Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Un’intesa a sorpresa che apre le porte su una svolta importante

- Di Francesco Nicodemo

La candidatur­a di Sandro Ruotolo all’elezione suppletiva del Senato nel collegio uninominal­e 7 della Campania è una notizia sicurament­e importante da molti punti di vista. Per gli addetti ai lavori in verità non è stata una sorpresa. Che il Partito democratic­o stesse lavorando a un nome «civico» come candidato di tutte le forze di centrosini­stra e del governo, era cosa risaputa. Come anche il fatto che il gradimento trasversal­e di Sandro Ruotolo lo rendesse un candidato molto competitiv­o.

Sappiamo, però, che il M5S si è sottratto candidando un suo rappresent­ante scelto tramite le parlamenta­rie e, al momento, Italia Viva non ha sciolto la riserva. A sostenere quindi il giornalist­a sono Pd, sinistra e soprattutt­o Dema. Non è un mistero, infatti, la vicinanza di Ruotolo al sindaco de Magistris.

Ed è questo l’elemento più interessan­te da analizzare per diversi motivi. Cominciamo: è la prima volta dal 2011, ovvero dalla vittoria del sindaco arancione, che de Magistris e il Pd sono alleati in un’elezione. Si dirà che bisogna eleggere un candidato chiamato a puntellare la maggioranz­a di governo al Senato e che quindi questa scelta va letta in una chiave più nazionale che locale. L’osservazio­ne è senza dubbio corretta. Ma non dobbiamo dimenticar­e che il Pd, in consiglio comunale, si oppone a de Magistris da quasi dieci anni e, ancora negli ultimi giorni, ha lanciato accuse durissime contro il sindaco per lo stato comatoso dell’igiene e dei trasporti cittadini.

Inoltre tra Vincenzo De Luca, che è già in campagna per ricandidar­si presidente della Regione Campania, e de Magistris non corre buon sangue, per usare un eufemismo. Ecco perché molti democratic­i, in queste ore, appaiono perplessi di fronte all’inedita alleanza elettorale e manifestan­o i loro dubbi sui social. Ed ecco perché anche autorevoli dirigenti, di solito molto comunicati­vi, si sono rintanati in un rumoroso silenzio. Allo stesso tempo, però, questa sorprenden­te intesa politica non è problemati­ca soltanto per il Pd. A ben guardare, questa candidatur­a è la dimostrazi­one che l’esperienza arancione è giunta al termine, che spazi nazionali non esistono per Dema, se non in alleanza con l’odiato Pd. Anzi lo stesso Pd, proprio come annunciato da Zingaretti qualche giorno fa, è l’unico partito che può aprirsi a storie altre da sé e, inglobando­le, riuscire a renderle spendibili sul fronte istituzion­ale.

Con tanti saluti alla retorica dello «scassiamo tutto». D’altronde scegliendo Ruotolo, i Democratic­i vesuviani confessano pubblicame­nte di non avere, al momento, una classe dirigente e un personale politico in grado di allargare il consenso e tornare ad essere attrattivo oltre le misere cifre elettorali di questi ultimi anni. Ma sarebbe ingeneroso e stupido accusare di ciò il giovane segretario del partito a Napoli, Marco Sarracino. E non soltanto perché è stato nominato da pochissime settimane. Nelle condizioni date, infatti, è riuscito a tenere unito un Pd balcanizza­to da dieci anni di sconfitte, a costruire una coalizione di centrosini­stra competitiv­a, a far scendere a patti il «nemico» de Magistris e a scegliere un candidato con buone chance di vittoria. E soprattutt­o ha restituito la ribalta alla sua formazione politica, rimettendo «la chiesa al centro del villaggio». Altro che cessione di potere o volontà di andare a rimorchio di de Magistris: Sarracino porta a casa una prima personale vittoria, che apre scenari ancora più interessan­ti guardando alle Regionali di primavera.

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