Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il Pci e il muro, diario di Umberto Ranieri
Nel 1989 il giovane Umberto Ranieri è già un comunista con le stellette. È cresciuto a pane e partito, consigliere comunale a Napoli, segretario della federazione cittadina del Pci, dirigente nazionale. E nel 1989, leggendo le pagine del suo diario, lo troviamo che gira come una trottola il paese, in auto, in treno, percorre la Sicilia del principe di Salina, le ricche campagne del mantovano, le terre ispide di Carlo Levi.
Quando un territorio subisce una perdita demografica così intensa e l’impoverimento del capitale umano qualificato che emigra nelle aree sviluppate del Paese e verso l’estero, le opportunità di crescita sono pari allo zero.
Quello che sta accadendo però non è figlio di un destino cinico e baro, piuttosto di un inevitabile scenario: dove c’è maggior benessere e la crescita è equilibrata, non solo l’occupazione femminile è più alta, ma anche la natalità cresce. Al Sud invece la mancanza endemica di opportunità, pesa sulla formazione di nuovi nuclei familiari.
Diminuiscono le nascite perché cresce il peso delle difficoltà legate alla mancanza di lavoro, di lavoro stabile e di lavoro qualificato, in grado di generare un reddito adeguato alla realizzazione di progetti di vita. Il risultato di questo schema è che vanno via i meridionali più dinamici, quelli con competenze migliori e qualifiche più alte.
Ma quando vanno via «quelli bravi», il tessuto produttivo perde soprattutto quelli da cui ci si aspetta di più nel maggior apporto alla creazione di nuove aziende, di valore e di opportunità di lavoro, non solo per sé stessi, ma anche per il territorio.
Non si emigra da Sud solo per mancanza di opportunità, lo si fa anche perché la fiducia nelle istituzioni locali nella capacità di migliorare le cose è scarsa, perché gli stipendi sono bassi, perché il contesto professionale spesso è meno stimolante e meritocratico.
A pensarci bene, il Sud si sta desertificando perché le questioni meridionali sono ancora lì, fondamentalmente inevase, quali che siano i governi nazionali che si avvicendano nel tempo:
il carico burocratico, il credito, la tutela degli investimenti, le infrastrutture, la legalità sostanziale.
Cosa fare? Politiche immediate in grado di fermare la diaspora del capitale umano e di trasformare il territorio in un luogo attrattivo per le imprese che ci sono e per le innovazioni che nasceranno, per le startup e per chi qui vuole creare nuovo lavoro.
Un esempio virtuoso a Napoli ci sta, è l’ecosistema digitale che è nato attorno all Polo universitario della Federico II a San Giovanni a Teduccio. Perché, come ho imparato a Charlotte, «New South», nel mio recente viaggio negli Stati Uniti, le persone attraggono il lavoro e il lavoro attrae le persone.