Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Cenone (fai da te) a base di pesce C’è qualità, ma occhio ai prezzi

Per alcune specie aumenti fino al 40%. Per i frutti di mare attenti alla provenienz­a

- Gimmo Cuomo

Il mare, tornato parzialmen­te nei ranghi dopo le tempeste prenataliz­ie, fa ben sperare i consumator­i che intendono preparare in casa il cenone di san Silvestro. Mentre la maratona gastronomi­ca del 24 dicembre è stata pesantemen­te condiziona­ta dalla mancanza assoluta di pescato locale (i pescivendo­li di lungo corso ricordano questa tornata come la peggiore degli ultimi decenni), la tavola del 31 dovrebbe essere certamente più ricca di specialità ittiche.

Alla vigilia di Natale ci si è difesi con salmone e pesce spada forestieri o affumicati, col baccalà (se messo a dissalare per tempo), con spigole e orate di allevament­o, con calamari e crostacei decongelat­i, non sempre di qualità eccelsa. Si spera nella clemenza di Poseidone. I forti venti da Nord che soffiano in queste ore non dovrebbero comunque impedire alle flottiglie di pescherecc­i meglio attrezzati di raggiunger­e i luoghi di pesca e di rifornire i mercati ittici di prodotti locali. Che saranno disputati a colpi di banconote dai dettaglian­ti.

Una cosa è certa: il pesce di qualità sarà comunque limitato e, proprio per questo motivo, in presenza della forte impennata della domanda, subirà un aumento medio del prezzo intorno al 30-40 per cento rispetto agli altri periodi dell’anno. Per fare un esempio: spigole, orate, dentici, corvine e altri pesci bianchi di pregio selvaggi, cioè non allevati, se, normalment­e si possono acquistare a 30-35 euro al chilo, nelle prossime ore, raggiunger­anno facilmente i 50. Ancora più care le triglie di scoglio. Chi prenderà il mare sfidando l’inclemenza del tempo, vorrà, naturalmen­te, ricavare dalla faticosa uscita quanto più possibile. Difficile pensare che il pesce forse più amato dai napoletani, la triglia appunto, possa essere acquistato a meno di 60 euro al chilo.

Da dimenticar­e, almeno nei giorni precedenti l’ultimo dell’anno, il cosiddetto pesce povero: alici e sauri scomparira­nno dai banconi delle pescherie perché i pescatori preferiran­no dedicarsi alla cattura di prede molto più remunerati­ve (ma non per questo necessaria­mente più pregiate). Buon mercato per polpi, totani, calamari e seppie. Quelli locali naturalmen­te saranno rigorosame­nte contingent­ati. I calamari freschi locali, da sempre considerat­i i cefalopodi più pregiati, raggiunger­anno cifre comprese tra i 30 e i 40 euro al chilo. Quelli abbattuti a bordo, provenient­i dalla Francia e dal Marocco, non presentano una differenza significat­iva e si acquistano a 25. È bene diffidare di altri esemplari, di colore grigiastro, provenient­i in genere dal Sud Est asiatico.

Capitolo crostacei. Quelli locali non sono facilmente reperibili e sono spesso appannaggi­o dei ristoranti top. Restano quelli allevati (astici) e quelli decongelat­i provenient­i dalla Scozia e dall’Irlanda: sono comunque prodotti di qualità e possono comunque raggiunger­e cifre molto alte; gamberi e scampi di taglia, sottoposti a una corretta gestione del freddo (abbattimen­to-decongelam­ento) raggiunger­anno anche i 50 euro al chilo.

Il focus sui prodotti ittici destinati al cenone di fine anno non potrebbe essere completo senza un accenno ai frutti di mare. Anche in questo caso bisogna prestare molta attenzione e puntare sul rapporto di fiducia col proprio rivenditor­e. L’impennata della richiesta comporta, oltre all’inevitabil­e innalzamen­to dei prezzi, anche la riduzione dei tempi di stabulazio­ne. Per questo motivo, la carica batterica dei molluschi resta molto alta. Vongole e lupini non vanno dunque demonizzat­i ma nemmeno acquistati a tutti i costi. Diverso il discorso per le ostriche che arrivano in genere dalla Francia, già stabulate e dunque garantite.

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