Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Marcello e Lia Rumma Così cambiò il corso dell’arte
Parte il progetto di ricerca dedicato all’uomo che in 3 anni cambiò il corso dell’arte Domani a Salerno, sabato al Madre e a marzo in Costiera
Cambiare il corso dell’arte contemporanea a 25 anni e in soli tre giorni. Un’impresa che riuscì nel 1968 a un giovane salernitano: Marcello Rumma.
Cambiare il corso dell’arte contemporanea a 25 anni e in soli tre giorni. Un’impresa che oggi sembrerebbe impossibile di fronte alla complessità dell’attuale sistema dell’arte, ma che invece riuscì nel 1968 a un giovane salernitano dalle molteplici passioni culturali, pieno di idee e di entusiasmo. Quel ragazzo si chiamava Marcello Rumma (morto prematuramente solo tre anni più tardi) e il detonatore di quella svolta furono gli arsenali e gli spazi esterni di Amalfi, dove dal 4 al 6 ottobre si concentrò l’azione di un gruppo di artisti guidati dal curatore Germano Celant che, fra oggetti e «comportamenti», decretò la nascita dell’«Arte povera». Con un impatto performativo, all’epoca dirompente: Richard Long stringeva le mani ai passanti, Paolo Icaro restaurava l’angolo di un palazzo, Anne Marie Boetti metteva sulle onde una zattera in polistirolo, Jan Dibbets provava a sistemare una linea bianca in mare, Pietro Lista seppelliva un neon acceso sotto la sabbia, Michelangelo Pistoletto suonava il fischietto con Ableo e Alighiero Boetti realizzava l’istallazione «Shaman-Showman», in cui l’artista torinese, accampato davanti all’ingresso, metteva insieme una trentina di gadget su una tela stesa a terra. Non potrebbe, quindi, che intitolarsi «Amalfi e oltre» il progetto di ricerca plurale dedicato all’attività di Rumma e di sua moglie Lia, poi divenuta una delle più importanti galleriste italiane, sostenuto dalla Regione Campania e dalla Scabec, sua articolazione per la promozione dei Beni culturali. Un progetto che si articola in tre luoghi e momenti – Salerno, Napoli e ovviamente Amalfi – sul piano convegnistico, su quello espositivo e su quello archivistico, con il programma Arca – ARchitettura della Conoscenza Campana, che riunirà in una sola piattaforma digitale il patrimonio culturale regionale.
«Il progetto – ha spiegato infatti il presidente della Regione, Vincenzo De Luca - fa parte di Campania Cultura, il primo ecosistema digitale realizzato in Italia, in cui trasferiremo archivi, biblioteche, teatro e musica, legati alla nostra regione. Le giovani generazioni potranno fruire così contemporaneamente di tutto questo patrimonio, aprendo strade inedite alla ricerca e alla creatività. D’altra parte abbiamo concluso gli Stati generali della cultura in Campania con tre parole d’ordine: valorizzare il passato, consolidare il presente con le iniziative culturali in campo, e reinventare il futuro».
Un programma che nell’occasione si incrocia con Madre Scienza 2.0 per gli Archivi del Contemporaneo. «Si tratta – ha aggiunto Laura Valente, presidente della Fondazione Donnaregina – della prima tappa della digitalizzazione dei nostri materiali, che apre il capitolo per gli archivi del contemporaneo. Fino all’anno scorso il Madre non aveva un archivio e dopo 15 anni di esistenza ci sarà un capitolo digitalizzato che sarà una scoperta di ciò che abbiamo o di cose che pensavamo di non avere, a conferma di una storia che viene continuamente ritrovata. Saremo quindi capofila anche di altri archivi di settore, nel segno di un museo che non deve essere solo luogo di esposizione, ma anche di convergenza dei pensieri».
Come conferma del resto anche Andrea Viliani, direttore del Madre, in procinto di trasferirsi nel Museo di Rivoli, nel suo Piemonte, con il quale però continueranno intensi rapporti di collaborazione. «Sono emozionata — ha aggiunto Lia Rumma — e grata a chi ha consentito questo sogno, che sarebbe piaciuto molto a Marcello, che come l’artista di Picasso non appartiene al passato, né al futuro ma a un eterno presente».
Tre i momenti della manifestazione, come detto, a partire dall’appuntamento di Salerno, nel Salone dei Marmi del Palazzo di città, fissato per domani alle 16 e venerdì alle 11, curato dalla professoressa Maria Giuseppina De Luca dell’Università salernitana. «Un convegno — ha spiegato quest’ultima — intitolato “Progettare la memoria”, che vuole dimostrare come le pratiche del digitale consentano di rendere viva ed efficace il ricordo di quel laboratorio di pensiero che, fra gli anni ’60 e ‘70, fu a Salerno il gruppo di giovani intellettuali (Filiberto Menna, Angelo Trimarco, Achille Bonito Oliva, Eduardo Sanguineti e Achille Mango) che si raccolse intorno a Marcello Rumma, al suo centro studi al Colautti e alle sue riviste: “Il Ponte”, “Rapporti” e “Nuove Angolazioni”».
Occasione nella quale, come confermato dal sindaco Vincenzo Napoli, verrà intitolata una piazza a Filiberto Menna nello spazio antistante il neonato museo di arte contemporanea e il relativo parco a Marcello Rumma. A Napoli, invece, nelle sale del Madre, sabato alle 17 sarà inaugurata la mostra «I sei anni di Marcello Rumma 1965-1970», a cura di Gabriele Guercio con Andrea Viliani, aperta fino al 13 aprile 2020, che si propone di ripensare criticamente gli effetti di quelle esperienze innovative del gruppo guidato da Marcello Rumma, mettendo in risalto la ricchezza progettuale della sua pur breve attività. Oltre a una selezione di opere della sua collezione, anche una serie di documenti, gran parte mai esposti, testimoni del suo rigoroso metodo di lavoro.
Infine, l’appuntamento ad Amalfi è per il 26 marzo, con l’inaugurazione agli Antichi Arsenali della Repubblica marinara dei progetti espositivi di protagonisti dell’arte attuale, il sudafricano William Kentridge con la mostra «More Sweetly Play The Dance», e l’egiziano Wael Shawky con «Cabaret Crusades», collegati idealmente alle tre Rassegne che Marcello Rumma promosse e organizzò in quegli stessi spazi: nel 1966 «Aspetti del “ritorno alle cose stesse”» a cura di Renato Barilli, nel 1967 «L’impatto percettivo» a cura di Alberto Boatto e Filiberto Menna, sulle ricerche della Pop e Op-art, e infine la più celebre, già citata, del ’68, «Arte Povera più Azioni Povere» che ospitò Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario e Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio.
” Gallerista Sono grata a chi ha consentito questo sogno che sarebbe piaciuto molto a mio marito “eterno presente”