Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LE ACADEMY TRA FUTURO E PASSATO
Chissà se i politici, di destra e di sinistra, hanno avuto il tempo di dedicare un po’ d’attenzione ai servizi pubblicati dal Corriere del Mezzogiorno nei giorni scorsi sull’iniziativa dell’Università Federico II — nata da una lungimirante intuizione di Gaetano Manfredi, ora Ministro dell’Università — di dare spazio alle Academy internazionali per fare di Napoli «una sorta di incubatore di capitale umano e di competenze»: come dice Simona Brandolini intervistando Luca Bianchi, direttore di Svimez (Corriere del Mezzogiorno, 14 gennaio). Il quale, nel sottolineare l’importanza dell’apertura dell’Università alle imprese più innovative del mondo, segnala la singolarità dell’esistenza, a Napoli (ma il discorso si può allargare alla Campania e al Sud in generale), di quest’area di grande progresso in un contesto fortemente regressivo. In sostanza Luca Bianchi richiama le difficoltà e le contraddizioni che da tempo Napoli vive, senza riuscire a superarle, e che ostacolano l’incidenza di un’importante iniziativa di alta formazione sul tessuto sociale del territorio.
Suscita perplessità invece l’affermazione dell’imprenditore Antimo Caputo (intervistato da Paola Cacace sul nostro giornale il giorno dopo), secondo cui queste condizioni della città sarebbero la nostra forza perché, paradossalmente, le grandi imprese internazionali apprezzano Napoli proprio per le sue «contraddizioni» e per gli «estremi», che la «rendono una città vera» e «insegnano a guardare al mondo a 360°»: il che «è necessario per chi fa business». Un’idea purtroppo non nuova — e persino divertente per molti napoletani — da respingere «in toto», giacché ci ha fatto già abbastanza male. In una parola ciò che, secondo Caputo, soddisfa (forse) chi fa business a livello internazionale, certamente arreca disagi insopportabili a chi a Napoli vive e lavora.
Va condiviso piuttosto quanto dice Luca Bianchi: la causa principale (se non unica) delle cattive condizioni della città è l’inadeguatezza delle sue classi dirigenti, politiche e amministrative. Su questo concorda da tempo la migliore imprenditoria napoletana e meridionale, che continuamente lamenta le inadempienze di politici e amministratori al dovere di apprestare le infrastrutture materiali e immateriali necessarie a fare impresa al Sud e a creare lavoro di qualità.
Possibile che la classe dirigente
continui a non capire che il sostegno politico-amministrativo, la sburocratizzazione e le agevolazioni fiscali ai ceti produttivi sono l’unica strada per contenere l’emigrazione di giovani talenti e per dare al nostro territorio una reale prospettiva di sviluppo economico e di crescita civile?
Possibile che continui nella sua inerzia pur dicendo, a chiacchiere, di aver capito che la prima grave emergenza del Sud è l’emigrazione in massa dei giovani meridionali, non più solo dei «cervelli» ma anche delle «braccia»?
Ottima dunque l’iniziativa di accogliere le Academy e innescare il circolo virtuoso «università-impresa-formazione-lavoro» — specie nei progetti di digitalizzazione e in genere nell’innovazione tecnologica — a patto però che il territorio sappia approfittarne e se ne faccia, come suol dirsi, «contaminare», sull’esempio di grandi città come, per esempio, Parigi e Barcellona.
Il fatto è che da noi, all’alto livello culturale e formativo delle Accademie, fanno riscontro il basso livello di preparazione e di efficienza dell’amministrazione e l’insipienza della politica. Fattori insidiosi, che si riverberano sulla mentalità comune delle persone, abituate a vivere in un contesto anarchico, di scarsa professionalità e prive di senso del dovere. Le manifestazioni socio-antropologiche di questo quadro schizofrenico sono ogni giorno sotto i nostri occhi. Penso allo scontro tra i convogli della metropolitana collinare a Piscinola — che aggrava il già disastroso sistema del trasporto pubblico locale e blocca il traffico dell’intera città e dell’area metropolitana — o agli adolescenti impazziti, che si rincorrono sui motorini contromano in tangenziale, si ubriacano o si accoltellano tra loro, magari in attesa d’iscriversi all’accademia della camorra.
Penso ai cumuli d’immondizia a ogni angolo di strada, al degrado urbano e alla scoperta, nel casertano, addirittura di un lago di rifiuti (forse tossici). Penso all’illegalità diffusa e all’endemica carenza di forze dell’ordine per il controllo del territorio, lasciato alla mercé dei parcheggiatori abusivi. E l’elenco potrebbe continuare, col rischio di ripetere cose dette e ridette fino a diventare stucchevole. Eppure, nonostante l’incancrenirsi di questi mali quasi ancestrali — che dovrebbero togliere il sonno a chi ha una concezione alta della politica — l’attenzione dei partiti è concentrata sulle tattiche per far correre questo o quel candidato e posizionarsi alle prossime scadenze elettorali. Tattiche peraltro poco nobili, che si alimentano di litigi tra fazioni per approdare al nulla. Riusciranno i nostri eroi a farci uscire dal tunnel prospettandoci una vera strategia di crescita? In fondo basterebbe solo un po’ di serietà!