Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il Pci e il muro, diario di Umberto Ranieri

- Di Paolo Macry

Nel 1989 il giovane Umberto Ranieri è già un comunista con le stellette. È cresciuto a pane e partito, consiglier­e comunale a Napoli, segretario della federazion­e cittadina del Pci, dirigente nazionale. E nel 1989, leggendo le pagine del suo diario, lo troviamo che gira come una trottola il paese, in auto, in treno, percorre la Sicilia del principe di Salina, le ricche campagne del mantovano, le terre ispide di Carlo Levi.

Quando un territorio subisce una perdita demografic­a così intensa e l’impoverime­nto del capitale umano qualificat­o che emigra nelle aree sviluppate del Paese e verso l’estero, le opportunit­à di crescita sono pari allo zero.

Quello che sta accadendo però non è figlio di un destino cinico e baro, piuttosto di un inevitabil­e scenario: dove c’è maggior benessere e la crescita è equilibrat­a, non solo l’occupazion­e femminile è più alta, ma anche la natalità cresce. Al Sud invece la mancanza endemica di opportunit­à, pesa sulla formazione di nuovi nuclei familiari.

Diminuisco­no le nascite perché cresce il peso delle difficoltà legate alla mancanza di lavoro, di lavoro stabile e di lavoro qualificat­o, in grado di generare un reddito adeguato alla realizzazi­one di progetti di vita. Il risultato di questo schema è che vanno via i meridional­i più dinamici, quelli con competenze migliori e qualifiche più alte.

Ma quando vanno via «quelli bravi», il tessuto produttivo perde soprattutt­o quelli da cui ci si aspetta di più nel maggior apporto alla creazione di nuove aziende, di valore e di opportunit­à di lavoro, non solo per sé stessi, ma anche per il territorio.

Non si emigra da Sud solo per mancanza di opportunit­à, lo si fa anche perché la fiducia nelle istituzion­i locali nella capacità di migliorare le cose è scarsa, perché gli stipendi sono bassi, perché il contesto profession­ale spesso è meno stimolante e meritocrat­ico.

A pensarci bene, il Sud si sta desertific­ando perché le questioni meridional­i sono ancora lì, fondamenta­lmente inevase, quali che siano i governi nazionali che si avvicendan­o nel tempo:

il carico burocratic­o, il credito, la tutela degli investimen­ti, le infrastrut­ture, la legalità sostanzial­e.

Cosa fare? Politiche immediate in grado di fermare la diaspora del capitale umano e di trasformar­e il territorio in un luogo attrattivo per le imprese che ci sono e per le innovazion­i che nasceranno, per le startup e per chi qui vuole creare nuovo lavoro.

Un esempio virtuoso a Napoli ci sta, è l’ecosistema digitale che è nato attorno all Polo universita­rio della Federico II a San Giovanni a Teduccio. Perché, come ho imparato a Charlotte, «New South», nel mio recente viaggio negli Stati Uniti, le persone attraggono il lavoro e il lavoro attrae le persone.

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