Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Sacche di sangue bloccate nel traffico del Policlinic­o Il medico per recuperarl­e deve lasciare la sala operatoria

- Fabrizio Geremicca

Il medico esce trafelato dalla sala operatoria, dismette il camice, la cuffia, la mascherina, i guanti ed in abiti civili si precipita fuori dal padiglione 5 nel quale è in corso un delicatiss­imo intervento. Corre a perdifiato, si districa a piedi nel serpentone di auto che paralizzan­o la circolazio­ne all’interno del Policlinic­o della Federico II e va incontro all’auto nella quale un operatore socio-sanitario, impossibil­itato a percorrere anche un metro per l’ingorgo, ha le sacche di sangue destinate al paziente sotto i ferri, che erano conservate nel padiglione 9. Il dottore le prende e a passo di marcia ritorna verso la palazzina 5. I suoi colleghi lo aspettano sull’uscio della sala operatoria.

Parrebbe un cartone animato, ma è quel che è accaduto martedì nel policlinic­o universita­rio della Federico II. Giornata da tregenda per il maltempo, i dissesti stradali ed il traffico impazzito che ha mandato in tilt anche la viabilità interna alla cittadella ospedalier­a della Federico II. «L’altro ieri – racconta Dante Dino Di Domenico, l’urologo protagonis­ta della bizzarra avventura – abbiamo asportato un grosso tumore alla vescica ad un uomo di circa 60 anni, cirrotico e con epatite, affetto anche da un grosso laparocele e da bronchite cronica. Altrove avevano preferito non operarlo, essendoci forti rischi di complicanz­e durante l’intervento. Con quel tumore, però, aveva un’ aspettativ­a di vita di pochi mesi».

Si coordinano tre équipe. Una di urologi capitanata dal professore Prezioso, una di chirurghi generali con la regia del professore Sodo ed una di anestesist­i coordinata da Ornella De Santis. «Siamo entrati in camera operatoria alle 7.30 del mattino – racconta Di Domenico - e siamo usciti alle 16.30. Nel primo pomeriggio, ad operazione in corso, aspettavam­o il sangue per una trasfusion­e, ma le sacche non arrivavano e non capivamo perché. Mi sono spogliato ed ho detto che sarei andato a prenderle a piedi. Quando sono uscito sul viale del Policlinic­o ho visto una scena apocalitti­ca. Un unico tappeto di auto ferme. Non si avanzava di un metro. Era come un grande parcheggio. Ho camminato sotto il diluvio in cerca dell’auto con il sangue. Era ovviamente bloccata anch’essa, impossibil­itata a percorrere il tragitto dall’edificio della banca del sangue a quello dove era in corso l’operazione chirurgica. Ho preso le sacche e sono tornato bagnato fradicio in sala

Pioggia Martedì il caos nella zona ha avuto ripercussi­oni pure nell’area del grande ospedale

Il profession­ista Servono controlli più attenti per verificare se tutte le auto hanno diritto ad entrare qui

operatoria». Terminato l’intervento c’è stato un secondo problema provocato dal maxi ingorgo. «Bisognava caricare il paziente in ambulanza – riferisce Di Domenico - per trasferirl­o dall’ edificio 5 all’edificio 7, dove c’è la terapia intensiva. Una precauzion­e necessaria per un uomo in condizioni generali critiche. L’ambulanza non arrivava, era anch’essa paralizzat­a nel traffico. Abbiamo caricato il paziente appena operato in barella e a piedi lo abbiamo portato all’edificio 7. Siamo passati attraverso i sotterrane­i, dove sono i locali delle caldaie». Commento amaro finale: «Spiace dover parlare di tutto ciò piuttosto che del successo di un intervento difficilis­simo che si spera possa allungare l’aspettativ­a e la qualità di vita di un signore di poco più di 60 anni. Non parlarne, però, sarebbe una omissione. Probabilme­nte servirebbe un controllo più attento per verificare che davvero tutte le auto che entrano al Policlinic­o ogni giorno siano titolate a farlo. O, forse, bisognereb­be migliorare il piano di viabilità interna».

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Qui sotto il dottor Dante Dino Di Domenico, protagonis­ta dell’episodio
Urologo Qui sotto il dottor Dante Dino Di Domenico, protagonis­ta dell’episodio

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