Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Due considerazioni sulle scelte del Csm
Il Csm, dopo le tormentate vicende dei mesi scorsi, nella seduta del 14 novembre ha proceduto alla prima nomina di rilievo, quella del Procuratore generale presso la Corte di cassazione. L’importanza della seduta è stata sottolineata dalla presenza del Capo dello Stato, che l’ha presieduta. Nel suo discorso introduttivo ha voluto ricordare ai magistrati che il Paese si aspetta che siano di esempio.
Essi, nel momento in cui sono chiamati a scegliere e, quindi, ad emettere un giudizio, devono essere corretti e imparziali e, quindi, devono valutare esclusivamente sulla base del merito. Chi se non loro? Il merito. Questa, tuttavia, è una parola che da noi ha il fascino delle cose perdute e che, per quanto riguarda le scelte all’interno della magistratura, ha la nostalgia delle cose introvabili.
Proviamo ad esaminare questa nomina. Dopo la scrematura operata all’interno della Commissione (dove candidati degnissimi erano stati esclusi soprattutto per la non sufficiente anzianità), erano in lizza tre magistrati: Matera, Riello e Salvi. Si tratta di tre eccellenti magistrati, tali che non è facile comprendere come dal loro profilo professionale si possa dare la prevalenza all’uno o all’altro. La scelta del plenum, ossia quella presa dalla metà dei consiglieri, è stata inevitabilmente fatta sulla base di considerazioni tutte controvertibili, come è possibile constatare leggendo le motivazioni espresse da chi ha fatto le proposte minoritarie.
Ed è sulle sottigliezze, spesso soltanto lessicali, che di regola si giocano i ricorsi dinanzi al giudice amministrativo proposti dai magistrati che si ritengono ingiustamente discriminati (mi auguro che non sia questo il caso); così che questo giudice finisce col giudicare, non avendo elementi per stabilire chi sia professionalmente più capace, in base alla aderenza delle motivazioni ai criteri e ai parametri (spesso discutibili) che lo stesso Csm si è inventati con i suoi regolamenti e con le sue circolari al fine di dare un’apparenza di oggettività a scelte che altrimenti sarebbero e apparirebbero del tutto discrezionali.
La verità – senza fare offese al dottor Salvi,
che, ripeto, è magistrato eccellente - è che sul suo nome si è formata la maggioranza (necessaria per evitare il ballottaggio) in base a valutazioni che poco hanno a che vedere con il merito. Di sicuro ha avuto il suo peso l’ideologia, essendo egli un magistrato che potremmo definire di sinistra, là dove i dottori Matera e Riello sono classificati tra i moderati. È probabilmente stato decisivo, soprattutto per la corrente di Davigo (che della proposta è stato relatore così che, per ironia della sorte, si è trovato a sostenere il candidato più “politico”, lui che ha sempre propugnato la necessità che il magistrato sia lontano dalla politica, ossia da un mondo verso il quale mostra sfiducia) e per i membri laici del M5S il fatto che Matera e Riello fossero stati proposti dai gruppi (eliminiamo, perché così piace, la parola “correnti”) coinvolti nelle sciagurate vicende del dottor Palamara. Il merito (che di sicuro Salvi possedeva al pari degli altri) non ha avuto alcun peso determinante, per la semplice ragione – come ripeto da tempo e come l’ipocrisia di regime mostra di non volere intendere - che i magistrati, avendo preferito di non avere selezioni basate sul merito, hanno reso impossibile che tale requisito rivesta un ruolo decisivo nelle nomine e nelle scelte. E ciò senza considerare che lo stesso concetto di merito va relativizzato, in quanto va rapportato a ciò che rende il magistrato più idoneo a svolgere le funzioni per le quali è nominato con un giudizio prognostico che investe più la personalità complessiva del candidato che la sua cultura o la sua sapienza giuridica.
Una conclusione. Vorrei consolare il dottor Riello, nostro Procuratore generale e della cui amicizia mi onoro. La scelta a maggioranza del Csm non significa che egli non fosse e non sia meritevole dell’alto incarico. È che la congiuntura non gli era favorevole, così come non sarà favorevole a quanti hanno militato e militano in gruppi (correnti) in via di liquefazione. Potrà rifarsi, se passerà la buriana (il che sembra difficile nell’attuale consiliatura), in altra occasione.