Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Fiabe al Museo», costumi da favola
Al MeMus in mostra i vestiti di scena del San Carlo
Se un teatro è leggenda, la sua storia, i suoi eventi rientrano nella narrazione di una e di tante fiabe; se il luogo incantato è il Teatro San Carlo, la sua storia infinita racconta di un’interminabile sequenza di fiabe di cui protagonisti sono cantanti, ballerini, direttori d’orchestra, coreografi, registi e scenografi.
Ogni personaggio di una storia magica deve indossare un costume che gli dia identità e in un certo senso, ne prefiguri la funzione narrativa e in «Fiabe al Museo», la mostra curata da Giusi Giustino, direttrice della Sartoria del Massimo napoletano, allestita a MeMus, Museo e Archivio Storico del San Carlo di Memoria e Musica, aperta dal 4 gennaio, sono esposti costumi, bozzetti, figurini e oggetti di scena, che hanno dato forma visiva ai suoni e ai movimenti coreografici avvicendatisi sul palco del più antico teatro d’opera del mondo.
«Fiabe al Museo» si inerisce pianamente nella missione di MeMus, che ancor più che spazio museale, che pure è a pieno titolo, si presenta come centro polifunzionale e multimediale, votato alla realtà aumentata fin dalla sua inaugurazione nel 2011.
Si potranno scoprire i legami tra la magia e la musica, come in «La Cenerentola» di Rossini, in «Rusalka» di Dvorak e ancora in «Hänsel e Gretel» di Humperdinck, in «L’Enfant et les Sortilèges» di Ravel, in «L’Histoire de Babar» di Poulenc, in «Il carnevale degli animali» di SaintSaëns, e ancora in «Alice in Wonderland» e in due balletti romantici come «Lo schiaccianoci» (fra l’altro in scena al San Carlo fino al 5 gennaio) e «La bella addormentata» di Cajkovskij
e di nuovo in «Cenerentola» di Prokofiev e in «Sogno di una notte di mezza estate» di Mendelssohn.
La sezione «contemporanea» dedica spazio alle prime assolute degli anni recenti della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo con le musiche di Gaetano Panariello fare danzare favole senza tempo come «Peter Pan», «Biancaneve», «Pinocchio» fino al napoletano «Guarracino».