Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Partito d’azione e nuova idea di democrazia
Èpossibile un partito d’azione? A partire dalla fine degli anni Cinquanta la storia politica del nostro Paese è stata costellata e attraversata anche dalla presenza di partiti minori. Tutti ricorderanno il Partito Repubblicano di La Malfa, il Partito Socialdemocratico di Saragat, il Partito Liberale di Malagodi, e, ancora, il Partito Sardo d’azione e , via via, tra gli altri il Psiup, il Pdup …In fondo la storia dei partiti minori costituisce non tanto una ricchezza semantica e linguistica, quanto piuttosto uno spazio dove sono possibili utili e intelligenti incursioni.
Da qualche tempo c’è stata una sorta di risveglio nella onomastica politica recente. Sono sorti partitini e movimenti che non corrispondono ad alcuna esigenza politica e culturale. Avviene sempre più frequentemente che alcuni politici, e non solo, si lascino sedurre da quella che potremmo chiamare «tentazione onomastica» vale a dire il tentativo di immaginare la nascita di nuovi possibili spazi senza un’adeguata preparazione e riflessione critica .
Alcune iniziative presentate e immaginate come scelte di possibile lunga durata, sono apparse fragili e immediatamente legate all’urgenza di una situazione in continuo declino. Molti sociologi della politica hanno pensato addirittura di usare nomi, anche in maniera estemporanea, per designare nuovi progetti da sperimentare.
È il caso di quanti hanno proposto, quasi come sorretti da una illuminazione damascena, dei percorsi guidati dalla filosofia dell’azione. Giova ricordare che c’è stato un momento nel pensiero politico europeo degli anni Venti e Trenta (soprattutto di area francese), arricchito dall’idea paradigmatica di azione intesa come agire, operare…
Azione dunque.
Questa idea ancorché suggestiva per certi versi è fondamentalmente debole, delinea uno spazio sfuggente che non si lascia catturare in nessuna categoria giuridica, politica, storica. Grandi figure del pensiero filosofico otto-novecentesco come Boutroux, Blondel, Bergson, per fare solo qualche nome, hanno dato un forte contributo all’idea di azione.
Azione, idea certamente nobile ma vuota e priva di contenuti. Non basta innamorarsi di un termine per immaginare che questo stesso termine generi politica, aggreghi, ispiri, produca progetti originali e idee nuove.
Forse, prima di inventare un nome andrebbe studiato con cautela, intelligenza e passione una reale e possibile ipotesi di rinnovamento sociale e istituzionale.
Oggi, come non mai, i sentieri della politica sono aperti. Alcuni pensano addirittura di essere statisti o politici di lunga durata, ma rivelano di essere solo espressione di una transumanza ideologica, della improvvisazione, del sentito dire.
Sarebbe auspicabile che i neo -catecumeni della filosofia dell’ «azione» ( non è chiaro se questo termine definisca un partito, un movimento, un seminario) si sforzassero di elaborare non tanto idee brillanti o lemmi consunti e logori quanto una politica delle alleanze, una idea moderna e plurale di democrazia.