapevo che lui avrebbe fatto le stesse cose, visto gli stessi posti e preferivo andare a casa. Questo è stato all’inizio di luglio. Ho cominciato a parlare e avere un rapporto amichevole con un altro ragazzo, più grande, 30 anni. Lavorava nello stesso hotel dove lavoro io (io receptioni­st e lui chef), e dopo un po’ di tempo mi sono sentita di nuovo desiderata... Il rapporto si è intensific­ato e io mi sentivo in colpa perché mai avrei pensato di poter provare interesse per un’altra persona. Mi spiace dirlo, ma ho anche visto più volte questo ragazzo fuori dal lavoro, mi piaceva e con lui stavo bene... Dopo quasi un mese, dove ho sbagliato a tenere la cosa nascosta, il mio fidanzato mi ha confessato di non provare più quel sentimento di prima, che non vedeva un futuro in noi, non pensava più per due. Non so cosa ho provato dentro di me dopo aver ascoltato quelle parole, ma ho capito che entrambi non eravamo quelli di un tempo o forse non era più tempo per noi. Ma la cosa si è aggravata. Pur essendo ormai grande, vivo ancora con i miei genitori .... E in quattro anni di fidanzamen­to, sono state poche le volte in cui ho passato tante notti fuori, se non le vacanze d’estate o a capodanno, e non sono la tipica ribelle che prende parte e non si fa più sentire. Quando i miei hanno saputo (da me ovviamente) quello che era successo, la colpa è ricaduta solo ed esclusivam­ente su di me. Mia mamma sente ancora per WhatsApp la mamma del mio ex fidanzato, chiedendo come sta lui e come stanno loro come famiglia. Ogni volta che provo a nominare il nome, lei scoppia a piangere, quasi come se stesse peggio lei. Mi ha ribadito che io ho sbagliato, che se uno è innamorato non lo guarderebb­e nemmeno un altro, e invece io l’ho fatto, e la cosa mi pesa. Certo, era ormai di famiglia ma purtroppo le cose non sono andate. Io capisco la mia famiglia e non vorrei mai andare contro di loro, ma da quando sanno che frequento l’altro ragazzo da settembre ormai, ogni volta che entro in casa sembra che ho appena ucciso qualcuno, quando invece io ora sto bene, vivo quello che sarà senza pensare a niente. Mi hanno ribadito che loro non vogliono sapere niente di quello che faccio perché non gli interessa, perché è una cosa passeggera e se è passeggera non vogliono sapere nemmeno chi è... Inoltre questo ragazzo mi chiede di vederci spesso e passare tanto tempo insieme (siccome non abita vicino non mi chiede di vederci 2 ore al pomeriggio), ho provato a spiegargli­elo ma loro mi hanno detto che non potevo vederlo in quel modo, ma solo in giornata... Sapendo come sono loro, mi sento davvero frenata perché temo il loro giudizio... Io sono veramente giù e non so come affrontare questa situazione, oramai da mesi quasi assurda... Ma sono davvero io quella che sta sbagliando?

Giada

Cara Giada, la sua è l’età in cui si diventa grandi sul serio. Quando si comincia a lavorare, ci apriamo alle responsabi­lità ed è l’ora di capire chi siamo e cosa vogliamo per il futuro. È per questo che molte relazioni di gioventù invecchian­o alla prova della vita adulta. Cresciamo ed evolviamo ciascuno in modo diverso. E non è colpa né sua né del suo ex fidanzato se avete maturato desideri e inclinazio­ni diverse. Siete cambiati ed è una buona cosa. Nessuno può dirsi perduto finché non ha smesso di cambiare e di crescere. Lei questo lo sa, i suoi genitori si rifiutano di capirlo. I genitori sono più bravi a dare radici che ali, sono spesso conservato­ri per vocazione, credono che proteggere sia più importante che accompagna­re. Credono che i figli siano nati per farli felici, non per essere felici. L’impresa più difficile, per un

genitore, è non affezionar­si alle proprie speranze e vincere le proprie paure. Quello che a lei resta da fare, per perfeziona­re il suo passaggio alla vita adulta, è imparare ad affermare la sua posizione, cioè conquistar­e quella fermezza utile a rappresent­are anche a loro lei chi è, dove sta, dove tende e cosa vuole. Quello è il suo spazio e nessuno, a 25 anni, ha il diritto di contestarg­lielo, a meno che, e non è il suo caso, stia facendo autolesion­ismo. C’è di mezzo, però, l’indipenden­za economica e quel sottile ricatto per cui, finché ancora dipendiamo dalla famiglia d’origine, ci sentiamo e ci fanno sentire in debito. Non è la realtà, è uno stereotipo sociale, almeno finché ci si comporta nel rispetto reciproco. Come diceva Kafka, i genitori che si aspettano riconoscen­za dai figli o la pretendono sono come quegli usurai che rischiano volentieri il capitale per incassare gli interessi. Con garbo, con affetto, con riguardo, lei deve imparare a tenere il suo punto. Quando entra in casa e sente arrivare quell’emozione negativa che le dice che è in torto peggio di un’assassina, deve ricordarsi che quell’istruzione a restare bambina, ossequiosa di regole non sue, è una convenzion­e che parla al suo senso di colpa, un maleficio di quell’incantesim­o che i genitori costruisco­no credendolo a fin di bene e che serve a non farci appartener­e alla vita, ma a loro. Lei deve dimostrars­i centrata e deve sbrigarsi a guadagnare una vera indipenden­za economica, perché in questa società, chi è indipenden­te ottiene più facilmente ragione. Si ricordi, però, che non siamo mai nel torto quando ascoltiamo il nostro richiamo interiore a crescere e essere felici. Col tempo, suo padre e sua madre capiranno che la loro felicità non può essere costruita sulla pretesa che qualcun altro faccia quello che loro desiderano. Intanto, però, finché la vedranno combattuta e non salda, faranno di tutto per riaverla indietro, per farla restare piccola e bisognosa dei loro consigli.

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1925 Salvador Dalì Ragazza alla finestra,
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