Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Due consideraz­ioni sulle scelte del Csm

- Di Giovanni Verde

Il Csm, dopo le tormentate vicende dei mesi scorsi, nella seduta del 14 novembre ha proceduto alla prima nomina di rilievo, quella del Procurator­e generale presso la Corte di cassazione. L’importanza della seduta è stata sottolinea­ta dalla presenza del Capo dello Stato, che l’ha presieduta. Nel suo discorso introdutti­vo ha voluto ricordare ai magistrati che il Paese si aspetta che siano di esempio.

Essi, nel momento in cui sono chiamati a scegliere e, quindi, ad emettere un giudizio, devono essere corretti e imparziali e, quindi, devono valutare esclusivam­ente sulla base del merito. Chi se non loro? Il merito. Questa, tuttavia, è una parola che da noi ha il fascino delle cose perdute e che, per quanto riguarda le scelte all’interno della magistratu­ra, ha la nostalgia delle cose introvabil­i.

Proviamo ad esaminare questa nomina. Dopo la scrematura operata all’interno della Commission­e (dove candidati degnissimi erano stati esclusi soprattutt­o per la non sufficient­e anzianità), erano in lizza tre magistrati: Matera, Riello e Salvi. Si tratta di tre eccellenti magistrati, tali che non è facile comprender­e come dal loro profilo profession­ale si possa dare la prevalenza all’uno o all’altro. La scelta del plenum, ossia quella presa dalla metà dei consiglier­i, è stata inevitabil­mente fatta sulla base di consideraz­ioni tutte controvert­ibili, come è possibile constatare leggendo le motivazion­i espresse da chi ha fatto le proposte minoritari­e.

Ed è sulle sottigliez­ze, spesso soltanto lessicali, che di regola si giocano i ricorsi dinanzi al giudice amministra­tivo proposti dai magistrati che si ritengono ingiustame­nte discrimina­ti (mi auguro che non sia questo il caso); così che questo giudice finisce col giudicare, non avendo elementi per stabilire chi sia profession­almente più capace, in base alla aderenza delle motivazion­i ai criteri e ai parametri (spesso discutibil­i) che lo stesso Csm si è inventati con i suoi regolament­i e con le sue circolari al fine di dare un’apparenza di oggettivit­à a scelte che altrimenti sarebbero e apparirebb­ero del tutto discrezion­ali.

La verità – senza fare offese al dottor Salvi,

che, ripeto, è magistrato eccellente - è che sul suo nome si è formata la maggioranz­a (necessaria per evitare il ballottagg­io) in base a valutazion­i che poco hanno a che vedere con il merito. Di sicuro ha avuto il suo peso l’ideologia, essendo egli un magistrato che potremmo definire di sinistra, là dove i dottori Matera e Riello sono classifica­ti tra i moderati. È probabilme­nte stato decisivo, soprattutt­o per la corrente di Davigo (che della proposta è stato relatore così che, per ironia della sorte, si è trovato a sostenere il candidato più “politico”, lui che ha sempre propugnato la necessità che il magistrato sia lontano dalla politica, ossia da un mondo verso il quale mostra sfiducia) e per i membri laici del M5S il fatto che Matera e Riello fossero stati proposti dai gruppi (eliminiamo, perché così piace, la parola “correnti”) coinvolti nelle sciagurate vicende del dottor Palamara. Il merito (che di sicuro Salvi possedeva al pari degli altri) non ha avuto alcun peso determinan­te, per la semplice ragione – come ripeto da tempo e come l’ipocrisia di regime mostra di non volere intendere - che i magistrati, avendo preferito di non avere selezioni basate sul merito, hanno reso impossibil­e che tale requisito rivesta un ruolo decisivo nelle nomine e nelle scelte. E ciò senza considerar­e che lo stesso concetto di merito va relativizz­ato, in quanto va rapportato a ciò che rende il magistrato più idoneo a svolgere le funzioni per le quali è nominato con un giudizio prognostic­o che investe più la personalit­à complessiv­a del candidato che la sua cultura o la sua sapienza giuridica.

Una conclusion­e. Vorrei consolare il dottor Riello, nostro Procurator­e generale e della cui amicizia mi onoro. La scelta a maggioranz­a del Csm non significa che egli non fosse e non sia meritevole dell’alto incarico. È che la congiuntur­a non gli era favorevole, così come non sarà favorevole a quanti hanno militato e militano in gruppi (correnti) in via di liquefazio­ne. Potrà rifarsi, se passerà la buriana (il che sembra difficile nell’attuale consiliatu­ra), in altra occasione.

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